RECENSIONI
Didier Daeninckx
Il giardino degli orrori
Giallo Mondadori, pag.177 euro 3,60
Ignominia dell'editoria. Passi la noncuranza con cui la casa milanese infila un autore del genere, così scorretto ed infetto, in un palinsesto che vede ancora zittelle impiccione, gatti investigatori (!) e delitti in camere chiuse. Passi lo scempio bibliografico - tipicamente italiano - di indicare titoli già pubblicati senza specificare le edizioni (per non compiacere la concorrenza?, ma qui ci si supera citando in lingua originale un romanzo che lo stesso Giallo Mondadori ha fatto uscire: Lumière noire – Luce nera). Ma non può passare sotto silenzio la corbellaggine con cui si titolano i libri senza tener conto dell'intelligenza dei lettori.
Ecco un altro esempio (lo abbiamo già fatto per lo splendido Feinmann per le edizioni Baldini & Castoldi Dalai – della serie tutto il mondo è paese): Il giardino degli orrori (orig. 12, rue Meckert), ultimo noir apparso in Italia dello scrittore di St.Denis Didier Daeninckx.
Non c'azzecca popio come direbbe un intellettuale delle marane pre-industriali. Siamo al depistaggio, addirittura al reato di circonvenzione.
Dice la quarta: Maxime Lisbonne, giornalista freelance di cronaca nera, sta seguendo il caso raccapricciante di Chatearoux, dove sono stati ritrovati i corpi di alcune bambine che il giardiniere di un istituto per giovani portatori di handicap avrebbe seviziato e ucciso...poi seguono altri pezzi di trama. Niente di tutto ciò: o meglio, l'incipit efferato e decisamente di moda (perdonatemi il cinismo) serve ad altro e chi conosce Daeninckx sa a che cosa.
Qui – e se gli si vuole dare all'avverbio anche il suo significato geografico mi verrebbe da mettere il dito nella piaga e dire in rue Meckert al numero 12, residenza del giornalista – siamo nel gioco dei fantasmi, dei soliti fantasmi. L'Algeria per esempio (ancora! Direbbe qualcuno con la puzza al naso): Sparavamo agli algerini come alle pernici. Poi abbiamo bruciato tutti i villaggi vicini. Ero riuscito a cancellare un ricordo per qualche anno, ma poi è tornato: quello di due giovanissime madri che urlavano in una viuzza della medina incendiata, stringendosi tutt'e due al petto un bambino morto. Buffin si era offerto volontario per gli interrogatori spinti. Si era creato la fama di saper rimpicciolire le teste mozze. C'era gente che gliele chiedeva per portarsele a casa come ricordo (pag.31).
Siamo in ambito speculativo: una società, la VTC, associazione per la lotta contro il cancro, approfitta della sua posizione sociale e del buon cuore di ignari sovvenzionatori per racimolare miliardi e investire in altri settori meno confacenti.
Siamo soprattutto in ambito di servizi segreti: e qui lo scrittore francese scopre le sue carte migliori. Un giornale alternativo viene "inventato" dai poteri occulti per racimolare informazioni nel circuito antagonista. Touché ci verrebbe da dire.
Ma siamo pure onesti: Il giardino degli orrori non è certamente il miglior noir di Daeninckx: preso com'è da quest'ansia rivelatrice trascura le sottigliezze psicologiche dei personaggi – troppi e a volte davvero evanescenti – e offre un "setting", abituati come siamo alle denunce dell'autore, scolorato e nebbioso.
Rimane pur sempre una prova "civile" e un giallo centrato e reale. Il problema semmai è un altro: perché affidare le nostre speranze di leggere polizieschi con gli attributi a politiche editoriali incorporee e superficiali?
Dateci una risposta
di Eleonora del Poggio
Ecco un altro esempio (lo abbiamo già fatto per lo splendido Feinmann per le edizioni Baldini & Castoldi Dalai – della serie tutto il mondo è paese): Il giardino degli orrori (orig. 12, rue Meckert), ultimo noir apparso in Italia dello scrittore di St.Denis Didier Daeninckx.
Non c'azzecca popio come direbbe un intellettuale delle marane pre-industriali. Siamo al depistaggio, addirittura al reato di circonvenzione.
Dice la quarta: Maxime Lisbonne, giornalista freelance di cronaca nera, sta seguendo il caso raccapricciante di Chatearoux, dove sono stati ritrovati i corpi di alcune bambine che il giardiniere di un istituto per giovani portatori di handicap avrebbe seviziato e ucciso...poi seguono altri pezzi di trama. Niente di tutto ciò: o meglio, l'incipit efferato e decisamente di moda (perdonatemi il cinismo) serve ad altro e chi conosce Daeninckx sa a che cosa.
Qui – e se gli si vuole dare all'avverbio anche il suo significato geografico mi verrebbe da mettere il dito nella piaga e dire in rue Meckert al numero 12, residenza del giornalista – siamo nel gioco dei fantasmi, dei soliti fantasmi. L'Algeria per esempio (ancora! Direbbe qualcuno con la puzza al naso): Sparavamo agli algerini come alle pernici. Poi abbiamo bruciato tutti i villaggi vicini. Ero riuscito a cancellare un ricordo per qualche anno, ma poi è tornato: quello di due giovanissime madri che urlavano in una viuzza della medina incendiata, stringendosi tutt'e due al petto un bambino morto. Buffin si era offerto volontario per gli interrogatori spinti. Si era creato la fama di saper rimpicciolire le teste mozze. C'era gente che gliele chiedeva per portarsele a casa come ricordo (pag.31).
Siamo in ambito speculativo: una società, la VTC, associazione per la lotta contro il cancro, approfitta della sua posizione sociale e del buon cuore di ignari sovvenzionatori per racimolare miliardi e investire in altri settori meno confacenti.
Siamo soprattutto in ambito di servizi segreti: e qui lo scrittore francese scopre le sue carte migliori. Un giornale alternativo viene "inventato" dai poteri occulti per racimolare informazioni nel circuito antagonista. Touché ci verrebbe da dire.
Ma siamo pure onesti: Il giardino degli orrori non è certamente il miglior noir di Daeninckx: preso com'è da quest'ansia rivelatrice trascura le sottigliezze psicologiche dei personaggi – troppi e a volte davvero evanescenti – e offre un "setting", abituati come siamo alle denunce dell'autore, scolorato e nebbioso.
Rimane pur sempre una prova "civile" e un giallo centrato e reale. Il problema semmai è un altro: perché affidare le nostre speranze di leggere polizieschi con gli attributi a politiche editoriali incorporee e superficiali?
Dateci una risposta
di Eleonora del Poggio
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