RECENSIONI
Goliarda Sapienza
Destino coatto
Einaudi, Pag. 130 Euro 10,50
Non capisco.
Che vuol dire confrontarsi con?
Vuol dire prendere atto dell'esistenza di un qualcosa e poi rimuginarci.
Sono anni ormai che mi dico che prima o poi dovrò leggere L'arte della gioia della Goliarda Sapienza.
Perché mai, potrebbe chiedersi qualcuno.
Perché in un ambiente editoriale così provinciale come il nostro, augurarsi che qualcosa sfugga alla meccanica celeste dell'ovvio mi sembra già un anelito di speranza.
Non capisco.
Ma alla fine, nonostante i buoni propositi, L'arte della gioia è rimasta una lettura a venire. Nemmeno in fieri.
Motivi? Beh, forse l'idiosincrasia personale per le scrittrici e l'idiosincrasia personale per i falsi eventi che spesso si risolvono in fetecchie, sempre che un D'Orrico qualsiasi voglia insistere sulla fetecchia medesima.
Poi sulla Sapienza s'è scomodata pure la grande Einaudi. Vorrà dire qualcosa?
Non capisco.
Ecco dunque Destino coatto.
Leggo in quarta: questi racconti postumi rappresentano una serie di deliri di persone comuni, vite indagate nell'arco di poche righe, i loro flussi di pensiero, le loro rappresaglie mentali.
Mi dico: dài... confrontiamoci.
La prefazione di Angelo Pellegrino m'informa che si tratta del brodo primordiale della scrittrice scomparsa e farfuglia su maturità e Pirandello.
Uffa non capisco.
Ma perché scomodare ingombranti padri putativi se poi l'essenza è una forma 'informe' di letteratura proto pulp (mado' i puristi quanto s'incazzeranno), grandguignol effetto placebo e amenità varie e dolenti?
Forse la quarta di copertina ha ragione: questi racconti postumi rappresentano una serie di deliri di persone comuni.
Per nulla fascinosi.
Anzi, noiosi.
Non capisco. Davvero non capisco.
Probabilmente L'arte della gioia rimarrà una lettura a venire.
Perderò qualcosa?
Pazienza (che fa rima con Sapienza). Sono pronto a dimettermi dalla vita (quindi dalla letteratura, scritta e 'parlata').
di Alfredo Ronci
Che vuol dire confrontarsi con?
Vuol dire prendere atto dell'esistenza di un qualcosa e poi rimuginarci.
Sono anni ormai che mi dico che prima o poi dovrò leggere L'arte della gioia della Goliarda Sapienza.
Perché mai, potrebbe chiedersi qualcuno.
Perché in un ambiente editoriale così provinciale come il nostro, augurarsi che qualcosa sfugga alla meccanica celeste dell'ovvio mi sembra già un anelito di speranza.
Non capisco.
Ma alla fine, nonostante i buoni propositi, L'arte della gioia è rimasta una lettura a venire. Nemmeno in fieri.
Motivi? Beh, forse l'idiosincrasia personale per le scrittrici e l'idiosincrasia personale per i falsi eventi che spesso si risolvono in fetecchie, sempre che un D'Orrico qualsiasi voglia insistere sulla fetecchia medesima.
Poi sulla Sapienza s'è scomodata pure la grande Einaudi. Vorrà dire qualcosa?
Non capisco.
Ecco dunque Destino coatto.
Leggo in quarta: questi racconti postumi rappresentano una serie di deliri di persone comuni, vite indagate nell'arco di poche righe, i loro flussi di pensiero, le loro rappresaglie mentali.
Mi dico: dài... confrontiamoci.
La prefazione di Angelo Pellegrino m'informa che si tratta del brodo primordiale della scrittrice scomparsa e farfuglia su maturità e Pirandello.
Uffa non capisco.
Ma perché scomodare ingombranti padri putativi se poi l'essenza è una forma 'informe' di letteratura proto pulp (mado' i puristi quanto s'incazzeranno), grandguignol effetto placebo e amenità varie e dolenti?
Forse la quarta di copertina ha ragione: questi racconti postumi rappresentano una serie di deliri di persone comuni.
Per nulla fascinosi.
Anzi, noiosi.
Non capisco. Davvero non capisco.
Probabilmente L'arte della gioia rimarrà una lettura a venire.
Perderò qualcosa?
Pazienza (che fa rima con Sapienza). Sono pronto a dimettermi dalla vita (quindi dalla letteratura, scritta e 'parlata').
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