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RECENSIONI

Roberto Mariani

Cuentos de la oficina

Le nubi, Pag. 154 Euro 13,00
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Roberto Mariani è la conferma del perché non abbia mai amato Borges (e non lo abbia letto col trasporto che so di milioni di lettori). Se non fosse stato per Osvaldo Soriano, che lo ricorda nel libro Artisti, pazzi e criminali (Roberto Mariani fu uno dei più brillanti narratori della sventura e della disperazione e forse per questo la sua opera era destinata a svanire dalla storia delle letteratura argentina) di lui avremmo poco o nulla. Addirittura in patria sembra che abbia lasciato, nella memoria, poche tracce, se non nulla.

L'operazione de Le Nubi edizioni dimostra ancora una volta l'attitudine tutta 'pruriginosa' della casa editrice romana a sfruculiare tra i caratteri 'border line' della narrativa appena recente: e Mariani, col suo essere, nonostante tutto 'estremo' ed agitatore (ma è l'agitazione dello spirito, mai domo, l'ansia dell'individuo alla ricerca quanto meno di un senso, che non sia strappato al mondo dei sogni o del fantastico) è personaggio adeguabile ad una visione 'perturbante' della letteratura.

Cuentos de la oficina, raccolta di racconti quasi strappata all'oblio, è la testimonianza scritta di un mondo che Mariani ha vissuto personalmente, quello della piccola borghesia, di quella che, come dice Riccardo De Gennaro nell'introduzione, si accontenta, che è facilmente preda dei sensi di colpa, che ha paura di perdere tutto, non dei piccoli borghesi che ambiscono a diventare borghesi ed ottenere privilegi e potere.

Mariani racconta il mondo dell'impiegato triste che trascorre la sua vita senza grossi sussulti e che attraverso mezzucci, invidie ed azioni più o meno lecite, crede di poter sopravvivere.

Ma mi perdoni il prefatore: piuttosto che accostarlo al Mastronardi, nella comprensione e repulsione nei confronti del mondo, l'accosterei, senza troppo timore nei confronti dei puristi, al Fantozzi villaggiano, pur nella scansione diversa dell'incedere letterario.

In Mariani non vi è l'aspetto gogoliano della tragedia esistenziale (Villaggio, nella sua propensione all'iperbole caricaturale, ne aumenta persino la potenzialità), ma vi è sempre quell'ipocrisia e quella povertà di spirito (anche se amata dallo stesso autore) che si riscontra anche nei personaggi del ragioniere più famoso d'Italia.

D'altronde cosa c'è di più 'miserello' di un impiegato di banca che sbaglia una considerevole somma e che è obbligato a restituire (Santana), di un dipendente che dopo un banale incidente è costretto ad assentarsi per un lungo tempo dal lavoro costringendo la moglie a lavorare per due per non morire di fame (Uno), di un lavoratore che ruba il portafogli di un collega mentre sta morendo (Toulet) o di un giovane disilluso che fa straordinari per pagare la sua amante, ma viene abbandonato quando non è più in grado di garantirle un'agiata 'assistenza'(Lecarreguy)?

Si dice dei personaggi di Mariani: piccolo-borghesi oppressi dall'alienazione urbana e dall'eterno rischio della proletarizzazione. Giusto. Ma ancor di più uomini presi, nonostante tutto, nonostante cioè le piccole ipocrisie siano viste dagli stessi autori come 'piccole imprese', dall'ingranaggio del non-vivere. Ma tanto più tangibile e veri e concreti dei falsi illuminati del mondo borghesiano. Fantastico o no.





di Alfredo Ronci


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