RECENSIONI
Jurij Andruchovyč
I dodici cerchi
Del Vecchio Editore, Traduzione di Lorenzo Pompeo, Pag. 368 Euro 18,50
Ha ben appreso la lezione di Gogol e Bulgakov, questo scrittore ucraino che è stato testimone della transizione dall’Unione Sovietica all’indipendenza nazionale. L’umore satirico, il gusto del grottesco, il tratteggio caricaturale, l’approccio scanzonato ne sono testimonianza. Si astiene dal surreale per quasi tutta la durata del romanzo, ma lo suggerisce, lo fa aleggiare, lo sfiora attraverso un abbondante materiale onirico. Poi, in vista della conclusione, vi sconfina con delicatezza.
È vero che i giochi di parole, la satira politica e sociale, i rifermenti alla complessità etnica e folkloristica, nonché geografica, dell’Ucraina sono tali da svelare per intero la polpa succosa del testo solo ai concittadini dell’Autore, ma la brillantezza della scrittura e le note accurate del traduttore conducono in atmosfera anche il lettore italiano, che non può non apprezzare, in questa storia, genio e sregolatezza.
L’argomento è presto detto: otto personaggi stranamente assortiti vengono sistemati arbitrariamente in un luogo improbabile e vagamente sinistro, l’Osteria Sulla Luna. Si tratta di uno scrittore con la moglie e la figliastra, un vecchio professore di letteratura, un regista con due attricette che dovranno figurare in un video pubblicitario, e un fotografo naturalizzato austriaco innamorato della sua traduttrice che, guarda caso, è la moglie dello scrittore. Ce n’è abbastanza per animare un palcoscenico in cui va in scena una fiera delle vanità e insieme una commedia degli equivoci. Si ride, ma con la consapevolezza che sullo sfondo incombe qualcosa di drammatico e ineluttabile.
L’Autore comincia subito a spiazzare con il vezzo di metacomunicare continuamente con il lettore e strizzargli l’occhio con un’autoreferenzialità ironica e a volte perfino cinica, entrando e uscendo dal testo a suo piacere. Basti considerare, a mo’ di esempio, quello che succede a pagina 40, dopo che i suoi otto personaggi vengono caricati su una jeep.
…cala un silenzio lungo e sgradevole, che mi dà la possibilità di fare una pausa, mangiarmi un Twix e inventare un mezzo di trasporto più interessante. Senza dubbio sono al cento per cento d’accordo con l’acuta osservazione che almeno in due terzi dei miei romanzi pubblicati i miei personaggi vengono spostati da qualche parte. Nelle volte precedenti ero riuscito a prenotargli un treno, l’autobus del marchio Ikarus, il significativo e simbolico Crysler Imperial (…) mi sono ancora lasciato la possibilità di una nave, che potrebbe navigare da qualche parte oltreoceano, solo non qui e non ora.
Il tratteggio dei personaggi è spietato e si avvale, a seconda del caso, dei più inaspettati dettagli fisici o psichici. Come il ritratto di Artur Popa, lo scrittore in crisi dalle complicate elucubrazioni mentali.
Inoltre non sapeva nemmeno perché, avendo archiviato mille volte l’invadente idea del romanzo, come aveva già archiviato mille altre idee, non era riuscito a liberarsene. (…) Lui poteva, diciamo, prolungare il momento della materializzazione del testo del romanzo, convincendosi che quel romanzo doveva essere l’ultimo, e che quindi avrebbe esaurito la sua attuale predestinazione e, conseguentemente, non appena fosse stato scritto, il cammino verso la morte sarebbe stato preparato dall’alto. Per questo s’inventò più ostacoli possibili…
Ed ecco il professore:
Di quel genere classico, viennese-varsaviano, professore da tre generazioni, conoscitore delle lingue morte e delle barzellette d’anteguerra (…) Con un benevolo sorriso sulle strette labbra senili, di tanto in tanto fissa qualcuno dei presenti, quasi cercando tra loro il più fisiognomicamente adatto ascoltatore (ascoltatrice?) per la lezione introduttiva…
Riguardo al regista “alternativo” l’Autore punta dritto sull’abbigliamento.
… roscio e capellone con un aspetto ostentatamente bohémien (un golf pesante, che era appartenuto a un famoso attore d’avanguardia del teatro giovanile tedesco, una camicia che aveva portato un combattente curdo per uno Stato indipendente (…) pantaloni assurdi, chissà, forse di origine malese, orecchino al naso…
Non a caso ho fatto riferimento solo a ritratti di personaggi maschili, perché mi sembrano i più riusciti, anche se poi nel romanzo l’elemento femminile è presente e determinante.
C’è poi da tener conto di un nono personaggio, vivo quanto gli altri se non di più, benché non compaia direttamente e anzi sia già morto al momento dei fatti. È la gloria letteraria nazionale, il poeta Bohdan Ihor Antonyč, dalla vita breve e sregolata, continuamente citato e raccontato attraverso episodi tragici e grotteschi.
Lo svolgimento della storia è destinato a spiazzare il lettore con sviluppi imprevisti, e sembra costruito sulla riflessione che il fotografo Zumbrunnen, personaggio centrale per predestinazione, esprime in una delle sue lettere.
