RECENSIONI
Mario Bellatin
Dama cinese
Editori Riuniti, Pag. 86 Euro 10,00
Lascia interdetti e affascinati, questa Dama cinese che è anche un gioco di scatole cinesi. Quello che spiazza è il contrasto fra il minimalismo del linguaggio, ossessivamente perseguito di riga in riga, e il potere immaginifico che ne scaturisce. Come se sfogliando uno scarno documento del catasto ne vedeste balzar fuori scenari degni di Fellini o di Lynch: vedi, per il primo, la suggestione onirica che accompagna le mucche cadute in mare (pag.81), e per il secondo (oltre all'impianto della storia, montata su piani embricati) l'impatto visionario della vecchia signora (pag.66).
Aveva indosso un abito attillato, la cui stoffa era accesa di brillii rossastri. Sulle spalle portava una stola di volpe. Si era fatta, inoltre, una complicata acconciatura sormontata da una corona di metallo. Le scarpe, col tacco a spillo, erano senza tallone.
Figura tanto più inquietante, dal momento che così abbigliata sta in fila all'ufficio postale. E inquietante è la storia che racconta ad un bambino incontrato per caso, il quale poi riferisce al narratore. Un gioco, appunto, di scatole cinesi, dove niente è sicuramente vero e niente è definitivamente falso.
L'Io narrante è un ginecologo di mezza età, che divide la sua giornata tra attività clinica, famiglia, e visite alle case di piacere, meglio se squallide. La vita familiare è disastrosa, ma la narrazione che egli ne fa appare fredda e piatta come le osservazioni di un entomologo. Descrive minuziosamente particolari di poco conto, mentre disegna con rapidi tratti eventi drammatici. Ammette di provare emozioni, ma quasi se ne meraviglia, e comunque non bastano a scuotere la sua posizione di spettatore di se stesso e degli altri. Sui comportamenti degli altri fa asettiche congetture che non sottopone mai alla verifica della comunicazione.
Ho avuto due figli, uno dei quali è morto. La maggiore ha sposato un giovane industriale, che pare soddisfatto del matrimonio. Hanno a loro volta due figli, che mi hanno reso nonno. E tuttavia, nonostante le apparenze, so che non è soddisfatta della sua situazione. La sento ansiosa per la maggior parte del tempo.
E' un personaggio che quotidianamente applica un'accurata profilassi per prevenire ogni coinvolgimento.
... scoprii che mio figlio era appena rientrato dopo una notte trascorsa fuori e, a forza di minacce, le stava estorcendo del denaro per poter uscire di nuovo. Avrei preferito non essere testimone di quella scena. Infilai subito una mano in tasca e porsi a mia moglie un fascio di banconote. Poi corsi di sopra a prendere la valigetta.
Anche la moglie, donna assolutamente perfezionista nei dettagli, non riesce ad evitare il fallimento dei primari obiettivi familiari.
Il tono è sempre dimesso, apparentemente casuale, ma fra le righe emerge con finezza la crudele vacuità dello scenario.
Sebbene i nostri figli non ne avessero mai fatto richiesta, in casa non avevamo mai ammesso la presenza di animali domestici.
E' straordinaria, questa frase con due mai, a prima vista paradossale, che testimonia l'ostinata sterilizzazione dell'ambiente attuata perfino attraverso la prevenzione dei desideri.
Poi c'è il rovescio della medaglia, la vita sotterranea, il girovagare per i bordelli, coerente in fondo con l'aspirazione a rapporti privi di ogni coinvolgimento.
Preferisco le esperienze anonime, - afferma il protagonista, che vuole ogni volta una donna diversa.
E c'è l'altro sotterraneo, quello dell'inconscio, dove fa breccia in modo intollerabile il racconto del bambino, figlio di una paziente dello studio. E' qui che l'immaginario irrompe nel quotidiano, unendo angosce ancestrali e claustrofobia kafkiana senza che il linguaggio abbandoni la sua apparente povertà di mezzi.
