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CLASSICI

Alfredo Ronci

Forse chiede molto di più: “Decadenza” di Luigi Gualdo.

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“Sapevate del povero Gualdo. Anche quello è un legame che si è rotto con Milano e la bella gioventù. Bravo e caro amico di cui non vedremo più il sorriso dolce e mesto.”
Così scriveva Giovanni Verga all’inizio del giugno del 1898 in occasione della morte di Luigi Gualdo avvenuta pochi giorni prima. Ma vi chiederete perché proprio Giovanni Verga e perché proprio quelle due righe di affetto? In realtà non c’è nulla di particolare, tranne che i due erano veramente amici, e che il ricordo dello scrittore siciliano era davvero sentito. Ma in quella rievocazione c’è anche una specie di ritratto che Gualdo lasciò ai posteri. Certamente, come disse un altro suo amico Felice Cameroni,  “ un giovane romanziere della high-life, assai studioso e buongustaio finissimo”, se non addirittura un mondano elegante, conoscitore della migliore società del tempo e, anche qui, amico particolare dell’attrice Eleonora Duse, ma in tutto questo mancano dei precisi riferimenti all’arte che più lo segnò e che con Decadenza raggiunse un livello forse pari a Capuana e allo stesso Verga.
Decadenza uscì nel 1892 per Treves, ma già in precedenza lo scrittore milanese si era fatto conoscere con altri romanzi, alcuni scritti direttamente in francese, e poi tradotti, che avevano quanto meno interessato l’intelligenza di allora, senza per questo però, e giustamente, scomodare le alte sfere della mirabile critica del momento.
Gualdo era un perfetto conoscitore della cultura del tempo, e pur apprezzando, tanto per fare un esempio, Gabriele D’Annunzio, si considerava un suo avversario, per non parlare di alcuni detrattori che, soprattutto con i romanzi francesi, lo consideravano uno scapigliato se non addirittura un realista.
Ma Gualdo effettivamente cos’era e davvero Decadenza costituì un vero specchietto di tornasole per una perfetta conoscenza della sua arte e del suo modo di vivere mesto, pur se circondato da florescenze mondane?
Il libro è in realtà una acuta analisi psicologica di un uomo che dapprima si lascia sedurre da una donna, poi l’abbandona per poi riamarla in seguito, ma non amato. Si descrive la lenta ma inesorabile degradazione di un uomo che da uno stato di apparente pienezza e vitalità, approda ad un pessimismo esistenziale senza riserve. Ed è questo pessimismo esistenziale a fare la differenza e a trasformare la storia di Decadenza non in un amore incompreso, ma in una specie di malattia dello spirito che la letteratura italiana non aveva mai avuto modo di confrontarsi.
Scrive Gualdo: Questo stato, in lui ch’erasi sempre sentito tanto scevro d’immaginazione, quasi lo atterriva. La sua vita, d’improvviso, gli sembrò vana; un interesse sorgeva invece ora per lui in cento cose di cui prima non si curava punto. Gli pareva accorgersi di non conoscere affatto la vita e di vederla ora, diversa, ignota, per la prima volta.
Sicuramente Decadenza è un romanzo centrato sul protagonista-uomo e su una vita diversa e a tratti pericolosa e lo scrittore riesce a intrattenere con lui un rapporto autonomo; ma quello che determina una rottura con precedenti situazioni è la figura della donna, di colei cioè che prima accetta le avances dell’uomo, ma poi quando lo stesso si perde in disperati esistenzialismi, porta avanti una sua propria verità esistenziale.
Silvia, il nome della protagonista, si pone come l’unico personaggio alla sua maniera positivo di un mondo votato alla negatività, a una sua ontologica decadenza. Ripeteva a sé stessa mentalmente, per la centesima volta, esser lei una delle rarissime donne che – in un certo senso – aveva vinto la battaglia della vita. La sua grande passione vera, della sua vera esistenza, non l’aveva spezzata. Irrigiditasi, non aveva voluto soccombere, ed era rimasta in piedi.
Con questi presupposti, senza null’altro da aggiungere, siamo di fronte, noi che facciamo sempre confronti e stiliamo delle graduatorie, ad uno degli esempi più concreti e femministi della nostra letteratura. E che, aggiunto al mirabile esempio ante-litteram di questo romanzo esistenziale, che è appunto Decadenza, ci offre un quadro storico, ma soprattutto culturale, che non ha precedenti nel nostro paese.
Per la prima volta mi sento di dire che il libro in questione sia un lavoro da leggere con attenzione e tenerlo con cura. Tutto il resto, come avrebbe detto Califano, è noia. Si scherza.



L’edizione da noi considerata è:

Luigi Gualdo
Decadenza
Oscar Mondadori




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