“Tutto ciò che ci auguriamo, a cui pensiamo e che ci aspettiamo, certamente ci accadrà. Ma, e in ciò consiste il problema, sempre troppo tardi e sempre in un altro modo. Ed è soprattutto per questo che temiamo il futuro, abbiamo paura dei viaggi, dei figli, dei cambiamenti. Io non sono in grado di oppormi a ciò, ma con tutte le forze faccio finta di oppormi…”
di Giovanna Repetto
È vero che i giochi di parole, la satira politica e sociale, i rifermenti alla complessità etnica e folkloristica, nonché geografica, dell’Ucraina sono tali da svelare per intero la polpa succosa del testo solo ai concittadini dell’Autore, ma la brillantezza della scrittura e le note accurate del traduttore conducono in atmosfera anche il lettore italiano, che non può non apprezzare, in questa storia, genio e sregolatezza.
L’argomento è presto detto: otto personaggi stranamente assortiti vengono sistemati arbitrariamente in un luogo improbabile e vagamente sinistro, l’Osteria Sulla Luna. Si tratta di uno scrittore con la moglie e la figliastra, un vecchio professore di letteratura, un regista con due attricette che dovranno figurare in un video pubblicitario, e un fotografo naturalizzato austriaco innamorato della sua traduttrice che, guarda caso, è la moglie dello scrittore. Ce n’è abbastanza per animare un palcoscenico in cui va in scena una fiera delle vanità e insieme una commedia degli equivoci. Si ride, ma con la consapevolezza che sullo sfondo incombe qualcosa di drammatico e ineluttabile.
L’Autore comincia subito a spiazzare con il vezzo di metacomunicare continuamente con il lettore e strizzargli l’occhio con un’autoreferenzialità ironica e a volte perfino cinica, entrando e uscendo dal testo a suo piacere. Basti considerare, a mo’ di esempio, quello che succede a pagina 40, dopo che i suoi otto personaggi vengono caricati su una jeep.
…cala un silenzio lungo e sgradevole, che mi dà la possibilità di fare una pausa, mangiarmi un Twix e inventare un mezzo di trasporto più interessante. Senza dubbio sono al cento per cento d’accordo con l’acuta osservazione che almeno in due terzi dei miei romanzi pubblicati i miei personaggi vengono spostati da qualche parte. Nelle volte precedenti ero riuscito a prenotargli un treno, l’autobus del marchio Ikarus, il significativo e simbolico Crysler Imperial (…) mi sono ancora lasciato la possibilità di una nave, che potrebbe navigare da qualche parte oltreoceano, solo non qui e non ora.
Il tratteggio dei personaggi è spietato e si avvale, a seconda del caso, dei più inaspettati dettagli fisici o psichici. Come il ritratto di Artur Popa, lo scrittore in crisi dalle complicate elucubrazioni mentali.
Inoltre non sapeva nemmeno perché, avendo archiviato mille volte l’invadente idea del romanzo, come aveva già archiviato mille altre idee, non era riuscito a liberarsene. (…) Lui poteva, diciamo, prolungare il momento della materializzazione del testo del romanzo, convincendosi che quel romanzo doveva essere l’ultimo, e che quindi avrebbe esaurito la sua attuale predestinazione e, conseguentemente, non appena fosse stato scritto, il cammino verso la morte sarebbe stato preparato dall’alto. Per questo s’inventò più ostacoli possibili…
Ed ecco il professore:
Di quel genere classico, viennese-varsaviano, professore da tre generazioni, conoscitore delle lingue morte e delle barzellette d’anteguerra (…) Con un benevolo sorriso sulle strette labbra senili, di tanto in tanto fissa qualcuno dei presenti, quasi cercando tra loro il più fisiognomicamente adatto ascoltatore (ascoltatrice?) per la lezione introduttiva…
Riguardo al regista “alternativo” l’Autore punta dritto sull’abbigliamento.
… roscio e capellone con un aspetto ostentatamente bohémien (un golf pesante, che era appartenuto a un famoso attore d’avanguardia del teatro giovanile tedesco, una camicia che aveva portato un combattente curdo per uno Stato indipendente (…) pantaloni assurdi, chissà, forse di origine malese, orecchino al naso…
Non a caso ho fatto riferimento solo a ritratti di personaggi maschili, perché mi sembrano i più riusciti, anche se poi nel romanzo l’elemento femminile è presente e determinante.
C’è poi da tener conto di un nono personaggio, vivo quanto gli altri se non di più, benché non compaia direttamente e anzi sia già morto al momento dei fatti. È la gloria letteraria nazionale, il poeta Bohdan Ihor Antonyč, dalla vita breve e sregolata, continuamente citato e raccontato attraverso episodi tragici e grotteschi.
Lo svolgimento della storia è destinato a spiazzare il lettore con sviluppi imprevisti, e sembra costruito sulla riflessione che il fotografo Zumbrunnen, personaggio centrale per predestinazione, esprime in una delle sue lettere.
“Tutto ciò che ci auguriamo, a cui pensiamo e che ci aspettiamo, certamente ci accadrà. Ma, e in ciò consiste il problema, sempre troppo tardi e sempre in un altro modo. Ed è soprattutto per questo che temiamo il futuro, abbiamo paura dei viaggi, dei figli, dei cambiamenti. Io non sono in grado di oppormi a ciò, ma con tutte le forze faccio finta di oppormi…”
di Giovanna Repetto
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