RECENSIONI
Francesco Randazzo
Con l'insistenza di un richiamo
Lupo editore, Pag. 109 Euro 10,00
Cerchiamo di ragionare. Cosa dice l'autore sulla quarta di copertina? Cosa pretendevate? Che scrivessi di cuori mocciolosi nel tempo degli orrori?
Ora la domanda che si pone è: ma cuori mocciolosi è un riferimento a Moccia o al moccio, inteso anche come prodotto dell'anima e della malinconia, perché no, che come i nasi dei bambini degli anni sessanta e in parte settanta, era manufatto consistente e limaccioso?
Propendiamo per la prima ipotesi, perché a pag. 31, nel racconto che dà il titolo alla raccolta, si legge: Passando sul ponte vide un groviglio di lucchetti attaccati ad una catena arrotolata su un pilastrino: ci sputò sopra e proseguì.
Dunque non ci vuole il mago Otelma per capire Randazzo da che parte sta. Ma in ogni caso, pur apprezzando le sue 'distanze' non possiamo non notare una certa schizofrenia di fondo: una prima parte dell'antologia che sembra un manuale dell'horror e dello splatter, persino con materia scatologica proprio all'inizio (Una vita di merda), ed una seconda dove l'autore ci sembra voglia aggiustare il tiro e comportarsi più 'decentemente'.
Sono un fan di Dexter, uno dei serial tv americani più interessanti e stimolanti degli ultimi anni. Protagonista delle vicende è un poliziotto del distretto di Miami che è esperto nella 'disposizione delle macchie di sangue sui luoghi dei delitti' ma che, sorta di novello Dottor Jeckill e Mister Hyde, non sopporta i 'soprusi' dei serial-killer e quando riesce a pizzicarli in fragranza di reato, per pulire la società, a sua volta diventa serial-killer e li elimina dalla faccia della terra.
Ecco, se proprio vogliamo, Dexter sarebbe terreno fertile per capire Con l'insistenza di un richiamo (almeno la prima parte) anche se, lo confesso, nel poliziotto di Miami scorgo almeno uno sprazzo di coerenza e lucida follia nell'agire, del tutto assente nei protagonisti dei racconti di Randazzo.
Della serie: ma ci devono essere delle motivazioni logiche per uccidere, oppure, con la storia che il mondo è marcio, non conviene fare gli splendidi e di conseguenza tutto è lecito?
Farei rispondere ad uno dei personaggi del libro: Non sono schizofrenico, né ho dissociazioni da personalità multiple, non ho deliri religiosi di nessun tipo e nemmeno deliri d'onnipotenza, men che meno volontà autodistruttive o desiderio di pubblicità mediatica. Assolutamente niente di tutto ciò. Nel mio campo io mi reputo, molto semplicemente, uno studioso, un ricercatore, direi quasi uno scienziato. Il mio campo specifico non è, come si sarebbe erroneamente (oh Randazzo, ma quanti avverbi di modo usi nello stesso periodo!) portati a pensare, l'omicidio, bensì l'esistenza, per essere più esatti, l'incidenza delle singole esistenze nel tessuto storico e sociale. E la dimostrazione dell'assoluta aleatorietà ed insignificanza della vita del singolo, rispetto alla società in cui vive (pag.65-66).
Bella mossa: così la risposta può avere anche un senso, ma uno così dove troverebbe il tempo per far fuori tutte quelle persone che sono inutili e ancor di più quelle che pensano di essere utili e invece fanno danni? Personalmente preferisco il Randazzo meno splatter, quello che si estrinseca con una certa efficacia negli ultimi due racconti (Piatti rotti, Other life). La drammatica esistenza dei protagonisti è sì evidente e lacerante, ma il non ricorso all'effettaccio sanguinolento piuttosto che sottrarle efficacia le restituisce una parvenza di realtà. Il resto mi sembra un'inutile provocazione, al di là dei mocci, dei mocciolosi e di Moccia.
di Alfredo Ronci
Ora la domanda che si pone è: ma cuori mocciolosi è un riferimento a Moccia o al moccio, inteso anche come prodotto dell'anima e della malinconia, perché no, che come i nasi dei bambini degli anni sessanta e in parte settanta, era manufatto consistente e limaccioso?
Propendiamo per la prima ipotesi, perché a pag. 31, nel racconto che dà il titolo alla raccolta, si legge: Passando sul ponte vide un groviglio di lucchetti attaccati ad una catena arrotolata su un pilastrino: ci sputò sopra e proseguì.
Dunque non ci vuole il mago Otelma per capire Randazzo da che parte sta. Ma in ogni caso, pur apprezzando le sue 'distanze' non possiamo non notare una certa schizofrenia di fondo: una prima parte dell'antologia che sembra un manuale dell'horror e dello splatter, persino con materia scatologica proprio all'inizio (Una vita di merda), ed una seconda dove l'autore ci sembra voglia aggiustare il tiro e comportarsi più 'decentemente'.
Sono un fan di Dexter, uno dei serial tv americani più interessanti e stimolanti degli ultimi anni. Protagonista delle vicende è un poliziotto del distretto di Miami che è esperto nella 'disposizione delle macchie di sangue sui luoghi dei delitti' ma che, sorta di novello Dottor Jeckill e Mister Hyde, non sopporta i 'soprusi' dei serial-killer e quando riesce a pizzicarli in fragranza di reato, per pulire la società, a sua volta diventa serial-killer e li elimina dalla faccia della terra.
Ecco, se proprio vogliamo, Dexter sarebbe terreno fertile per capire Con l'insistenza di un richiamo (almeno la prima parte) anche se, lo confesso, nel poliziotto di Miami scorgo almeno uno sprazzo di coerenza e lucida follia nell'agire, del tutto assente nei protagonisti dei racconti di Randazzo.
Della serie: ma ci devono essere delle motivazioni logiche per uccidere, oppure, con la storia che il mondo è marcio, non conviene fare gli splendidi e di conseguenza tutto è lecito?
Farei rispondere ad uno dei personaggi del libro: Non sono schizofrenico, né ho dissociazioni da personalità multiple, non ho deliri religiosi di nessun tipo e nemmeno deliri d'onnipotenza, men che meno volontà autodistruttive o desiderio di pubblicità mediatica. Assolutamente niente di tutto ciò. Nel mio campo io mi reputo, molto semplicemente, uno studioso, un ricercatore, direi quasi uno scienziato. Il mio campo specifico non è, come si sarebbe erroneamente (oh Randazzo, ma quanti avverbi di modo usi nello stesso periodo!) portati a pensare, l'omicidio, bensì l'esistenza, per essere più esatti, l'incidenza delle singole esistenze nel tessuto storico e sociale. E la dimostrazione dell'assoluta aleatorietà ed insignificanza della vita del singolo, rispetto alla società in cui vive (pag.65-66).
Bella mossa: così la risposta può avere anche un senso, ma uno così dove troverebbe il tempo per far fuori tutte quelle persone che sono inutili e ancor di più quelle che pensano di essere utili e invece fanno danni? Personalmente preferisco il Randazzo meno splatter, quello che si estrinseca con una certa efficacia negli ultimi due racconti (Piatti rotti, Other life). La drammatica esistenza dei protagonisti è sì evidente e lacerante, ma il non ricorso all'effettaccio sanguinolento piuttosto che sottrarle efficacia le restituisce una parvenza di realtà. Il resto mi sembra un'inutile provocazione, al di là dei mocci, dei mocciolosi e di Moccia.
di Alfredo Ronci
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