RECENSIONI
David Irving
I diari segreti del medico di Hitler
Edizioni Clandestine, Pag. 301 Euro 15,00
Sì è proprio lui: David Irving, lo storico 'non laureato' che per le sue idee è stato processato, arrestato e canzonato. Lo storico che viene accusato di essere un negazionista della Shoah, che si dice affermi che le camere a gas furono un'invenzione della propaganda alleata.
Balle. Come disse giustamente Eric Hobsbawm, l'autore de Il secolo breve, Irving non nega che milioni di ebrei perirono tra il '41 e il '45.Non nega nemmeno che un vasto numero di ebrei fu deliberatamente sterminato, e non solo ucciso dalla fatica, dalla fame o dalle malattie. Piuttosto, egli si concentra nel sollevare il dubbio su molte delle "idees recues" circa l'Olocausto – ciò che potremmo chiamare la retorica pubblica o la versione hollywoodiana dell'Olocausto, la gran parte della quale non proviene dagli storici seri che hanno indagato questo terribile soggetto. E anzi alcuni di loro, come ogni specialista del campo sa, hanno un atteggiamento di apertura verso le critiche. David Irving dunque non ha mai negato nulla, ha solo affermato tra l'altro che non esiste un documento ufficiale che attesti che Hitler abbia ordinato la soluzione finale ai danni degli ebrei. Che significa, diciamocela, cercare il pelo nell'uovo o addirittura fare il contropelo alle pulci, ma non vuol dire mettere in discussione alcunchè.
E confessiamolo: un po' gigione Irving lo è, come è indubbio che sia stato pescato più volte a frequentare circoli e gruppi di estrema destra, ma come dissero i giudici che lo condannarono dopo che lo stesso aveva intentato causa contro un'altra storica, la Deborah Lipstadt, per averlo definito "negazionista della Shoah": talvolta è impossibile accusarlo di falso, perché la sua conoscenza dei fatti della seconda guerra mondiale è inarrivabile.
Insomma è chiaro che Irving non è uno stinco di santo, ma avergli fatto fare la galera ed averlo condannato per aver esposte idee non del tutto pellegrine e supportate anche da storici di assoluta e cristallina integrità fa molto pensare sui metodi che a volte alcuni stati adottano per coprire sensi di colpa collettivi.
Solo lui, pensiamo, poteva interessarsi alla storia di Theo Morell, il medico che per più di dieci anni seguì, passo dopo passo, le malattie vere e presunte di Hitler. E chiedersi se i grandi eventi possano venire condizionati dalla salute dei protagonisti. E soprattutto cosa c'è dietro gli atteggiamenti e le isterie di potere di un uomo che determinò per alcuni anni le sorti di milioni e milioni di essere umani.
Certo, il ritratto del fuhrer che ne esce fuori è a tratti esilarante (se fossi un nostalgico dell'estrema destra e fossi amico di Irving... beh avrei fatto di tutto per 'invitarlo' a non pubblicare un libro del genere), come quando in occasione della campagna di Russia si legge: Per tre vitali settimane fu stroncato da diarrea, crampi allo stomaco, nausea, dolori alle gambe, brividi e febbre. Le conseguenze sul piano militare furono gravi.
Sapere poi che aveva spesso l'addome pieno di gas e che aveva affrontato un delicato e vitale incontro con Mussolini avendo una stipsi spastica causata dall'eccessivo lavoro degli ultimi giorni o che durante un volo di trasferimento Hitler ha emesso qualche peto, sintomo di miglioramento non può non suscitare ilarità.
Ma la sostanza del problema ovviamente era ben più grave: Irving spesso suggerisce, e a riprova del fatto riporta alla fine del libro l'elenco di tutti i medicinali che in quindici anni furono somministrati a Hitler (ed è un elenco impressionante), che molte delle decisioni del tiranno furono 'concepite' quanto meno sotto l'influenza di farmaci. Farmaci spesso, già allora, ritenuti dannosi alla salute ma che Morell, che aveva l'assoluta fiducia del fuhrer, somministrò con leggerezza ed anche per propri interessi, dal momento che la sua figura di medico si intrecciò a quella di imprenditore e azionista maggioritario di fabbriche di medicinali.
