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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Nicolai Lilin

Educazione siberiana

Einaudi, Pag. 343 Euro 20,00
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L'infanzia e l'adolescenza di Nicolai, Kolima, trascorrono in una città, Bender, che si trova in uno stato non stato, la Transnistria, una regione della Moldavia che agli inizi degli anni '90 aveva iniziato una infruttuosa guerra civile culminata con una dichiarazione unilaterale di indipendenza che nessuno stato internazionale aveva però riconosciuto. Kolima è membro della popolazione Urca, deportata ai 'tempi d'oro' del comunismo staliniano, dalla Siberia, appunto, in Transnistria. La sua gente si definisce 'criminali onesti'. Sono i più temuti dell'intera Madre Russia, rivaleggiano solo con quelli di "Seme nero", altro gruppo di criminali russi che però, dagli Urca, vengono considerati a un livello più basso, almeno moralmente, perché se ne infischiano delle regole e sono caduti nel giogo (auto) distruttivo della spietata aggressività moderna. Gli Urca hanno una loro comunità in cui si conoscono tutti. Gli anziani rivestono un ruolo fondamentale. Kolima cresce da un lato con i suoi coetanei e ricevendo iniziazioni varie (da quella dei tatuaggi che per gli Urca hanno un simbolismo segreto e legato alle esperienze di vita, alla consegna della prima 'picca', la lama con cui si aprono i nemici), dall'altro ascoltando i nonni che tracciano per lui una strada fatta di rispetto per gli altri 'criminali onesti' ma anche per i disabili, le donne e i più deboli (omosessuali esclusi perché considerati infetti, malacarne e tenuti 'adeguatamente' in isolamento se non portati al suicidio). Kolima conduce una vita a contatto con il fiume, che bagna il suo quartiere chiamato appunto Fiume Basso, con la natura, ma anche col cemento di periferie orrifiche e desolate che i sovietici hanno tanto 'amorevolmente' costruito per il popolo lavoratore. Risse, spedizioni punitive per lavare un'onta che nel codice Urca è ritenuta grave, mesi nel carcere minorile in uno stanzone dove alla fine si sta tutti contro tutti (e quasi tutti, tranne i siberiani, ricorrono alle pratiche 'infettive' dello stupro omosessuale). "Educazione siberiana" è uno spaccato tremendo di una crescita in una cultura distante anni luce da quella Occidentale (autobiografico o inventato poco ci interessa da un punto di vista letterario), ma pregna di tradizioni e valori che in un certo senso cercano di inculcare un qualche rispetto per gli altri. Lilin, con un linguaggio semplice ma potentissimo, inchioda il lettore alla pagina; le sue avventure adolescenziali, il rapporto con gli amici (il gigante un po' sciocco Mel su tutti), la sua ingenuità, la sua visione stupita ed energica sulle cose della vita, ogni attimo è ben descritto e spiegato con tratti che letterariamente ricordano, per intensità e pathos, la grande narrativa russa. Un uso equilibrato dei termini e una sintassi essenziale impediscono al linguaggio di ammiccare al gioco della violenza; anzi ce la fa odiare, disprezzare. La picca che penetra in una coscia o che squarta i legamenti non può essere né tollerata né infondere nel lettore ammirazione eroica in colui che compie l'atto. Un esordio sicuro, coinvolgente, come davvero pochi in questi ultimi anni. Dopo le discutibili operazioni di "Romanzo criminale" e "Gomorra" (e dopo tre anni di imposizione tirannica di suoi autori come vincitori dello Strega) forse il gruppo Mondadori/Einaudi sta cercando di risollevare la china e offrire, finalmente, opere di un qualche valore letterario; soprattutto se consideriamo che l'autore non solo è giovane ma non è neanche italiano e non maneggia la lingua come i presunti grandi scrittori dei sopracitati best seller. Una cosa su tutti. Alla fine della lettura di questo libro, al contrario di quanto è successo a molti (giovani soprattutto) con De Cataldo e Saviano, non ti viene la voglia di parteggiare per i criminali e per la violenza atroce che vivono. Vorrà dire qualcosa?

di Adriano Angelini


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