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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Pedro Lemebel

Ho paura torero

Marcos y marcos, Pag. 218 Euro 10,00
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Mi chiedo: perché in Italia non si scrivono libri di questo genere? E che genere direte voi?

Abbiamo già parlato dello scrittore cileno: Lemebel è una figura d'intellettuale gay (ammettendo che simile espressione abbia un senso e non si voglia invece definirlo intellettuale tout court) scomodo e scassapalle, antifascista e feroce. Insomma un personaggio che da noi manca: tranne rarissime eccezioni, in Italia si assiste ancora ad una rappresentazione della realtà gaya asfittica e reazionaria, paradossalmente caricata di paillettes, ma rivolta ad un pubblico rivistaiolo.

Ho paura torero è una riproposizione (benvenuta!) della casa editrice milanese nell'ambito dell'operazione 'tascabili'. Non possiamo non esserne entusiasti: è una storia d'amore, ai tempi di Pinochet, tra un travestito passionale, amante del canto e ricamatrice per le signore della Santiago-bene e Carlos, un militante del fronte patriottico Manuel Rodriguez, che ha commosso e convinto milioni di lettori.

Più della commozione, valga la convinzione: perché se il cuore a volte si lascia andare, come è giusto che sia, è sul principio di validità che dovrebbe indirizzarsi la nostra attenzione.

Il romanzo di Lemebel è riuscito dal momento che t(d)esta la nostra attenzione; dal momento che racconta una realtà senza sovrastrutture inutili e fastidiose: è solo una nitida fotografia di un momento storico e di un sentire condiviso.

Non escluderei il sentimento politico (lo so, discorso di questi tempi audace e forse obsoleto, ma mi sento in dovere di affrontarlo): non quello di una parte politica contro un'altra (anche se in Ho paura torero l'elemento di richiamo è anche, e soprattutto, l'atmosfera tragica e reazionaria che si avverte in Cile, sotto la dittatura di Pinochet e lo scontro con un'opposizione armata e decisa), ma quello di una coscienza sociale che ingloba le battaglie per i diritti dei più deboli.

Ha davvero ragione Lemebel quando dice: A volte, le minoranze elaborano forme alternative di contestazione, usando come arma l'apparente superficialità.

E' vero che lo scrittore si riferiva, nello specifico, anche al suo aspetto esteriore (guardare la sua foto nella quarta di copertina), ma l'apparente superficialità di cui parla invece è un sentire politico determinato e granitico, una lucidità mentale che non ammette cedimenti. Del resto quando uno dice: non stringo la mano a nessun fascista, non pone una barriera, anzi, determina semplicemente cosa è la vita e cosa in realtà non dovrebbe esistere.

Il mio quesito iniziale vale ancora: perché in Italia non si scrivono romanzi del genere? Perché dobbiamo ancora leggere, nel 2009 e in un paese dove la violenza omofoba ormai si estrinseca in svariati modi, storie di rituali catechistici ambientati in anni cinquanta, avventure fashion in quel di Capri, dialoghi raccapriccianti rubati all'avanspettacolo canzonettistico dei più nostalgici, o presunti sbandieramenti di omosessualità 'normale' che rivelano invece una mesta attitudine alla fotocopiatura di modelli di comportamento stantii e tristi?

Per carità, anche in Lemebel ci sono situazioni già viste e sentite (lo scambio di 'invettive' tra travestiti è il consueto cicaleggio che si può ascoltare ormai dappertutto), ma santiddio quant'è potente la sua condizione di 'diverso' così coscienziosamente sociale, così candidamente sincero, così, e mi si passi il termine, rivoluzionario.

Alle pretese false ed ipocrite di chi cavalva i gay pride senza una determinazione politica, preferisco il gigionesco fluttuare delle anime belle della letteratura lemebelliana: che non sbandierano proclami, ma quando c'è bisogno di lottare indossano i pantaloni perché hanno coglioni e 'controcoglioni' da mostrare. A buon intenditor...





di Alfredo Ronci


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