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CLASSICI

Alfredo Ronci

Era un lieto narrare: “Viaggio nella luna” di Angelo Del Boca.

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Inizio questo profilo con una curiosità che però fa pensare a come siamo diventati e forse come non saremo più. Cercavo delle note biografiche di Del Boca per arricchire questo pezzo quando mi sono imbattuto in un commento di un presunto storico, il quale diceva che si erano persi i riferimenti culturali (che forse un tempo c’erano) dal momento che la morte di Del Boca, avvenuta il 6 luglio del 2012 era passata inosservata, mentre grande risalto era capitato alla morte di Raffaella Carrà, verificatasi il giorno prima.
Non sto qui a perorare la causa di questo storico e di Del Boca, di cui vado poi a discettare, ma in un mondo come questo, pieno di immagini e soprattutto di inutilità, non è forse il caso sacramentare sull’accaduto. Preferisco andare oltre e limitarmi allo scrittore.
Diceva Bàrberi Squarotti a proposito di Del Boca: … ha scritto con i brevi romanzi di Viaggio nella luna (1955) il suo libro migliore per il superamento complessivo della scrittura e della prospettiva neorealista in un’analisi di problemi storici contemporanei e in una ricomposizione allucinata dei fatti, in un ribaltamento di punti di vista anche nella dizione degli eventi della Resistenza, cioè della tematica più frequentemente unidimensionalizzata dalla poetica neorealista.
Fa bene Bàrberi Squarotti a parlare di ricomposizione allucinata, già forse dal titolo dato all’opera. E qui vale di nuovo un’esperienza personale ma che ogni lettore può verificare. Se si fa una ricerca su De Boca specificando poi Viaggio nulla luna, il risultato che esce fuori, al di là delle prime considerazioni sul romanzo, è il film che Georges Méliès, visionario regista, realizzò nel 1902. Per intenderci, quello in cui un razzo viene espulso e finisce nell’occhio della luna. Cioè all’interno della luna.
Così è il caso del romanzo di Del Boca. Ed è lo stesso scrittore a spiegarlo: Non so come, ma io dovevo essere uscito dalla terra. Forse era capitato la notte che mi ero perduto sotto il cielo. Ed ora viaggiavo nella luna. Perché se questo non era un viaggio nella luna, io commettevo la stravaganza di camminare tutto solo attraverso monti selvaggi con sulle spalle un pesante sacco di biancheria sporca, stracciata, ed un fucile. Un fucile, un arnese per uccidere. Ma chi uccidere?
Sempre Bàrberi Squarotti fa bene a sottolineare come certe tendenze neorealiste, pur se ci sarebbero le condizioni di tempo (1955) e di luogo, sono praticamente scomparse. Non ci sono gli orrori della guerra e del dopoguerra, ma ci sono, ancora, le ricomposizioni allucinate dei protagonisti delle tre storie che compongono Viaggio nella luna.
A cominciare dall’eroe del primo racconto (çhe dà il titolo all’intera opera) che percorrendo in lungo e in largo pezzi di geografia solo alla fine del suo percorso, quando ristabilisce un contatto con chi gli è accanto, dice: Ma io non avevo fame, volevo solo sentirmi in mezzo a loro che erano della mia razza e che avrebbero impedito che continuassi il mio viaggio nella luna.
E sul racconto che conclude il libro, esattamente La pista di Rhoufi, quello che vede il protagonista David girovagare per l’Algeria nel tentativo di raccontare cose sempre più preziose dell’attività dei nazionalisti, afferma: Non si era forse detto, fina dal giorno che era arrivato ad Algeri, che l’unica esperienza valesse la pena di tentare, per narrare l’unica storia che valesse la pena di scrivere, era quella di passare dall’altra parte, dalla parte dei meno forti, dei braccati, dei più crudeli forse, ma troppo spesso calunniati?
Dunque Viaggio nella luna non è un libro sulla disperazione, o meglio, sulla guerra come fonte di disperazione, ma un percorso, questo sì a volte improbabile e a volte allucinato, di conoscenza della guerra. E poi appunto delle sue regole, a volte scritte e a volte no, che però non risparmiano praticamente nessuno.
Del Boca, se vogliamo, si permette anche di fare ironia, almeno così pensiamo noi lettori presi dall’insofferenza del protagonista, perché ad un certo punto dice: Sulla morte di Grine, ad esempio, e su come era avvenuta la sua identificazione, si sentiva di scrivere un pezzo formidabile. Ma poi, lo sapeva, avrebbe detto che era tutta letteratura.
Probabilmente Del Boca già sta su piano diverso dalla letteratura (dagli anni ’50 in poi comincia il suo lungo percorso per dimostrare, storiograficamente, il fallimento della nostra politica coloniale), ma è quella stessa letteratura che ce lo consegna intatto e soprattutto vivo.



L’edizione da noi considerata è:

Angelo Del Boca
Viaggio nella luna
Vallecchi




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