Attenzione, sconsiglio a qualsiasi aspirante scrittore di tentare di imitare questo autore messicano. Meglio correre i rischi dell'enfasi e della ridondanza, piuttosto che scoprire quanta strada manca da percorrere prima di raggiungere la banalità del genio.
di Giovanna Repetto
Aveva indosso un abito attillato, la cui stoffa era accesa di brillii rossastri. Sulle spalle portava una stola di volpe. Si era fatta, inoltre, una complicata acconciatura sormontata da una corona di metallo. Le scarpe, col tacco a spillo, erano senza tallone.
Figura tanto più inquietante, dal momento che così abbigliata sta in fila all'ufficio postale. E inquietante è la storia che racconta ad un bambino incontrato per caso, il quale poi riferisce al narratore. Un gioco, appunto, di scatole cinesi, dove niente è sicuramente vero e niente è definitivamente falso.
L'Io narrante è un ginecologo di mezza età, che divide la sua giornata tra attività clinica, famiglia, e visite alle case di piacere, meglio se squallide. La vita familiare è disastrosa, ma la narrazione che egli ne fa appare fredda e piatta come le osservazioni di un entomologo. Descrive minuziosamente particolari di poco conto, mentre disegna con rapidi tratti eventi drammatici. Ammette di provare emozioni, ma quasi se ne meraviglia, e comunque non bastano a scuotere la sua posizione di spettatore di se stesso e degli altri. Sui comportamenti degli altri fa asettiche congetture che non sottopone mai alla verifica della comunicazione.
Ho avuto due figli, uno dei quali è morto. La maggiore ha sposato un giovane industriale, che pare soddisfatto del matrimonio. Hanno a loro volta due figli, che mi hanno reso nonno. E tuttavia, nonostante le apparenze, so che non è soddisfatta della sua situazione. La sento ansiosa per la maggior parte del tempo.
E' un personaggio che quotidianamente applica un'accurata profilassi per prevenire ogni coinvolgimento.
... scoprii che mio figlio era appena rientrato dopo una notte trascorsa fuori e, a forza di minacce, le stava estorcendo del denaro per poter uscire di nuovo. Avrei preferito non essere testimone di quella scena. Infilai subito una mano in tasca e porsi a mia moglie un fascio di banconote. Poi corsi di sopra a prendere la valigetta.
Anche la moglie, donna assolutamente perfezionista nei dettagli, non riesce ad evitare il fallimento dei primari obiettivi familiari.
Il tono è sempre dimesso, apparentemente casuale, ma fra le righe emerge con finezza la crudele vacuità dello scenario.
Sebbene i nostri figli non ne avessero mai fatto richiesta, in casa non avevamo mai ammesso la presenza di animali domestici.
E' straordinaria, questa frase con due mai, a prima vista paradossale, che testimonia l'ostinata sterilizzazione dell'ambiente attuata perfino attraverso la prevenzione dei desideri.
Poi c'è il rovescio della medaglia, la vita sotterranea, il girovagare per i bordelli, coerente in fondo con l'aspirazione a rapporti privi di ogni coinvolgimento.
Preferisco le esperienze anonime, - afferma il protagonista, che vuole ogni volta una donna diversa.
E c'è l'altro sotterraneo, quello dell'inconscio, dove fa breccia in modo intollerabile il racconto del bambino, figlio di una paziente dello studio. E' qui che l'immaginario irrompe nel quotidiano, unendo angosce ancestrali e claustrofobia kafkiana senza che il linguaggio abbandoni la sua apparente povertà di mezzi.
Attenzione, sconsiglio a qualsiasi aspirante scrittore di tentare di imitare questo autore messicano. Meglio correre i rischi dell'enfasi e della ridondanza, piuttosto che scoprire quanta strada manca da percorrere prima di raggiungere la banalità del genio.
di Giovanna Repetto
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