RECENSIONI
Jacqueline Harpman
Il piacere del crimine
Giulio Perrone Editore, Pag.191 Euro 12,00
Pignolerei (lo so, è un neologismo). Ma sulla traduzione del titolo avrei da complimentarmi con l'estensore italiano. L'originale è: Le bonheur dans le crime, preso tra l'altro da un'opera di Barbey d'Aurevilly. Tradotto: Il piacere del crimine. Si noterà la differenza e cioè che si è preferito il "del" al "nel", ma per carità, sottigliezze, d'altronde in francese la preposizione "dans" ha delle sfumature ancor più ricche, pensiamo all'espressione dans l'espoir de che diventa con la speranza di. O addirittura quando la si usa per esprimere una cifra non definita: il a dans les cinquanta ans sta per ha circa cinquant'anni.
Ma nel caso specifico il pelo nell'uovo lo cercherei. E mi pare che il semplice lettore può convenire con me, al di là della lettura del romanzo che rafforza tra l'altro la mia considerazione, che la frase "il piacere nel crimine" induce ad un'idea più partecipativa dell'atto delinquenziale (cioè del commettere il crimine), mentre "il piacere del crimine" può avere una valenza voyeuristica, cioè la soddisfazione nell'assistervi.
Che palle direte voi! Giusto, ma la precisazione andava fatta, perché nel romanzo della Harpman non vi è traccia di un'azione criminosa, ma vi è quasi una coazione a ripetere di gesti autolesionisti che al massimo potremmo definire fattacci o misfatti. Insomma, in parole povere, non si uccide, ma ci si uccide (anche se con malcelate ambiguità). Quindi, tornando a ciccia, piacere nell'assistere ad un crimine e non a commetterlo.
Ma la cura che si è avuta nel tradurre il romanzo non è l'unica sorpresa di questo libro: ve ne sono almeno altre due. La prima (anzi, la seconda): siamo di fronte ad un'autrice, forse una delle poche in Europa, ad avere appreso alla perfezione l'arte di Henry James, con un stile ed una costruzione linguistica e sintattica che lo ricorda assai (e lo cita pure, e direi molto a proposito, quando nel raccontare le gesta dei due gemelli Clément ed Emma – che si scoprirà poi legati da un affetto incestuoso – rammenta il capolavoro Il giro di vite). Stile nello stesso tempo aggraziato ed arioso, niente affatto manieristico e neppure sbrigativamente post-moderno. Insomma una garanzia, con punte di assoluta fascinazione, come nel passo in cui discetta del piacere – che a Henry James forse sarebbe stato troppo audace pretenderlo – e dice: Si segue il proprio sesso che, necessariamente, arriva sempre per primo, tranne che per gli obesi dove è lo stomaco a condurre la corsa. (Forse solo Oscar Wilde avrebbe osato altrettanto).
La seconda sorpresa (terza): il risvolto "gayo" del finale. Inaspettato ed improvviso. Persi come eravamo, nella lettura, a convincerci del piacere di chi vede morire persone indesiderate (dunque è vero: "del" e non "nel"), c'eravamo dimenticati di chi ha condotto il "plot" dall'inizio sfruttando un canovaccio classico della letteratura anche di genere: due persone apparentemente non legate tra loro, di cui una affascinata e presa dal racconto misterioso e pieno di incognite dell'altra.
Insomma Il piacere del crimine è lettura sfiziosa e a tratti sorprendente. Peccato che dell'autrice si sappia poco e che in Italia sia stata frequentata solo da Giunti, oltre che dalla presente edizione. Su Internet vi è addirittura una proposta di traduzione, legata ad una tesi di laurea, per L'Orage rompu... beh però a 'sto punto sfioriamo la pignoleria. Insomma pignoleremmo (lo so, è un neologismo).
di Alfredo Ronci
Ma nel caso specifico il pelo nell'uovo lo cercherei. E mi pare che il semplice lettore può convenire con me, al di là della lettura del romanzo che rafforza tra l'altro la mia considerazione, che la frase "il piacere nel crimine" induce ad un'idea più partecipativa dell'atto delinquenziale (cioè del commettere il crimine), mentre "il piacere del crimine" può avere una valenza voyeuristica, cioè la soddisfazione nell'assistervi.
Che palle direte voi! Giusto, ma la precisazione andava fatta, perché nel romanzo della Harpman non vi è traccia di un'azione criminosa, ma vi è quasi una coazione a ripetere di gesti autolesionisti che al massimo potremmo definire fattacci o misfatti. Insomma, in parole povere, non si uccide, ma ci si uccide (anche se con malcelate ambiguità). Quindi, tornando a ciccia, piacere nell'assistere ad un crimine e non a commetterlo.
Ma la cura che si è avuta nel tradurre il romanzo non è l'unica sorpresa di questo libro: ve ne sono almeno altre due. La prima (anzi, la seconda): siamo di fronte ad un'autrice, forse una delle poche in Europa, ad avere appreso alla perfezione l'arte di Henry James, con un stile ed una costruzione linguistica e sintattica che lo ricorda assai (e lo cita pure, e direi molto a proposito, quando nel raccontare le gesta dei due gemelli Clément ed Emma – che si scoprirà poi legati da un affetto incestuoso – rammenta il capolavoro Il giro di vite). Stile nello stesso tempo aggraziato ed arioso, niente affatto manieristico e neppure sbrigativamente post-moderno. Insomma una garanzia, con punte di assoluta fascinazione, come nel passo in cui discetta del piacere – che a Henry James forse sarebbe stato troppo audace pretenderlo – e dice: Si segue il proprio sesso che, necessariamente, arriva sempre per primo, tranne che per gli obesi dove è lo stomaco a condurre la corsa. (Forse solo Oscar Wilde avrebbe osato altrettanto).
La seconda sorpresa (terza): il risvolto "gayo" del finale. Inaspettato ed improvviso. Persi come eravamo, nella lettura, a convincerci del piacere di chi vede morire persone indesiderate (dunque è vero: "del" e non "nel"), c'eravamo dimenticati di chi ha condotto il "plot" dall'inizio sfruttando un canovaccio classico della letteratura anche di genere: due persone apparentemente non legate tra loro, di cui una affascinata e presa dal racconto misterioso e pieno di incognite dell'altra.
Insomma Il piacere del crimine è lettura sfiziosa e a tratti sorprendente. Peccato che dell'autrice si sappia poco e che in Italia sia stata frequentata solo da Giunti, oltre che dalla presente edizione. Su Internet vi è addirittura una proposta di traduzione, legata ad una tesi di laurea, per L'Orage rompu... beh però a 'sto punto sfioriamo la pignoleria. Insomma pignoleremmo (lo so, è un neologismo).
di Alfredo Ronci
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