RECENSIONI
Marosia Castaldi
Il dio dei corpi
Sironi Editore, Pag. 125 Euro 13,00
Non credo nello stile. Credo che la vita non ha stile e quindi nemmeno la scrittura. La vita muore si decompone va verso il rancido e il tanfo della morte, va verso il sangue di nuova vita che sgorga dalle gambe di una donna e di una mano che scrive o che dipinge, va verso le membra sbrindellate dalla guerra e verso il medico l'infermiera l'amante la sposa il figlio che ricuce. Perché il romanzo dovrebbe avere stile? Credo all'essere dentro a ciò che si racconta.
Così ebbe modo di dire la Castaldi tempo fa a proposito del suo stile che, i più, definiscono lavico e non definibile, per questo affascinante. Io, come direbbe – anzi canterebbe – Natalino Otto, ho un sassolino nella scarpa, ahi, che mi fa tanto tanto male, ahi.
Il libro della scrittrice napoletana non mi è piaciuto, ed ad essere sincero, l'ho trovato insopportabile ed autoreferenziale e l'intero impianto, forse perché la Castaldi, usando la prima persona, racconta di un uomo depresso e instabile, schizofrenico e non definito.
Forse perché solo i grandi riescono a far parlare un uomo o una donna se sono rispettivamente di sesso diverso? Personalmente non scriverei come fossi donna, perché come ha detto Busi, la parte trainante dell'uomo è il buco del culo. Non credo che il gentil sesso possa riconoscersi in questo.
Ma è altro che prude. Dice Massimo Onori su Diario: Una grande consolazione che in una società come la nostra, dove cantautori-romanzieri politicamente corretti ottengono onorificenze dal presidente della Repubblica, si continuino a pubblicare i libri di Marosia Castaldi: e con l'avallo d'un editore importante quale Feltrinelli. Libri che richiedono fatica e angoscia da parte del lettore, impongono il disorientamento e sfidano ogni superba certezza laica e religiosa: libri assolutamente inconciliabili coi diktat del mercato.
E' proprio per questo che mi gratto: non vedo inconciliabilità tra le storie di Marosia e i diktat del mercato, perché il mercato fagocita anche gli sfigati. Non me ne voglia la scrittrice, per carità, che ha sofferto le pene dell'inferno, che ha vissuto la depressione, come direbbe Leopardi, nella tenaglia della "Tenaria Diva" , ma non sopporto la pseudo-indulgenza con cui, e trova agganci pure al sentire di Domenico Starnone, celebra le sue disgrazie e poi le vende.
Le librerie sono piene di "casi" e regna la riverenza ad operazioni giovanilistiche, tra l'altro con l'avallo del criticume di tendenza che crede nel prodotto fresco e di talento, che vivono una stagione d'isteria mediatica e poi muoiono come è giusto che sia (qualcuno ricorda la Cardella? Dov'è sepolta?). Ma oltre l'happy hour del mercato alla ricerca disperata del colpo "regazzino" c'è il piagnisteo delle sorti pietose, della biografia miserabile, del romanzo, come dicevo prima, da sfigato.
Ne ho le palle piene. Il dio dei corpi mi ha annoiato, non mi convince nemmeno quell'aura surreale che vede un uomo circondato da due donne di cui una non ha gambe, ma ne ha una serie di legno tutta colorata, e l'altra che per un incidente, gli si è spappolato il calcagno e quindi per camminare s'impasticca di antinfiammatori e antidolorifici.
Credetemi: non me ne frega un cazzo. Le atmosfere create dalla Castaldi potranno pure ricordare certa letteratura fantastica ed onirica e mitteleuropea (e mettiamoci pure Kafka, tanto per gradire), ma hanno lo stesso fascino dell'ennesimo programma di Vespa sul caso Cogne.
Poi andiamole a considerare sul serio queste intellettuali "provate". La poetessa Alda Merini, di cui avevo stima e considerazione, battibecca con Baudo, come una gallina nel pollaio, perché la sua canzone non è stata accettata a Sanremo. Pensa te.
di Alfredo Ronci
Così ebbe modo di dire la Castaldi tempo fa a proposito del suo stile che, i più, definiscono lavico e non definibile, per questo affascinante. Io, come direbbe – anzi canterebbe – Natalino Otto, ho un sassolino nella scarpa, ahi, che mi fa tanto tanto male, ahi.
Il libro della scrittrice napoletana non mi è piaciuto, ed ad essere sincero, l'ho trovato insopportabile ed autoreferenziale e l'intero impianto, forse perché la Castaldi, usando la prima persona, racconta di un uomo depresso e instabile, schizofrenico e non definito.
Forse perché solo i grandi riescono a far parlare un uomo o una donna se sono rispettivamente di sesso diverso? Personalmente non scriverei come fossi donna, perché come ha detto Busi, la parte trainante dell'uomo è il buco del culo. Non credo che il gentil sesso possa riconoscersi in questo.
Ma è altro che prude. Dice Massimo Onori su Diario: Una grande consolazione che in una società come la nostra, dove cantautori-romanzieri politicamente corretti ottengono onorificenze dal presidente della Repubblica, si continuino a pubblicare i libri di Marosia Castaldi: e con l'avallo d'un editore importante quale Feltrinelli. Libri che richiedono fatica e angoscia da parte del lettore, impongono il disorientamento e sfidano ogni superba certezza laica e religiosa: libri assolutamente inconciliabili coi diktat del mercato.
E' proprio per questo che mi gratto: non vedo inconciliabilità tra le storie di Marosia e i diktat del mercato, perché il mercato fagocita anche gli sfigati. Non me ne voglia la scrittrice, per carità, che ha sofferto le pene dell'inferno, che ha vissuto la depressione, come direbbe Leopardi, nella tenaglia della "Tenaria Diva" , ma non sopporto la pseudo-indulgenza con cui, e trova agganci pure al sentire di Domenico Starnone, celebra le sue disgrazie e poi le vende.
Le librerie sono piene di "casi" e regna la riverenza ad operazioni giovanilistiche, tra l'altro con l'avallo del criticume di tendenza che crede nel prodotto fresco e di talento, che vivono una stagione d'isteria mediatica e poi muoiono come è giusto che sia (qualcuno ricorda la Cardella? Dov'è sepolta?). Ma oltre l'happy hour del mercato alla ricerca disperata del colpo "regazzino" c'è il piagnisteo delle sorti pietose, della biografia miserabile, del romanzo, come dicevo prima, da sfigato.
Ne ho le palle piene. Il dio dei corpi mi ha annoiato, non mi convince nemmeno quell'aura surreale che vede un uomo circondato da due donne di cui una non ha gambe, ma ne ha una serie di legno tutta colorata, e l'altra che per un incidente, gli si è spappolato il calcagno e quindi per camminare s'impasticca di antinfiammatori e antidolorifici.
Credetemi: non me ne frega un cazzo. Le atmosfere create dalla Castaldi potranno pure ricordare certa letteratura fantastica ed onirica e mitteleuropea (e mettiamoci pure Kafka, tanto per gradire), ma hanno lo stesso fascino dell'ennesimo programma di Vespa sul caso Cogne.
Poi andiamole a considerare sul serio queste intellettuali "provate". La poetessa Alda Merini, di cui avevo stima e considerazione, battibecca con Baudo, come una gallina nel pollaio, perché la sua canzone non è stata accettata a Sanremo. Pensa te.
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