RECENSIONI
Voltaire
I diritti umani e le usurpazioni papali
Mobydick, Pag. 80 Euro 9,00
Ah, quanto fa bene, di questi tempi, una buona boccata di Voltaire! Da un lato consola, dall'altro porta alla sconsolante conclusione che, non essendo mai mancati i buoni maestri, l'umanità è incorreggibile. Accontentiamoci di sapere che in ogni tempo appaiono qua e là delle menti limpide che sono i pilastri della ragione (per la nostra epoca mi viene da pensare, così a bruciapelo, a Piergiorgio Odifreddi ed Eugenio Scalfari) non perché proclamino grandi verità (questo non sarebbe appunto ragionevole) ma perché riescono a dire, con il più semplice dei linguaggi, che il re è nudo.
Il testo del 1768, nella sua chiarezza, è ben leggibile in lingua originale, ma è comunque fedelmente servito dalla rispettosa traduzione a fronte, di Paolo Fontana, curatore del libro. Allo scritto citato nel titolo segue Le cri des nations, dell'anno successivo. In entrambi Voltaire prende posizione nell'annoso conflitto fra 'i due poteri'. E già su quest'espressione trova da ridire, dal momento che Gesù Cristo non aveva previsto alcun potere terreno della sua Chiesa, e che la pretesa dei Papi di disporre di tutti i regni della Terra era precisamente quello che il diavolo propose a Gesù Cristo sulla montagna dove si dice che lo trasportò.
Pur trattandosi di un argomento serio, anzi serissimo, l'Autore riesce spesso a strappare un sorriso con l'arguzia dei resoconti sugli spudorati maneggi architettati dai vari papi per scippare regni, ducati e proprietà varie. L'aspetto tragico, su cui faremmo bene tuttora a riflettere, è che i pontefici non mettevano in atto soltanto i soliti mezzucci umani, come la frode, le armi, e via dicendo (errare è umano, si sa) ma utilizzavano proprio l'autorevolezza del loro magistero, mobilitando anche insigni teologi, per colpire con anatemi e scomuniche coloro che volevano depredare. La più folgorante delle conclusioni partorite dalla meditazione dei suddetti teologi era che un papa può rendere giusto ciò che è ingiusto: genio e semplicità!
Con altrettanta semplicità Voltaire osserva che ou il faut absolument renoncer au christianisme, ou il faut l'observer. Il cristianesimo si può solo respingere o accettare, e nemmeno un gesuita o il diavolo, aggiunge, potrebbe trovare una via di mezzo.
Eppure ... Non si può fare un passo nella storia senza trovarvi tracce di quel disprezzo con cui Roma (leggi: il Papato) trattò il genere umano senza neppure degnarsi di usare la verosimiglianza per ingannarlo.
Tanto per cominciare, osserva Voltaire, Roma si è arrogata la fama di culla del cristianesimo, quando questo titolo spetterebbe caso mai a Gerusalemme. Inoltre che fondamento avrebbe il soglio di san Pietro, dal momento che a quanto pare non c'è alcuna prova seria che Pietro abbia mai soggiornato a Roma? Su questo mitico viaggio esistono leggende mirabolanti e cronologicamente insostenibili. E l'Autore si domanda:
E' possibile che sia sulla base di simili racconti che l'imbecillità umana ha fondato, in tempi barbari, la più enorme potenza, e allo stesso tempo la più sacra, che abbia mai oppresso la terra?
Sommessamente conclude che un po' il genere umano, a causa di questa imbecillità, se l'è meritato.
Gli esempi di vergognose usurpazioni, attuate a colpi di scomuniche e anatemi, sono numerosi e impressionanti. C'è anche qualche episodio decisamente comico, come la guerra dei ceci indetta dal vescovo di Lipari nel 1711 per una sacrilega tassa di tre soldi che un commerciante aveva pagato al re su granaglie provenienti dai suoi terreni.
Alla fine della trattazione, è con accenti accorati che il grande filosofo (se non ci fosse bisognerebbe inventarlo!) mette in guardia contro il fanatismo, e supplica ogni padre di famiglia di dare ai figli un'educazione laica, rispettosa delle leggi e dei diritti umani. Paradossalmente verrebbe da dire: parole sante!
di Giovanna Repetto
Il testo del 1768, nella sua chiarezza, è ben leggibile in lingua originale, ma è comunque fedelmente servito dalla rispettosa traduzione a fronte, di Paolo Fontana, curatore del libro. Allo scritto citato nel titolo segue Le cri des nations, dell'anno successivo. In entrambi Voltaire prende posizione nell'annoso conflitto fra 'i due poteri'. E già su quest'espressione trova da ridire, dal momento che Gesù Cristo non aveva previsto alcun potere terreno della sua Chiesa, e che la pretesa dei Papi di disporre di tutti i regni della Terra era precisamente quello che il diavolo propose a Gesù Cristo sulla montagna dove si dice che lo trasportò.
Pur trattandosi di un argomento serio, anzi serissimo, l'Autore riesce spesso a strappare un sorriso con l'arguzia dei resoconti sugli spudorati maneggi architettati dai vari papi per scippare regni, ducati e proprietà varie. L'aspetto tragico, su cui faremmo bene tuttora a riflettere, è che i pontefici non mettevano in atto soltanto i soliti mezzucci umani, come la frode, le armi, e via dicendo (errare è umano, si sa) ma utilizzavano proprio l'autorevolezza del loro magistero, mobilitando anche insigni teologi, per colpire con anatemi e scomuniche coloro che volevano depredare. La più folgorante delle conclusioni partorite dalla meditazione dei suddetti teologi era che un papa può rendere giusto ciò che è ingiusto: genio e semplicità!
Con altrettanta semplicità Voltaire osserva che ou il faut absolument renoncer au christianisme, ou il faut l'observer. Il cristianesimo si può solo respingere o accettare, e nemmeno un gesuita o il diavolo, aggiunge, potrebbe trovare una via di mezzo.
Eppure ... Non si può fare un passo nella storia senza trovarvi tracce di quel disprezzo con cui Roma (leggi: il Papato) trattò il genere umano senza neppure degnarsi di usare la verosimiglianza per ingannarlo.
Tanto per cominciare, osserva Voltaire, Roma si è arrogata la fama di culla del cristianesimo, quando questo titolo spetterebbe caso mai a Gerusalemme. Inoltre che fondamento avrebbe il soglio di san Pietro, dal momento che a quanto pare non c'è alcuna prova seria che Pietro abbia mai soggiornato a Roma? Su questo mitico viaggio esistono leggende mirabolanti e cronologicamente insostenibili. E l'Autore si domanda:
E' possibile che sia sulla base di simili racconti che l'imbecillità umana ha fondato, in tempi barbari, la più enorme potenza, e allo stesso tempo la più sacra, che abbia mai oppresso la terra?
Sommessamente conclude che un po' il genere umano, a causa di questa imbecillità, se l'è meritato.
Gli esempi di vergognose usurpazioni, attuate a colpi di scomuniche e anatemi, sono numerosi e impressionanti. C'è anche qualche episodio decisamente comico, come la guerra dei ceci indetta dal vescovo di Lipari nel 1711 per una sacrilega tassa di tre soldi che un commerciante aveva pagato al re su granaglie provenienti dai suoi terreni.
Alla fine della trattazione, è con accenti accorati che il grande filosofo (se non ci fosse bisognerebbe inventarlo!) mette in guardia contro il fanatismo, e supplica ogni padre di famiglia di dare ai figli un'educazione laica, rispettosa delle leggi e dei diritti umani. Paradossalmente verrebbe da dire: parole sante!
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