RECENSIONI
Vladimir Nabokov
Fuoco pallido
Gli Adelphi, Traduzione di Franca Pece e Anna Raffetto, Pag. 311 Euro 14.00
Scriveva anni fa Pietro Citati: In Italia, quasi nessuno conosce Nabokov. L’unico libro, che abbia raggiunto un vasto pubblico, è Lolita: ma chi ha letto Invito ad una decapitazione o Parla, ricordo o La vera vita di Sebastian Knight, tutti esauriti o dimenticati nei polveroso magazzini degli editori, là dove nessun occhio di lettore oserà mai penetrare? La ragione di questo rifiuto mi è ignota: tale è la grandezza letteraria di Nabokov, il suo dono di imporsi, di conquistare, di affascinare, di divertire. Forse Nabokov non rivela a nessuno quali sono le verità della vita: non ha messaggi da riassumere in una frase. (…) Forse gioca con i personaggi e gli intrecci, si diverte con le parole; e la maggior parte dei lettori detesta il divertimento proprio e altrui. Forse adora le metafore; e molti esigono da chi scrive uno stile che non lasci indovinare nessun altro spazio dietro la realtà che ci circonda.
Ha ragione Citati e Fuoco pallido conferma tutto quello scritto in precedenza. Siamo ben lontani (almeno secondo le stime di quelli che conoscono in parte Nabokov) da un romanzo come Lolita scritto, forse, per pubblicare un romanzo a tutti gli effetti (e che in effetti gli dette anche fortuna e riconoscenza).
Fuoco pallido, poema in distici eroici di novecentonovantanove versi, suddivisi in quattro canti, fu composto da John Francis Shade (nato il 5 luglio 1898 e morto il 21 luglio 1959) durante gli ultimi venti giorni di vita, nella sua abitazione di New Wye, Appalachia, USA. Il manoscritto, quasi per intero una Bella Copia dalla quale è stato fedelmente trattato il presente testo a stampa, consiste di ottanta schede di formato medio; su ognuno di esse Shade aveva riservato la prima riga in alto, color rosa, alle intestazioni (numero del canto, data), e le quattordici righe azzurre al testo del poema, scritto con penna a punta fine e una grafia minuta, ordinata, straordinariamente leggibile, saltando una riga per indicare un doppio spazio e usando una scheda intonsa per ogni nuovo canto.
Questo l’avvio del romanzo (chiamiamolo così ma si potrebbe qualificarlo in qualsiasi modo), poi vi è il poema e infine le spiegazioni di colui che ha ricevuto l’onore di pubblicarlo. Intensamente intellettuale e falso (ricordiamo che altre decine di scrittore hanno giocato su questo punto).
Decisamente non per tutti.
di Alfredo Ronci
Ha ragione Citati e Fuoco pallido conferma tutto quello scritto in precedenza. Siamo ben lontani (almeno secondo le stime di quelli che conoscono in parte Nabokov) da un romanzo come Lolita scritto, forse, per pubblicare un romanzo a tutti gli effetti (e che in effetti gli dette anche fortuna e riconoscenza).
Fuoco pallido, poema in distici eroici di novecentonovantanove versi, suddivisi in quattro canti, fu composto da John Francis Shade (nato il 5 luglio 1898 e morto il 21 luglio 1959) durante gli ultimi venti giorni di vita, nella sua abitazione di New Wye, Appalachia, USA. Il manoscritto, quasi per intero una Bella Copia dalla quale è stato fedelmente trattato il presente testo a stampa, consiste di ottanta schede di formato medio; su ognuno di esse Shade aveva riservato la prima riga in alto, color rosa, alle intestazioni (numero del canto, data), e le quattordici righe azzurre al testo del poema, scritto con penna a punta fine e una grafia minuta, ordinata, straordinariamente leggibile, saltando una riga per indicare un doppio spazio e usando una scheda intonsa per ogni nuovo canto.
Questo l’avvio del romanzo (chiamiamolo così ma si potrebbe qualificarlo in qualsiasi modo), poi vi è il poema e infine le spiegazioni di colui che ha ricevuto l’onore di pubblicarlo. Intensamente intellettuale e falso (ricordiamo che altre decine di scrittore hanno giocato su questo punto).
Decisamente non per tutti.
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