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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Ursula K. LeGuin

Città delle illusioni

Gargoyle, Pag. 204 Euro 12,90
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Da un po' di tempo la Gargoyle ha allargato il ventaglio dei suoi generi, includendo la fantascienza e scegliendo all'uopo autori di tutto rispetto. Questo classico, riproposto dopo tanti anni (le precedenti edizioni italiane sono di Longanesi, 1975 e di Mondadori, Classici Urania, 1986) è forse un'opera minore rispetto ai più prestigiosi vincitori di premi Hugo e Nebula, ma resiste bene al tempo e contiene gli elementi caratteristici che hanno determinato il successo della Le Guin. Primo fra tutti la facoltà di creare mondi e di viverci dentro. Così storie, tradizioni e linguaggi alieni acquistano lo spessore della realtà, tanto più se sono supportati da un ciclo, in questo caso il ciclo dell'Ecumene, che ne amplifica la portata.

Ho detto che il romanzo regge al tempo, ma in realtà la faccenda è più complessa. E' ovvio che gli effetti speciali, se così vogliamo chiamarli, sono stati abbondantemente superati dal proliferare delle invenzioni della fantasia e dai progressi stessi della scienza e della tecnica, per cui la storia risulta alquanto sfrondata dal senso del futuristico e del meraviglioso, però questo fa sì che risalti piuttosto in primo piano ciò che in effetti regge al tempo: l'articolarsi dei quesiti che il mutare delle situazioni fino a condizioni estreme pone all'essere umano in una progressione sempre più complessa. D'altra parte, non è proprio questa, squisitamente, la funzione della fantascienza?

Qui l'ambiente è una Terra post catastrofica, dove la catastrofe è soprattutto culturale e identitaria, perché l'umanità ha perduto in gran parte i suoi saperi, e la frammentazione della società in gruppi isolati, diffidenti e ostili, rende impossibile la ricostruzione di quella cultura globale interplanetaria che aveva rappresentato un punto di riferimento condiviso. Se ciò sia dovuto all'aggressione di un Nemico, o se il Nemico sia soltanto immaginario, è uno dei grandi temi del romanzo. Che riporta all'altro tema, quello della menzogna. Se sia possibile, per chi possiede determinazione e onestà di intenti, arrivare alla verità là dove la realtà sia stata così abilmente manipolata da creare una specie di trappola senza uscita.

"Io sono uno Shing. Tutti gli Shing sono bugiardi. Quindi sono uno Shing che ti mente, nel qual caso naturalmente non sono uno Shing, ma un non-Shing che ti inganna ugualmente? Oppure è falso che tutti gli Shing mentono? (...)"

E non basta. L'altra posta in gioco è il dilemma, che si pone al protagonista, della scelta fra due diverse personalità: ognuna dotata di una propria memoria che, scegliendo l'altra, andrebbe perduta. Qui alla fine si dibatte il nocciolo vero della storia. Anche se per arrivare a questo punto il protagonista deve prima attraversare una landa infestata da animali parlanti ed esseri umani imbarbariti, affrontando una serie di prove come ogni eroe che risponde a una "chiamata", alla ricerca della propria identità. Così lo apostrofa un principe folle e megalomane, che in lui riconosce i segni del destino:

"E' il gioco che stai facendo tu, Opale, che tu lo sappia leggere o no. Bene, molto bene. Questa notte i miei cani ringhiavano all'indirizzo di un mendicante, ed egli si è, poi, rivelato essere un principe di luce stellare. (...) Tu vieni da molto, moltissimo tempo fa. Sono vecchio io,ma tu lo sei ancora più di me; saresti dovuto morire un secolo fa. Ti ricorderai di qui a un secolo dell'incontro con un re del deserto? (...)"

Epico e magico.



di Giovanna Repetto


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