Insomma una gran brutta storia che Irving ha ricostruito che dovizia di particolari e che a noi lettori curiosi, non ce ne voglia nessuno, ha anche strappato qualche risatina. Non è bello confessarlo quando si parla di Hitler, ma come dicevano i latini: absit iniuria verbis.
di Alfredo Ronci
Balle. Come disse giustamente Eric Hobsbawm, l'autore de Il secolo breve, Irving non nega che milioni di ebrei perirono tra il '41 e il '45.Non nega nemmeno che un vasto numero di ebrei fu deliberatamente sterminato, e non solo ucciso dalla fatica, dalla fame o dalle malattie. Piuttosto, egli si concentra nel sollevare il dubbio su molte delle "idees recues" circa l'Olocausto – ciò che potremmo chiamare la retorica pubblica o la versione hollywoodiana dell'Olocausto, la gran parte della quale non proviene dagli storici seri che hanno indagato questo terribile soggetto. E anzi alcuni di loro, come ogni specialista del campo sa, hanno un atteggiamento di apertura verso le critiche. David Irving dunque non ha mai negato nulla, ha solo affermato tra l'altro che non esiste un documento ufficiale che attesti che Hitler abbia ordinato la soluzione finale ai danni degli ebrei. Che significa, diciamocela, cercare il pelo nell'uovo o addirittura fare il contropelo alle pulci, ma non vuol dire mettere in discussione alcunchè.
E confessiamolo: un po' gigione Irving lo è, come è indubbio che sia stato pescato più volte a frequentare circoli e gruppi di estrema destra, ma come dissero i giudici che lo condannarono dopo che lo stesso aveva intentato causa contro un'altra storica, la Deborah Lipstadt, per averlo definito "negazionista della Shoah": talvolta è impossibile accusarlo di falso, perché la sua conoscenza dei fatti della seconda guerra mondiale è inarrivabile.
Insomma è chiaro che Irving non è uno stinco di santo, ma avergli fatto fare la galera ed averlo condannato per aver esposte idee non del tutto pellegrine e supportate anche da storici di assoluta e cristallina integrità fa molto pensare sui metodi che a volte alcuni stati adottano per coprire sensi di colpa collettivi.
Solo lui, pensiamo, poteva interessarsi alla storia di Theo Morell, il medico che per più di dieci anni seguì, passo dopo passo, le malattie vere e presunte di Hitler. E chiedersi se i grandi eventi possano venire condizionati dalla salute dei protagonisti. E soprattutto cosa c'è dietro gli atteggiamenti e le isterie di potere di un uomo che determinò per alcuni anni le sorti di milioni e milioni di essere umani.
Certo, il ritratto del fuhrer che ne esce fuori è a tratti esilarante (se fossi un nostalgico dell'estrema destra e fossi amico di Irving... beh avrei fatto di tutto per 'invitarlo' a non pubblicare un libro del genere), come quando in occasione della campagna di Russia si legge: Per tre vitali settimane fu stroncato da diarrea, crampi allo stomaco, nausea, dolori alle gambe, brividi e febbre. Le conseguenze sul piano militare furono gravi.
Sapere poi che aveva spesso l'addome pieno di gas e che aveva affrontato un delicato e vitale incontro con Mussolini avendo una stipsi spastica causata dall'eccessivo lavoro degli ultimi giorni o che durante un volo di trasferimento Hitler ha emesso qualche peto, sintomo di miglioramento non può non suscitare ilarità.
Ma la sostanza del problema ovviamente era ben più grave: Irving spesso suggerisce, e a riprova del fatto riporta alla fine del libro l'elenco di tutti i medicinali che in quindici anni furono somministrati a Hitler (ed è un elenco impressionante), che molte delle decisioni del tiranno furono 'concepite' quanto meno sotto l'influenza di farmaci. Farmaci spesso, già allora, ritenuti dannosi alla salute ma che Morell, che aveva l'assoluta fiducia del fuhrer, somministrò con leggerezza ed anche per propri interessi, dal momento che la sua figura di medico si intrecciò a quella di imprenditore e azionista maggioritario di fabbriche di medicinali.
Insomma una gran brutta storia che Irving ha ricostruito che dovizia di particolari e che a noi lettori curiosi, non ce ne voglia nessuno, ha anche strappato qualche risatina. Non è bello confessarlo quando si parla di Hitler, ma come dicevano i latini: absit iniuria verbis.
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