RECENSIONI
Ivan Baio, Angelo O. Meloni
Cosa vuoi fare da grande
Del Vecchio Editore, Pag. 184 Euro 12,00
Ben si presta la scuola ad essere assunta a campionario di varia umanità, a specchio di un tessuto sociale. Questa funzione tocca qui alla scuola elementare Attilio Regolo, in cui con grande solennità deve essere data la prima dimostrazione italiana dello strabiliante futurometro, macchina capace di individuare le potenzialità nascoste in ogni alunno, fin quasi a predirgli il futuro. Da queste premesse si diparte una narrazione demenziale, ma spietatamente realistica nella sua analisi, dei fatti e misfatti che in attesa dell’evento coinvolgono insegnanti, genitori e uomini politici, oltre agli sventurati alunni. E in parallelo la storia dell’invenzione della macchina ad opera di Volkan, uno sfigato studente di ingegneria di origine turca, approdato non si sa come in una prestigiosa università americana. Esilarante è la sequenza in cui Volkan, deciso a riscattare i pessimi voti con la rivelazione del suo talento inventivo, avanza verso la cattedra brandendo il prototipo del futurometro, con l’unico risultato di essere scambiato per un kamikaze.
Il giovane avanzava circospetto, un passo dopo l’altro, ripromettendosi che per prima cosa avrebbe perfezionato l’imbracatura. Il futurometro pesava una quarantina di chili e se lo era allacciato al tronco con legacci ed elastici tesi dietro le spalle e fin sulle cosce, che lo costringevano a un’andatura dondolante.
L’aula non respirava. (…)
Tra i bottoni e le levette di cui disponeva Volkan, sir Antony temeva in particolare quello rosso, il più grande. Lo temeva a tal punto che evitava in tutti i modi di guardarlo (…) Gli studenti, pur sapendo che quello sarebbe potuto essere uno degli ultimi istanti della loro vita, contemplavano con soddisfazione le grasse perle di sudore che scivolavano fino al mento del prof e piovevano sulla cattedra.
Tornando all’Attilio Regolo, gli Autori non lesinano esempi nel dimostrare quanto le ambizioni, le invidie e le meschinità d’ogni genere siano presenti nella scuola più dei programmi ministeriali. E non parliamo tanto dei ragazzini da educare, quanto dei loro presunti educatori, che forniscono ai piccoli i più fulgidi esempi di quello che non si dovrebbe (ma si dovrà) fare da grandi.
Tanto per dirne una, l’addobbo della palestra che ospiterà la presentazione del futurometro, con presenza dell’inventore e di insigni autorità, scatena subito la competizione fra le mamme incaricate di confezionare i festoni decorativi. Oltre alle critiche e maldicenze, si applicano autentiche azioni di guerriglia, eseguite da monelli opportunamente indottrinati. Come gli inesorabili gemelli Smargotti.
La palestra era un ribollire di mamme frignanti e di bambini in estasi, un campo di battaglia. Luca e Grammazio Smargotti, stregati, si godevano lo spettacolo ed esibivano lo sguardo da simpatica canaglia che avevano imparato a furia di vedere le repliche estive dei film francesi sulla mala. (…)
Mamma Smargotti rifletteva sugli ultimi concitati momenti e in fondo in fondo gongolava, gli occhi lucidi e i capezzoli eretti. (…) La disintegrazione del festone di Anastasia Punzoloni era la sua medaglia al valore; l’avrebbe risarcita di qualsiasi pena e le avrebbe tenuto compagnia durante l’autunno della vecchiaia.
Potenza e limite di questo libro è la chiave satirica, anzi goliardica, che impregna ogni pagina. Abbondano le felici invenzioni che strappano la risata al lettore quando meno se l’aspetta. Tuttavia il livello è discontinuo. La scelta dei nomi, ad esempio, offre un campionario in cui le trovate acutamente demenziali si mescolano a elementi più fiacchi. E gli spunti esilaranti talvolta non esplicano il loro intero potenziale.
L’andamento epico grottesco, da cui ci aspetterebbe un crescendo continuo verso un finale pirotecnico, assume in realtà un andamento sinusoidale, fra scoppi e ripiegamenti. Questi ultimi servono, sì, a ricostruire i frammenti delle singole storie personali attraverso flashback e siparietti, ma qualche volta smorzano il ritmo. Si tratta comunque di una divertentissima lettura.
di Giovanna Repetto
Il giovane avanzava circospetto, un passo dopo l’altro, ripromettendosi che per prima cosa avrebbe perfezionato l’imbracatura. Il futurometro pesava una quarantina di chili e se lo era allacciato al tronco con legacci ed elastici tesi dietro le spalle e fin sulle cosce, che lo costringevano a un’andatura dondolante.
L’aula non respirava. (…)
Tra i bottoni e le levette di cui disponeva Volkan, sir Antony temeva in particolare quello rosso, il più grande. Lo temeva a tal punto che evitava in tutti i modi di guardarlo (…) Gli studenti, pur sapendo che quello sarebbe potuto essere uno degli ultimi istanti della loro vita, contemplavano con soddisfazione le grasse perle di sudore che scivolavano fino al mento del prof e piovevano sulla cattedra.
Tornando all’Attilio Regolo, gli Autori non lesinano esempi nel dimostrare quanto le ambizioni, le invidie e le meschinità d’ogni genere siano presenti nella scuola più dei programmi ministeriali. E non parliamo tanto dei ragazzini da educare, quanto dei loro presunti educatori, che forniscono ai piccoli i più fulgidi esempi di quello che non si dovrebbe (ma si dovrà) fare da grandi.
Tanto per dirne una, l’addobbo della palestra che ospiterà la presentazione del futurometro, con presenza dell’inventore e di insigni autorità, scatena subito la competizione fra le mamme incaricate di confezionare i festoni decorativi. Oltre alle critiche e maldicenze, si applicano autentiche azioni di guerriglia, eseguite da monelli opportunamente indottrinati. Come gli inesorabili gemelli Smargotti.
La palestra era un ribollire di mamme frignanti e di bambini in estasi, un campo di battaglia. Luca e Grammazio Smargotti, stregati, si godevano lo spettacolo ed esibivano lo sguardo da simpatica canaglia che avevano imparato a furia di vedere le repliche estive dei film francesi sulla mala. (…)
Mamma Smargotti rifletteva sugli ultimi concitati momenti e in fondo in fondo gongolava, gli occhi lucidi e i capezzoli eretti. (…) La disintegrazione del festone di Anastasia Punzoloni era la sua medaglia al valore; l’avrebbe risarcita di qualsiasi pena e le avrebbe tenuto compagnia durante l’autunno della vecchiaia.
Potenza e limite di questo libro è la chiave satirica, anzi goliardica, che impregna ogni pagina. Abbondano le felici invenzioni che strappano la risata al lettore quando meno se l’aspetta. Tuttavia il livello è discontinuo. La scelta dei nomi, ad esempio, offre un campionario in cui le trovate acutamente demenziali si mescolano a elementi più fiacchi. E gli spunti esilaranti talvolta non esplicano il loro intero potenziale.
L’andamento epico grottesco, da cui ci aspetterebbe un crescendo continuo verso un finale pirotecnico, assume in realtà un andamento sinusoidale, fra scoppi e ripiegamenti. Questi ultimi servono, sì, a ricostruire i frammenti delle singole storie personali attraverso flashback e siparietti, ma qualche volta smorzano il ritmo. Si tratta comunque di una divertentissima lettura.
di Giovanna Repetto
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