RECENSIONI
Massimo Fusillo
Estetica della letteratura
il Mulino, Pag. 225 Euro 13,00
La domanda del professor Fusillo dopo poche righe è sacrosanta: cosa fare dell'estetica in un'epoca in cui tutto diventa estetica?
Ed egli sa che non può sottrarsi alla contemporaneità: basta vedere la copertina, splendida, del suo saggio, dove una Marilyn 'estiva' legge con apparente interesse James Joyce. Cioè l'abbinamento tra un'idea classica della letteratura (Joyce) con un'idea più squisitamente moderna dell'estetica (la Monroe). E già questo meriterebbe l'acquisto del libro.
Ma la domanda che invece non si pone è: quanto di quello che si è scritto e si è detto sulla teoria dell'estetica della letteratura può interessare un pubblico come quello di oggi? E soprattutto può interessare un parco-scrittori di oggi che preferisce confrontarsi con modelli nuovi, falsi ed artatamente sopravvalutati?
Ma forse nel saggio non troviamo la domanda, ma vi è sicuramente la zeppa, quando si legge a proposito della letteratura: è finita da tempo l'epoca in cui la si considerava una pratica tautologica e autoreferenziale. Ma non può parlarci del mondo in maniera troppo diretta e didascalica: altrimenti rischia di perdere ogni valore estetico.
Bene, Fusillo ha colto nel segno (anche se la considerazione potrebbe riguardare allo stesso modo l'etica): crediamo che da tempo ormai il letterato fotografi solo la realtà e non la interpreti. E non solo: s'arricchisce di purulenza verbale, di flatulenti gonfiori per proporre una visione distorta non per immagini (magari!), ma per artificiosa inconsistenza.
E pensare che già in epoca imperiale un autore destinato a restare anonimo, Pseudo Longino, e che Fusillo giustamente ha ritenuto capace di trasmigrare potentemente nella cultura moderna, fino alla contemporaneità e al postmoderno, affermava che l'arte si ottiene per sottrazione. Lontano dunque dal falso sublime, dalla gonfia magniloquenza e da un'ispirazione vuota.
Macché: oggidì 'l'estetica' della letteratura ci costringe a confrontarci con una poesia raffazzonata e priva di agganci col reale e con una letteratura fotocopia del già fotocopiato, dove la parola è sodale solo con le nevrosi stesse dell'autore. Mai, come si converrebbe, e come diceva ancora meglio sempre Longino, che diventi azione.
Fusillo col suo saggio costringe il lettore ad un tour de force, ma diciamo che si scusa, nel senso che sa che proporre una teoria letteraria in così poco spazio (poco più di duecento pagine) è impresa ardua e rischia di sacrificare autori o movimenti. Ma convince in questo suo bignami ragionevole e centrato (oh come spiega bene le differenze tra platonismo e romanticismo!), mai staccato da istanze e richieste contemporanee. Sarà perché forse il suo essere insegnante lo induce a riflessioni continue sul confronto e sul rapporto tra passato e futuro: ma scommetterei che sul presente ha le idee più confuse, non perché incapace di comprendere, ma perché come tutti indaffarato a captare le contaminazione che permettono di leggere il mondo attraverso prospettive multiple. Che è cosa diversa dal capire invece, (e qui la cosa è molto più facile) e poi rigettare la pseudo-letteratura di riporto: quella di letterati autoreferenziali e tronfi. Spesso depressi.
Ormai la medicina è convinta che spesso le depressioni dipendono non dall'umore, ma dalla mancanza di minerali: quindi poeti e scrittori della domenica, piuttosto che imbrattare fogli e pubblicare schifezze, controllatevi la sideremia e fate un esame del sangue. In salute ci guadagnereste voi e soprattutto noi.
di Alfredo Ronci
Ed egli sa che non può sottrarsi alla contemporaneità: basta vedere la copertina, splendida, del suo saggio, dove una Marilyn 'estiva' legge con apparente interesse James Joyce. Cioè l'abbinamento tra un'idea classica della letteratura (Joyce) con un'idea più squisitamente moderna dell'estetica (la Monroe). E già questo meriterebbe l'acquisto del libro.
Ma la domanda che invece non si pone è: quanto di quello che si è scritto e si è detto sulla teoria dell'estetica della letteratura può interessare un pubblico come quello di oggi? E soprattutto può interessare un parco-scrittori di oggi che preferisce confrontarsi con modelli nuovi, falsi ed artatamente sopravvalutati?
Ma forse nel saggio non troviamo la domanda, ma vi è sicuramente la zeppa, quando si legge a proposito della letteratura: è finita da tempo l'epoca in cui la si considerava una pratica tautologica e autoreferenziale. Ma non può parlarci del mondo in maniera troppo diretta e didascalica: altrimenti rischia di perdere ogni valore estetico.
Bene, Fusillo ha colto nel segno (anche se la considerazione potrebbe riguardare allo stesso modo l'etica): crediamo che da tempo ormai il letterato fotografi solo la realtà e non la interpreti. E non solo: s'arricchisce di purulenza verbale, di flatulenti gonfiori per proporre una visione distorta non per immagini (magari!), ma per artificiosa inconsistenza.
E pensare che già in epoca imperiale un autore destinato a restare anonimo, Pseudo Longino, e che Fusillo giustamente ha ritenuto capace di trasmigrare potentemente nella cultura moderna, fino alla contemporaneità e al postmoderno, affermava che l'arte si ottiene per sottrazione. Lontano dunque dal falso sublime, dalla gonfia magniloquenza e da un'ispirazione vuota.
Macché: oggidì 'l'estetica' della letteratura ci costringe a confrontarci con una poesia raffazzonata e priva di agganci col reale e con una letteratura fotocopia del già fotocopiato, dove la parola è sodale solo con le nevrosi stesse dell'autore. Mai, come si converrebbe, e come diceva ancora meglio sempre Longino, che diventi azione.
Fusillo col suo saggio costringe il lettore ad un tour de force, ma diciamo che si scusa, nel senso che sa che proporre una teoria letteraria in così poco spazio (poco più di duecento pagine) è impresa ardua e rischia di sacrificare autori o movimenti. Ma convince in questo suo bignami ragionevole e centrato (oh come spiega bene le differenze tra platonismo e romanticismo!), mai staccato da istanze e richieste contemporanee. Sarà perché forse il suo essere insegnante lo induce a riflessioni continue sul confronto e sul rapporto tra passato e futuro: ma scommetterei che sul presente ha le idee più confuse, non perché incapace di comprendere, ma perché come tutti indaffarato a captare le contaminazione che permettono di leggere il mondo attraverso prospettive multiple. Che è cosa diversa dal capire invece, (e qui la cosa è molto più facile) e poi rigettare la pseudo-letteratura di riporto: quella di letterati autoreferenziali e tronfi. Spesso depressi.
Ormai la medicina è convinta che spesso le depressioni dipendono non dall'umore, ma dalla mancanza di minerali: quindi poeti e scrittori della domenica, piuttosto che imbrattare fogli e pubblicare schifezze, controllatevi la sideremia e fate un esame del sangue. In salute ci guadagnereste voi e soprattutto noi.
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