RECENSIONI
Umberto Pasti
Giardini e no
Bompiani, Pag. 148 Euro 15,00
Immagino i vostri dubbi scorrendo le poche note biografiche dell'autore nella terza di copertina: esperto di ceramica islamica e appassionato di botanica, vive a Milano, a Tangeri e nei pressi di un villaggio nel nord del Marocco. Oddio, eccolo, un altro fighetto della scuola Pancho Pardi (à propos... mi chiedevo che fine avesse fatto il paladino delle cause perse, il tricotico e trinariciuto manifestatore di urgenze: dopo aver realizzato un orrendo sito web in occasione delle elezioni del 2008, lo ha abbandonato perché la sua attività politica, nelle file dell'Italia dei Valori, ormai si estrinseca in altri luoghi!). Macché, per fortuna Pasti è di tutt'altra pasta!
Giardini e no se vogliamo, potrebbe essere una contrapposizione letteraria ai vittoriniani Uomini e no, ma se nel romanzo dello scrittore resistenziale il titolo non era da leggere come distinzione tra chi mantiene una parvenza di umanità, nonostante la guerra, e chi no, in questa sorta di phamphlet di Pasti l'antitesi tra chi non capisce un tubo di botanica e pretende di avere un giardino alla moda e chi opera secondo i 'dettami' della natura, esiste eccome.
Dice l'autore: Forse la bellezza di un giardino consiste nella sua funzionalità, in ciò che corrisponde ai bisogni e alla vita di chi lo coltiva.
Quindi un no deciso ai giardini da collezione, dove uomini per lo più facoltosi e pensionati, non avendo un cazzo da fare, si industriano, in pieno marasma, a raggruppare specie diverse nella speranza, spesso fallimentare, di farle convivere. Un no ai finti giardini moreschi nel tentativo di ricreare ambientazioni esotiche. No al giardino porno (inteso come vera e propria manipolazione di influorescenze che per carnalità e turgore nulla hanno da invidiare allo spadone di John Holmes e al bocciolo della sopracitata Cicciolina). Ancor di più no al giardino miliardario, a quella sorta di status-symbol del piccolo imprenditore burino che ha fatto i soldi e crede di magnificare la sua posizione offrendo umbratili soste tra dalie, rose e zinnie.
Un no ancora più deciso al giardino di design e soprattutto ai garden-designers, coloro i quali giocano con le geometrie e col post-moderno per un giardino notturno di riflessi materici.
E che dire allora di quella vera e propria mania urbana del 'rondò', quella specie di rotatoria che si ha nel punto in cui convergono due o più strade (favorito da una nuova politica della UE, che negli ultimi anni ha erogato contributi a pioggia per eliminare più semafori possibili) abbellita da verde plastificato e da presunte opere d'arte di geniali scultori del posto?
Ecco dunque che la contrapposizione di cui sopra non è proprio di chi sa di botanica e chi no, ma di una parte del mondo che vede antiteticamente rispetto all'altra. Scrive Pasti: Nei nostri tempi di villette a schiera, di ipermercati e vite-tutto-compreso, gli ultimi aliti di grazia spirano dai gesti degli emarginati, di chi, rimasto fuori dal sistema, non è stato omologato. Mi limito ad una considerazione di carattere estetico. E' impossibile colmare l'abisso che separa l'eleganza vertiginosa del mendicante seminudo di Mombasa, dalla goffaggine del commendatore italiano in vacanza che si scosta schifato al suo passaggio.
Dunque è davvero un modo diverso di vedere le cose e quindi i giardini: riappropriamoci allora dei vecchi barattoli di conserva e sistemiamo le nostre piantine tra rimasugli di cocci e lasciamo ai replicanti manicurati le loro esposizioni à la page.
Pasti docet.
di Alfredo Ronci
Giardini e no se vogliamo, potrebbe essere una contrapposizione letteraria ai vittoriniani Uomini e no, ma se nel romanzo dello scrittore resistenziale il titolo non era da leggere come distinzione tra chi mantiene una parvenza di umanità, nonostante la guerra, e chi no, in questa sorta di phamphlet di Pasti l'antitesi tra chi non capisce un tubo di botanica e pretende di avere un giardino alla moda e chi opera secondo i 'dettami' della natura, esiste eccome.
Dice l'autore: Forse la bellezza di un giardino consiste nella sua funzionalità, in ciò che corrisponde ai bisogni e alla vita di chi lo coltiva.
Quindi un no deciso ai giardini da collezione, dove uomini per lo più facoltosi e pensionati, non avendo un cazzo da fare, si industriano, in pieno marasma, a raggruppare specie diverse nella speranza, spesso fallimentare, di farle convivere. Un no ai finti giardini moreschi nel tentativo di ricreare ambientazioni esotiche. No al giardino porno (inteso come vera e propria manipolazione di influorescenze che per carnalità e turgore nulla hanno da invidiare allo spadone di John Holmes e al bocciolo della sopracitata Cicciolina). Ancor di più no al giardino miliardario, a quella sorta di status-symbol del piccolo imprenditore burino che ha fatto i soldi e crede di magnificare la sua posizione offrendo umbratili soste tra dalie, rose e zinnie.
Un no ancora più deciso al giardino di design e soprattutto ai garden-designers, coloro i quali giocano con le geometrie e col post-moderno per un giardino notturno di riflessi materici.
E che dire allora di quella vera e propria mania urbana del 'rondò', quella specie di rotatoria che si ha nel punto in cui convergono due o più strade (favorito da una nuova politica della UE, che negli ultimi anni ha erogato contributi a pioggia per eliminare più semafori possibili) abbellita da verde plastificato e da presunte opere d'arte di geniali scultori del posto?
Ecco dunque che la contrapposizione di cui sopra non è proprio di chi sa di botanica e chi no, ma di una parte del mondo che vede antiteticamente rispetto all'altra. Scrive Pasti: Nei nostri tempi di villette a schiera, di ipermercati e vite-tutto-compreso, gli ultimi aliti di grazia spirano dai gesti degli emarginati, di chi, rimasto fuori dal sistema, non è stato omologato. Mi limito ad una considerazione di carattere estetico. E' impossibile colmare l'abisso che separa l'eleganza vertiginosa del mendicante seminudo di Mombasa, dalla goffaggine del commendatore italiano in vacanza che si scosta schifato al suo passaggio.
Dunque è davvero un modo diverso di vedere le cose e quindi i giardini: riappropriamoci allora dei vecchi barattoli di conserva e sistemiamo le nostre piantine tra rimasugli di cocci e lasciamo ai replicanti manicurati le loro esposizioni à la page.
Pasti docet.
di Alfredo Ronci
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