RECENSIONI
André Chamson
Il delitto dei giusti
Marcos y Marcos, Pag. 156 Euro 13,50
Lo dico sempre: leggere un libro è come andare al supermercato, bisogna spulciare attentamente le etichette. E credetemi, non è una battuta ad effetto. Prendiamo ad esempio il libro in questione. Oltre i valori numerici del codice ISBN leggiamo che Le crime des justes (titolo originale) è stato pubblicato dalle Editions Grasses et Fasquelle nel 1967.
Bene, anzi male: errore. La prima edizione del libro risale al 1928, e non è da poco saperlo.
A parte i quarant'anni circa di differenza, la cosa che salta immediatamente agli occhi non appena si comincia a leggere il romanzo, nonstante la riverniciatura della traduzione, è che si respira un'aria démodé. Siamo davvero di fronte a situazioni di altri tempi.
Circostanza questa che non ha nulla a che vedere con la validità o meno del testo: è necessario, crediamo, contestualizzare, storicizzare ogni romanzo perché si abbia poi una definizione di esso completa e mirata.
Merito comunque della Marcos y Marcos di aver riproposto un autore che in Italia ha avuto pochissima fortuna e seguito, ma che in Francia ha la statura delle grandi figure letterarie. Non è un caso che fu eletto membro dell'Académie Française nel 1956. Ma forse per qualificare meglio la levatura di Chamson occorrerebbe ricordare la sua attività di antifascista: nel 1935, insieme ad altri intellettuali e attivisti di sinistra, fondò Vendredi (hebdomadaire litteraire, politique et satirique), il settimanale del Fronte Popolare che purtroppo cessò le pubblicazioni nel novembre del 1938, anticipo delle difficoltà e delle tragedie a cui sarebbe andato incontro tutto il movimento francese di resistenza con l'occupazione nazista e il governo fantoccio di Vichy.
Il delitto dei giusti è storia, come dicevamo poco fa, d'altri tempi: figura centrale è il Consigliere, il capostipite della famiglia Arnal, vero e proprio organismo pulsante del luogo, sorta di totem "istituzionale", che da oltre quarant'anni è artefice delle decisioni più importanti ed influenti dal punto di vista amministrativo. Il suo potere indiscusso sarà messo alla prova duramente quando dovrà nascondere ai suoi concittadini uno scandalo che nasce all'interno della sua famiglia numerosissima: la relazione tra due fratelli, Maurice e Clémence, quest'ultima nata sordo muta.
Non vi guasto il finale raccontandovi come va a finire, ma è lecito chiedersi se il progressivo crollo della "compagine" Arval non possa essere visto come prodromo di ben altri cedimenti. Vero: il millenovecentoventotto, anno come abbiamo detto dell'uscita de Il delitto dei giusti, è ancora ben lontano dai misfatti che sarebbero seguiti, ma si avverte nella vicenda un sentore di cambiamento, una svolta, questa sì, epocale che avrebbe cambiato poi le sorti della società non solo francese.
Incuriosisce però che dal libro fu tratto un film solo dopo vent'anni: Le crime des justes, per la regia di Jean Gebret, approdò sugli schermi cinematografici nel 1948, forse definitiva pietra tombale di istanze vecchie e ormai superate, come superato e scampato era il pericolo di una dittatura davvero insopportabile.
di Alfredo Ronci
Bene, anzi male: errore. La prima edizione del libro risale al 1928, e non è da poco saperlo.
A parte i quarant'anni circa di differenza, la cosa che salta immediatamente agli occhi non appena si comincia a leggere il romanzo, nonstante la riverniciatura della traduzione, è che si respira un'aria démodé. Siamo davvero di fronte a situazioni di altri tempi.
Circostanza questa che non ha nulla a che vedere con la validità o meno del testo: è necessario, crediamo, contestualizzare, storicizzare ogni romanzo perché si abbia poi una definizione di esso completa e mirata.
Merito comunque della Marcos y Marcos di aver riproposto un autore che in Italia ha avuto pochissima fortuna e seguito, ma che in Francia ha la statura delle grandi figure letterarie. Non è un caso che fu eletto membro dell'Académie Française nel 1956. Ma forse per qualificare meglio la levatura di Chamson occorrerebbe ricordare la sua attività di antifascista: nel 1935, insieme ad altri intellettuali e attivisti di sinistra, fondò Vendredi (hebdomadaire litteraire, politique et satirique), il settimanale del Fronte Popolare che purtroppo cessò le pubblicazioni nel novembre del 1938, anticipo delle difficoltà e delle tragedie a cui sarebbe andato incontro tutto il movimento francese di resistenza con l'occupazione nazista e il governo fantoccio di Vichy.
Il delitto dei giusti è storia, come dicevamo poco fa, d'altri tempi: figura centrale è il Consigliere, il capostipite della famiglia Arnal, vero e proprio organismo pulsante del luogo, sorta di totem "istituzionale", che da oltre quarant'anni è artefice delle decisioni più importanti ed influenti dal punto di vista amministrativo. Il suo potere indiscusso sarà messo alla prova duramente quando dovrà nascondere ai suoi concittadini uno scandalo che nasce all'interno della sua famiglia numerosissima: la relazione tra due fratelli, Maurice e Clémence, quest'ultima nata sordo muta.
Non vi guasto il finale raccontandovi come va a finire, ma è lecito chiedersi se il progressivo crollo della "compagine" Arval non possa essere visto come prodromo di ben altri cedimenti. Vero: il millenovecentoventotto, anno come abbiamo detto dell'uscita de Il delitto dei giusti, è ancora ben lontano dai misfatti che sarebbero seguiti, ma si avverte nella vicenda un sentore di cambiamento, una svolta, questa sì, epocale che avrebbe cambiato poi le sorti della società non solo francese.
Incuriosisce però che dal libro fu tratto un film solo dopo vent'anni: Le crime des justes, per la regia di Jean Gebret, approdò sugli schermi cinematografici nel 1948, forse definitiva pietra tombale di istanze vecchie e ormai superate, come superato e scampato era il pericolo di una dittatura davvero insopportabile.
di Alfredo Ronci
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