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RECENSIONI

Joel McIver

Cliff Burton.To live is to die. Vita e morte del bassista dei Metallica

Tsunami Edizioni, Pag. 221 Euro 20,00
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I Metallica si sono ritrovati dall'inizio della loro carriera a fare i conti con il destino. Scritto nell'incontro tra Ulrich e Hetfield in quell'ottobre del 1991, sottoscritto con il primo album "ufficiale" Kill 'em all e siglato con il recente Death Magnetic. Un destino che li ha incoraggiati, fatti volare alto e poi li ha duramente colpiti per due volte, in due modi totalmente diversi, ma sempre nel regno delle quattro corde. Ed ecco gli interrogativi.

Ma come sarebbe stato il destino della thrash band californiana se ci fosse ancora Cliff Burton? Come sarebbero ora? Sarebbero?

In questa splendida biografia di Joel McIver, con la prefazione di Kirk Hammet, sono queste le domande che sembrano accompagnare il lettore, almeno all'inizio. Si sente la curva della storia che si raddrizza in una nuova direzione e ci si sente "persi", come davanti ad un'eventualità che non si è mai voluta prendere davvero in considerazione, ma poi, andando avanti con la lettura, si passa al ricordo e subito dopo all'incontro.

Cliff Burton è lì accanto, davanti alla nostra sedia con il suo sorriso, i capelli lunghi e lo sguardo divertito. Un ragazzo come tanti che si trova a vivere il palco suggestionabile e suggestivo della sua musica, di quella immaginata e suonata insieme agli altri compagni è lì, occhi fissi nei nostri con la sigaretta a penzoloni tra le labbra.

Si smette di leggere allora. Si ascolta, la sua voce che è insieme la voce di tutti quelli che l'hanno conosciuto, che hanno avuto modo di incontrare da vicino la sua incontenibile sperimentazione, quel genio docile che animava il suo basso.

Cliff concentrato sul presente, come disse in un'intervista E' un discorso che riguarda il futuro e in questo momento non ci interessa. Siamo concentrati su quello che dobbiamo fare adesso, un presente che si congela il 27 settembre del 1986, dopo un concerto a Stoccolma in un tour bus.

La sua voce resta ferma dal principio all'incidente al dopo: ci racconta di come era ridicolo e molesto quando ha avuto un pasto a base di hascish, delle improvvisazioni con la chitarra sulle prove di Kirk Hammett, di come l'amore per Lovecraft gli avesse dato uno squarcio ispirante, tira indietro la testa ride e snuda le impressioni sulla fama, sui palchi, riavvia i capelli e arriva a quel 27 settembre.

Si ferma a riflettere e parla dei suoi amici, della band, dei Metallica e li vede muovere di nuovo la macchina mangia palchi con Jason Newsted, gli parla mentre perdono il nuovo bassista dopo 14 anni, durante St.Anger. Cliff Burton è sempre lì. E si capisce chiudendo il libro che quel 'lì' è il cuore pulsante dei Metallica, del loro essere ciò che sono e che le domande su cosa sarebbero oggi non hanno senso, perché il nome di Burton riporta tutto ad uno stadio azzerato e primordiale della vita dei Four Horsemen, dove non ci sono domande di nessun genere e la musica è la perfetta miscela chiamata thrash metal, una miscela che si auto sublima divenendo un suono unico e irripetibile.

To live is to die è incredibilmente vivido e completo, un aggregante per vecchie e nuove generazioni di fan, per chi il metal non lo conosce o chi vorrebbe iniziarsi a Lui.

Adesso Cliff si alza e se ne va verso la porta, alza la mano per salutare in un gesto quasi distratto ed esce. Ha fatto quello per cui ha vissuto: raccontare una storia. Una grande storia.



di Alex Pietrogiacomi


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