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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Maurizio De Giovanni

Il giorno dei morti

Fandango, Pag. 396 Euro 10,00
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Ringrazio apertamente Luigi De Pascalis, per avermi dato la possibilità di scoprire un autore così importante come Maurizio De Giovanni, che non conoscevo e che è addirittura alla sua quarta pubblicazione di questa serie di gialli che ha come protagonista il commissario Ricciardi. Il giorno dei morti, vincitore della prima edizione del premio 'Hadrianus, Il giallo e il nero', di Tarquinia, tenutasi lo scorso settembre, è un romanzo a tratti toccante. La storia si svolge nella Napoli fascista degli anni '30. La città è, contrariamente a quanto appare nell'immaginario collettivo, una distesa di grigio, nubi e pioggia incessante. (De Giovanni, se volessimo fare un paragone, in questo romanzo trasforma Napoli nella Barcellona di Ruiz Zafon de L'ombra del vento, e le strade e i suoi vicoli rimandano alla New York di inizio novecento di quell'altro capolavoro che è C'era una volta in America di Herry Gray). Il commissario Ricciardi, personaggio schivo e coriaceo, ha una marcia in più rispetto ai suoi colleghi. Una sensibilità che lo porta a vedere i morti lì dove hanno perso la vita, per le strade di una città falcidiata dalla povertà, dalla fame e dalla violenza (non dissimile, o dissimile nella sua somiglianza, a quella di oggi) in aperto contrasto con quanto il regime volesse far apparire. Il ritrovamento del cadavere di un orfanello forse di otto anni, che una prima analisi vorrebbe morto per avvelenamento da stricnina, è lo spunto da cui si dipana la storia. De Giovanni ci accompagna per le strade della città, in questura e nei quartieri dei bassi e nelle case delle ricche nobildonne del regime, con un linguaggio che fa dell'eleganza e della semplicità il suo tratto saliente, impreziosito qui e là da spunti dialettali brillanti ed essenziali. Il commissario Ricciardi, sul luogo del ritrovamento, non è riuscito a vedere quello che lui chiama il Fatto, cioè la visione di come il ragazzino sia morto. Ergo, è convinto, non deve essere deceduto in quel punto. L'istinto gli suggerisce di andare avanti con le indagini e di non liquidare la faccenda come un incidente, come buon senso richiederebbe dopo la risposta dell'autopsia eseguita dal suo amico e dissidente dottor Modo.

Il romanzo è per certi tratti dickensiano in senso alto, straziante. I flash back sulla vita del ragazzino morto, il balbuziente Tettè (un personaggio portentoso che non pronuncia quasi mai una sola parola), e dei suoi cinque simili, ospitati dalla parrocchia di Santa Maria del Soccorso, ci regalano uno spaccato sordido, triste, cupo e inaccettabile della loro condizione. Il dormitorio osceno nel quale erano tenuti dal sacerdote don Antonio e dal suo sacrestano stringe il cuore, le angherie perpetrate contro il piccolo Tettè dai più forti accendono la rabbia; il silenzio e l'impotenza del bambino illuminano con l'orrore tipico delle grandi rivelazioni "realistiche" che solo la finzione sa e può fare. La testardaggine di Ricciardi ci porterà a scoperchiare un calderone di malaffare, ipocrisia, e angherie che coinvolgono le comparse intorno a lui; le spie fasciste che tengono le liste e controllano la sicurezza del Duce che dovrà arrivare a Napoli di lì a qualche giorno; le mire della vedova Vezzi, amica di Edda Ciano, verso il commissario, la quale decide di dare una grande festa con la crème della città per salutare il Duce e abbordare Ricciardi. Il rapporto velenoso fra una delle dame di carità affezionata a Tettè e il genero per i soldi del marito malato. Ogni cosa è incastrata e ben orchestrata per portarci alla rivelazione finale. Bella, compassata e di sottofondo come una gradevole sonata d'accompagnamento la vera storia d'amore che si dipana per tutto il romanzo in punta di piedi; quella fra il Commissario ed Enrica, la sua dirimpettaia. Una situazione forse un po' scontata che tuttavia De Giovanni, come un piatto gustato più e più volte, sa ricucinare a modo suo; e renderlo ancora più appetitoso. Di sicuro uno dei romanzi più belli usciti quest'anno, una storia popolare e per certi versi nobile, che sa raccontare con garbo l'orrore della sopraffazione, della violenza e della vita di strada (l'ambientazione fascista a mio avviso è un dettaglio. Se fosse ambientata ai giorni nostri credo che le differenze non sarebbero così sostanziali) che ogni essere umano, se vuole, sa rendere fiabesca o infernale. L'omicidio del piccolo Tettè è solo un escamotage per far uscire fuori il peggio del peggio dall'umanità che gli ruota attorno.



di Adriano Angelini Sut


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