RECENSIONI
Giacomo Sartori
Cielo nero
Gaffi editore, Pag. 214 Euro 16,00
Curioso che nessuno ci abbia pensato prima (a parte una pièce teatrale di Siciliano): cioè la riproposizione 'romanzata' della drammatica vicenda di Ciano. (Per i più: Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri del governo fascista, partecipò alla famosa riunione del 25 luglio del 1943 e votò a favore della defenestrazione di Mussolini. In seguito ad alterne vicissitudini fu catturato, messo in prigione e fucilato a Verona l'11 gennaio del 1944 nonostante fosse il genero del Duce , perché aveva sposato Edda, la figlia).
Giacomo Sartori ha avuto una nobile idea, quella di rappresentare gli ultimi giorni dell'uomo senza muri ideologici o steccati predefiniti. Ha solo raccontato una tragedia 'greca' utilizzando l'arma, crediamo, a lui più congeniale: quella della letteratura.
E la sua narrativa ha un bell'incedere, densa di sfumature psicologiche e di 'appigli' alla storia, quella vera, senza che venga meno un impianto di fondo, quello cioè di rendere plausibile una vicenda che ha dell'incredibile, atto ultimo di un paese allo sbando e della fine di un regime.
A questo s'aggiunga l'altra sostanza del libro, che non è il confronto a distanza tra Ciano e Mussolini, peraltro sfumato, ma la passione ardente di Felicitas, la giovanissima spia mandata dai nazisti nel tentativo di capire informazioni, per l'uomo politico imprigionato nel carcere degli Scalzi.
Affascina in Sartori l'equidistanza, soprattutto nel tratteggio dei personaggi. Che non è, come si potrebbe pensare, malcostume, ma virtù: cioè una buona conoscenza delle cose ed una posizione 'civile' che non impedisce di offrire ai personaggi una scappatoia che non sia unicamente una condanna unanime e la deplorazione dei più. Ciano, per esempio, lo presenta allo stesso modo narciso e vanitoso, inutile chincaglieria di regime, ma al contempo una sorta di contraltare alle stupidaggini 'folkloristiche' di Mussolini: "Ogni fottuto pomeriggio una donnaccia differente, altro che importantissimi problemi di stato" continua lui, agitando su e giù il pugno. "Sul pavimento della sala del mappamondo e senza cavarsi gli stivali, da autentico signorotto medievale".
A dire il vero in qualche passo il Sartori, in questa versione politically correct, ma crediamo noi, necessaria della Storia, aggiusta troppo il tiro, come nella descrizione del padre di Felicitas (Vede il suo rifiuto di dire "festa del solstizio d'inverno" invece di Natale, la rabbia contro i tribunali speciali, l'accanimento con il quale difendeva gli ebrei), ma il tutto ci sembra doveroso perché si rappresenti fino in fondo una tragedia, come si diceva prima, dagli aspetti incredibili.
E' un libro questo scritto con sapiente accortezza: anche linguisticamente è oculato, nel senso che sfoggia un'eleganza non invadente e si lascia leggere con una levità che avrebbe fatto piacere a Calvino. Nel marasma della nostra letteratura, sempre più spesso affogata nella merceologia contemporanea, un lumicino davvero in fondo al tunnel.
E meno male!
di Alfredo Ronci
Giacomo Sartori ha avuto una nobile idea, quella di rappresentare gli ultimi giorni dell'uomo senza muri ideologici o steccati predefiniti. Ha solo raccontato una tragedia 'greca' utilizzando l'arma, crediamo, a lui più congeniale: quella della letteratura.
E la sua narrativa ha un bell'incedere, densa di sfumature psicologiche e di 'appigli' alla storia, quella vera, senza che venga meno un impianto di fondo, quello cioè di rendere plausibile una vicenda che ha dell'incredibile, atto ultimo di un paese allo sbando e della fine di un regime.
A questo s'aggiunga l'altra sostanza del libro, che non è il confronto a distanza tra Ciano e Mussolini, peraltro sfumato, ma la passione ardente di Felicitas, la giovanissima spia mandata dai nazisti nel tentativo di capire informazioni, per l'uomo politico imprigionato nel carcere degli Scalzi.
Affascina in Sartori l'equidistanza, soprattutto nel tratteggio dei personaggi. Che non è, come si potrebbe pensare, malcostume, ma virtù: cioè una buona conoscenza delle cose ed una posizione 'civile' che non impedisce di offrire ai personaggi una scappatoia che non sia unicamente una condanna unanime e la deplorazione dei più. Ciano, per esempio, lo presenta allo stesso modo narciso e vanitoso, inutile chincaglieria di regime, ma al contempo una sorta di contraltare alle stupidaggini 'folkloristiche' di Mussolini: "Ogni fottuto pomeriggio una donnaccia differente, altro che importantissimi problemi di stato" continua lui, agitando su e giù il pugno. "Sul pavimento della sala del mappamondo e senza cavarsi gli stivali, da autentico signorotto medievale".
A dire il vero in qualche passo il Sartori, in questa versione politically correct, ma crediamo noi, necessaria della Storia, aggiusta troppo il tiro, come nella descrizione del padre di Felicitas (Vede il suo rifiuto di dire "festa del solstizio d'inverno" invece di Natale, la rabbia contro i tribunali speciali, l'accanimento con il quale difendeva gli ebrei), ma il tutto ci sembra doveroso perché si rappresenti fino in fondo una tragedia, come si diceva prima, dagli aspetti incredibili.
E' un libro questo scritto con sapiente accortezza: anche linguisticamente è oculato, nel senso che sfoggia un'eleganza non invadente e si lascia leggere con una levità che avrebbe fatto piacere a Calvino. Nel marasma della nostra letteratura, sempre più spesso affogata nella merceologia contemporanea, un lumicino davvero in fondo al tunnel.
E meno male!
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