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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Alice Pung

Gemma impura

Mobydick, Pag. 164 Euro 16,00
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Cinesi emigrati in Cambogia, poi rifugiati in Vietnam per sfuggire al regime di Pol Pot, infine approdati in Australia senza sapere bene come, ma con tante speranze, pensano sulle prime di trovarsi in un paese dei balocchi, dove semafori , scale mobili e abbondanza di cibo li sorprendono ad ogni passo strappando loro degli estasiati Wah! Portano con sé tradizioni antiche e tenaci, dei e antenati a cui chiedere protezione, e poi lutti e ricordi drammatici, e un'ostinata dedizione al lavoro che credono possa essere la chiave per schiudere ai loro figli le porte dell'avvenire. Anche se non tutto corrisponde ai loro sogni.

E di colpo la realtà fu chiara per i miei genitori, per tutti i genitori seduti al nostro tavolo: i figli non erano più benvoluti dei genitori, non parlavano con la bella gente (...) Fino ad allora avevano pensato alla nuova vita in semplici termini di causa-ed-effetto, convinti che se si rompevano la schiena per mandare i figli in scuole prestigiose, loro si sarebbero per forza integrati con i più intelligenti e i più belli della nazione.

Pressati fra il vecchio e il nuovo, ancorati alle loro saggezze rassicuranti ma anche protesi a cogliere ciò che di nuovo e bello possono conquistare, gli immigrati sperimentano sulla loro pelle la lacerazione di contraddizioni che rischiano di farli ammalare. Nevrosi da trapianto e superstizioni popolari si intrecciano a formare una trappola inestricabile.

No, no, no! – urlò ancora mia madre - ma non capisci? L'altare al piano di sotto è esattamente sotto al water del piano di sopra! (...) Ecco perché non c'era pace in quella nuova casa, ecco perché mia madre si premeva le mani sul cuore ogni giorno e si lamentava di un peso eccessivo. Cacavamo sui nostri dei e antenati.

A maggior ragione i loro figli si muovono in equilibrio su un filo di rasoio, dal momento che dalle famiglie possono ricevere conforto, ma non certezze. Alice Pung, cresciuta in Australia ma di fatto cittadina di due mondi paralleli impegnati in un continuo dialogo fra loro, cauto e talvolta difficile, offre qui un corposo resoconto della sua infanzia e della sua iniziazione adolescenziale. La narrazione è passionale, quasi caotica, densa di sensazioni. Ci sono odori, colori e suoni del suo mondo d'origine, incarnato da una folta parentela che controlla e protegge ogni suo passo fino alla claustrofobia. C'è la sua voglia di indipendenza, di libertà da schemi e pregiudizi, che però nei momenti cruciali si scontra con una voce interiore che di quei pregiudizi si è impregnata suo malgrado, e la costringe a ingaggiare un penoso dialogo con se stessa, dagli effetti paralizzanti. Alice descrive il peggior momento d'angoscia alla vigilia dell'esame che dovrebbe consentirle l'accesso all'università. Pressata dalla necessità di non deludere la famiglia che ha affrontato tanti sacrifici per lei, e privata della presenza della nonna che rappresentava culturalmente e visceralmente le sue radici, sperimenta un totale senso di vuoto e di solitudine.

Se verrò bocciata sarò condannata per sempre a una vita di piatti sporchi da lavare, maschere di gomma, muri bianchi da fissare, e impazzirò. Se verrò bocciata lo scopo della mia vita verrà meno. "Studia tanto e vai all'università", mi aveva sempre detto la nonna, che adesso era immobile nel letto di una stanza buia a fissare il soffitto. "Studia tanto e diventa una persona colta". Fallire significava annientarsi.

Proprio la fatica di superare la depressione e l'anomia, lo sforzo di consapevolezza necessario per uscire dalle maschere delle identità fittizie imposte dal vecchio e dal nuovo mondo e riappropriarsi di sé, deve aver dato alla Pung il dono di cogliere la realtà con uno sguardo così lucido, spietato anche con se stessa, e di esprimersi con un linguaggio immediato e originale, diretto, privo di sentimentalismi anche quando gronda di sentimento, e costantemente ravvivato da una sferzante ironia.



di Giovanna Repetto


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