RECENSIONI
David Manzoni
I provinciali
Edizioni Ensemble, Pag. 146 Euro 12,00
Ogni provincia ha i suoi misteri. Sono spesso misteri piccoli, innocui, che però vengono amplificati dall’eco che vibra nel tessuto pigro di una vita resa monotona da radicate abitudini. La lentezza ripetitiva della vita quotidiana, scalfita ma non troppo dalle novità che giungono da fuori, fa sì che il mistero, in provincia, sia necessario. Così come è necessaria una costellazione di ruoli tipici che ne garantiscano la struttura sociale. Alcuni sono ruoli ufficiali e relativamente recenti, come il sindaco o il parroco, altri sono figure ancestrali, come lo scemo del villaggio. Il tipico e l’unico si sovrappongono in un collaudato presepe, in una forma che dà rilevanza al tipico a scapito dell’unico, proprio come avviene nelle fiabe. Lo sa bene Davide Manzoni, che colloca la sua storia in una cittadina lombarda affacciata sul Po. Un luogo che, se non fosse per qualche cellulare che squilla, sembrerebbe fuori dal tempo. Dal quadretto vivente che lo popola fa emergere i personaggi uno per uno, colorandone le sagome come si fa con i disegni già tracciati, che acquistando colore rivelano una più complessa fisionomia.
Ogni giorno, alle sei e mezza del mattino, la signora Dani entra in chiesa con misurata eccellenza. Ha i capelli raccolti, ordinati, il collo esile e il petto orgoglioso.
Ecco la cornice, che è il ritmo abitudinario della provincia: ogni giorno alla stessa ora. Ed ecco il contorno del disegno, il ruolo della signora agiata e stimata nell’ambiente. Più in là altri dettagli e altre azioni daranno un tocco personale al suo ritratto, ed è un peccato che l’Autore si accontenti di lasciare questo personaggio in un ruolo tutto sommato secondario, perché dall’incipit ci sarebbe da aspettarsi risvolti più intriganti.
Di ben altra pasta è il parroco, il famigerato Don Lamberto del quale si sussurra tutto e il contrario di tutto. A lui fa da gustoso interlocutore il vecchio Giulio, che alterna le attività di sacrestano a quelle di tuttofare per la signora Dani, e che ha la curiosa abitudine di esprimersi il più delle volte in rima. Non si tratta di un’aspirazione alle eccelse vette della lirica, bensì di una scappatoia per snocciolare sentenze impertinenti senza essere sanzionato più di tanto. L’ironia e il buon senso popolare sono i canoni di riferimento che aiutano la gente del paese a mantenere la rotta quando gli avvenimenti la colgono di sorpresa. E la sorpresa, ovvero l’evento perturbante, è l’arrivo della figlia della signora Dani, che da tempo mancava dal paese. Sembra che la sua sola vista turbi inspiegabilmente il sacerdote, che passa per uomo navigato e preso da faccende tutte sue. Nello stesso tempo si innesca nei confronti della ragazza una strana persecuzione fatta di pedinamenti e sassaiole, il cui autore rimane invisibile e ignoto.
La curiosità non trattiene Lilia, che comincia a correre per uscire al più presto dal budello. Le luci della piazza sembrano sempre lontane e il suo correre rallenta come negli incubi, quando i movimenti sono lenti e impastati dalla paura.
È l’istinto a dirle che c’è qualcuno; sente le particelle d’aria alterate da un alito estraneo, i suoi passi seguiti da un occhio a cui non può nascondersi…
Con una scrittura elegante e sobria l’Autore traccia un gustoso affresco della vita di provincia senza trascurare le suggestioni di un mistero sospeso. Si ha l’impressione però che le ottime premesse del romanzo non siano sfruttate in pieno. Viene da pensare che qualcuno dei personaggi, se opportunamente interpellato, avrebbe potuto raccontare qualcosa di più.
di Giovanna Repetto
Ogni giorno, alle sei e mezza del mattino, la signora Dani entra in chiesa con misurata eccellenza. Ha i capelli raccolti, ordinati, il collo esile e il petto orgoglioso.
Ecco la cornice, che è il ritmo abitudinario della provincia: ogni giorno alla stessa ora. Ed ecco il contorno del disegno, il ruolo della signora agiata e stimata nell’ambiente. Più in là altri dettagli e altre azioni daranno un tocco personale al suo ritratto, ed è un peccato che l’Autore si accontenti di lasciare questo personaggio in un ruolo tutto sommato secondario, perché dall’incipit ci sarebbe da aspettarsi risvolti più intriganti.
Di ben altra pasta è il parroco, il famigerato Don Lamberto del quale si sussurra tutto e il contrario di tutto. A lui fa da gustoso interlocutore il vecchio Giulio, che alterna le attività di sacrestano a quelle di tuttofare per la signora Dani, e che ha la curiosa abitudine di esprimersi il più delle volte in rima. Non si tratta di un’aspirazione alle eccelse vette della lirica, bensì di una scappatoia per snocciolare sentenze impertinenti senza essere sanzionato più di tanto. L’ironia e il buon senso popolare sono i canoni di riferimento che aiutano la gente del paese a mantenere la rotta quando gli avvenimenti la colgono di sorpresa. E la sorpresa, ovvero l’evento perturbante, è l’arrivo della figlia della signora Dani, che da tempo mancava dal paese. Sembra che la sua sola vista turbi inspiegabilmente il sacerdote, che passa per uomo navigato e preso da faccende tutte sue. Nello stesso tempo si innesca nei confronti della ragazza una strana persecuzione fatta di pedinamenti e sassaiole, il cui autore rimane invisibile e ignoto.
La curiosità non trattiene Lilia, che comincia a correre per uscire al più presto dal budello. Le luci della piazza sembrano sempre lontane e il suo correre rallenta come negli incubi, quando i movimenti sono lenti e impastati dalla paura.
È l’istinto a dirle che c’è qualcuno; sente le particelle d’aria alterate da un alito estraneo, i suoi passi seguiti da un occhio a cui non può nascondersi…
Con una scrittura elegante e sobria l’Autore traccia un gustoso affresco della vita di provincia senza trascurare le suggestioni di un mistero sospeso. Si ha l’impressione però che le ottime premesse del romanzo non siano sfruttate in pieno. Viene da pensare che qualcuno dei personaggi, se opportunamente interpellato, avrebbe potuto raccontare qualcosa di più.
di Giovanna Repetto
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