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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Valter Binaghi

Devoti a Babele

Alberto Perdisa Editore, Pag. 122 Euro 12,00
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Interessante questa nuova collana diretta da Luigi Bernardi, talent scout ormai di provata professionalità e sempre con un occhio attento alle evoluzioni del noir.

Noi orchi c'eravamo già interessati ad Alessandro Zannoni e al suo Biondo 901. Ora abbiamo fatto i conti con una vecchia volpe della controcultura e musicista spesso on the road, anche se ha una moglie due figlie e una gatta.

Devoti a Babele parte benissimo: siamo nei primi anni '90, un tossico ormai all'ultimo stadio, ma ancora con qualche luminescenza erotica e anti-sistema ( La costringe a masturbarlo. La palma di una vergine sul pene, com'è fresca, ma c'è anche un più di piacere tutto intellettuale. La profanazione è cultura, una delle poche cose che ha imparato all'università, prima di piantar lì. Pag. 25) nel tentativo di evitare un definito naufragio, accetta di entrare in una comunità che presto si rivelerà come strumento di falsa propaganda e macchina per far soldi.

La presa di coscienza di Arvo, il protagonista, contrariamente a quanto ci si aspetti, non avviene, non c'è, e subisce quindi il martellamento di una struttura atta a plagiare, fino al dramma della morte di un ragazzo a cui lui dava assistenza.

Dicevamo, la storia parte benissimo, ma l'improvviso break temporale (dagli anni novanta si passa di un colpo ai giorni nostri), determina anche un appiattimento dei temi ed una fotocopiatura della realtà, quasi fosse una 'gossippata' da vendere: Non che sia stato facile, e c'è voluto pure un po' di culo. Se lo Sbora si fosse trovato in una delle sue ville in Sardegna dove riceve presidenti del consiglio cui fornisce attori e comparse per le campagne elettorali, il modesto cronista avrebbe dovuto aspettare il rientro stagionale, ma fortunatamente il nostro è agli arresti domiciliari nella capitale, per via di quella storiaccia di foto compromettenti ricomprate al paparazzo a protezione diclienti di riguardo, e finita su tutti i giornali insieme alle porcellone e ai funzionari RAI di Vallettopoli. Pag.92.

Chiaro no? (Pure Lele Mora che diventa Cico Sbora!!). Ed anche la terza parte, dove Arvo, ormai privo di qualsiasi aggancio con la realtà, dopo che ha avuto la possibilità di trasformarla in reality, per non naufragare di nuovo s'aggrappa all'illusione di una misteriosa donna conosciuta in Rete, sa purtroppo di sentito e di sfruttato.

Peccato perché la lingua del Binaghi è tagliente ed efficace, a misura di un personaggio fuori dagli schemi, a tratti inconsapevole del suo destino, ma comunque icona di una contemporaneità ormai sfibrata.

Il finale ci restituisce in parte il mal tolto: l'indeterminatezza della scomparsa del protagonista e di sua moglie, di cui non si sa proprio nulla, è un segno ambiguo (per fortuna!). O discesa agli inferi o, citando un film, un ritorno al futuro. In ogni caso non una scopiazzatura mediatica o catodica.



di Alfredo Ronci


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