RECENSIONI
Miranda Mellis
Il revisionista
Nutrimenti, Pag. 93 Euro 10,00
Leonardo Luccone, uno dei responsabili delle edizioni Nutrimenti (tra l'altro sono usciti i primi due titoli della sua nuova collana 'Gog), ha deciso di buttarla giù tosta: non si spiegherebbe altrimenti questo amore per i romanzi border-line, o meglio ancora, sperimentali ed inconsueti.
E' da un po' che si cimenta con Percival Everett (da molti apprezzato) al quale, nonostante si riconosca una preparazione non indifferente, a noi orchi è sembrato lezioso ed inconcludente nella sua smania d'avanguardia.
La Mellis, al suo primo romanzo, pur con le debite differenziazioni, potrebbe stargli dietro, e magari chissà, in un allungo improvviso, batterlo pure sul traguardo.
Il revisionista è materia da trattare coi guanti, anzi con robuste presine, altrimenti si rischia la scottatura: romanzo al limite della fantascienza, dell'azzardo sociologico, della (rieccola) sperimentazione linguistica e narrativa.
Si immagina un mondo prossimo al collasso (è del 2007 il libro,come a dire che la ragazza c'ha visto bene!) dove in un 'helzapoppin' di elementi devianti si scopre che c'è una guerra in atto, che si sganciano bombe atomiche (questo è un tema però, nonostante il pericolo sia sempre incombente, un pochino superato), che l'inquinamento ha raggiunto livelli insostenibilie, che i bambini sono mutanti e dove la realtà spesso è incomprensibile ed inafferrabile.
Certo ci sono indicazioni che non lasciano dubbi: l'unico posto dove si poteva sentire l'antico ritmo della Natura era il supermercato. I supermercati stavano diventando la Natura, e la Natura era diventata una trebbiatrice malandata. Al supermercato le persone si urlavano addosso e cinguettavano (Pag. 29)... ma anche qui, se uno volesse fare il pignolo a tutti i costi, l'argomentazione, proprio per la recente crisi economica e per una visione a lungo termine del cambiamento, ci sembra leggermente 'lessa'.
Ci sono sensazioni che a ben vedere colgono il segno di una frattura del nostro sentire, anche quotidiano: Aveva già percorso ventisette chilometri quando, con costernazione, si rese conto che si era dimenticato di cercare un nuovo motivo. Stava correndo sulla base di un ricordo di un'idea. (Pag. 31).
Il tutto però ci sembra forzato e un poco di 'plastica' (nonostante le illustrazioni di Derek White che, se qualcuno non mi vomitasse addosso improperi, potrei in qualche modo definirle alla maniera di un Bosch tecnologico e lisergico), quasi smaniante di apparire 'contro', ma poi alla fine artefatto e un pochino sterile.
Sarà che abbiamo sempre fatto i conti con le distopie letterarie sin dai tempi in cui le stesse sembravano già ostiche ad un pubblico meno avvezzo, ma l'operazione della Mellis non ci convince appieno. La scrittrice di San Francisco, tra l'altro non giovanissima, ha compiuto quarant'anni, non convince nemmeno nella sua teorizzazione di una nuova forma d'arte: la pensa ripetitiva come eterna ricapitolazione. Sarà pure così, ma quando una società come quella americana, oltre ad esprimere il peggio esprime anche venti di cambiamento come la probabile elezione di Obama alla presidenza degli Stati Uniti, anche l'arte deve, in quanto elemento inscindibile della realtà, adeguarsi al nuovo. E questo nuovo (speriamo poi che sia proprio così) non ci sembra accio-accio.
di Alfredo Ronci
E' da un po' che si cimenta con Percival Everett (da molti apprezzato) al quale, nonostante si riconosca una preparazione non indifferente, a noi orchi è sembrato lezioso ed inconcludente nella sua smania d'avanguardia.
La Mellis, al suo primo romanzo, pur con le debite differenziazioni, potrebbe stargli dietro, e magari chissà, in un allungo improvviso, batterlo pure sul traguardo.
Il revisionista è materia da trattare coi guanti, anzi con robuste presine, altrimenti si rischia la scottatura: romanzo al limite della fantascienza, dell'azzardo sociologico, della (rieccola) sperimentazione linguistica e narrativa.
Si immagina un mondo prossimo al collasso (è del 2007 il libro,come a dire che la ragazza c'ha visto bene!) dove in un 'helzapoppin' di elementi devianti si scopre che c'è una guerra in atto, che si sganciano bombe atomiche (questo è un tema però, nonostante il pericolo sia sempre incombente, un pochino superato), che l'inquinamento ha raggiunto livelli insostenibilie, che i bambini sono mutanti e dove la realtà spesso è incomprensibile ed inafferrabile.
Certo ci sono indicazioni che non lasciano dubbi: l'unico posto dove si poteva sentire l'antico ritmo della Natura era il supermercato. I supermercati stavano diventando la Natura, e la Natura era diventata una trebbiatrice malandata. Al supermercato le persone si urlavano addosso e cinguettavano (Pag. 29)... ma anche qui, se uno volesse fare il pignolo a tutti i costi, l'argomentazione, proprio per la recente crisi economica e per una visione a lungo termine del cambiamento, ci sembra leggermente 'lessa'.
Ci sono sensazioni che a ben vedere colgono il segno di una frattura del nostro sentire, anche quotidiano: Aveva già percorso ventisette chilometri quando, con costernazione, si rese conto che si era dimenticato di cercare un nuovo motivo. Stava correndo sulla base di un ricordo di un'idea. (Pag. 31).
Il tutto però ci sembra forzato e un poco di 'plastica' (nonostante le illustrazioni di Derek White che, se qualcuno non mi vomitasse addosso improperi, potrei in qualche modo definirle alla maniera di un Bosch tecnologico e lisergico), quasi smaniante di apparire 'contro', ma poi alla fine artefatto e un pochino sterile.
Sarà che abbiamo sempre fatto i conti con le distopie letterarie sin dai tempi in cui le stesse sembravano già ostiche ad un pubblico meno avvezzo, ma l'operazione della Mellis non ci convince appieno. La scrittrice di San Francisco, tra l'altro non giovanissima, ha compiuto quarant'anni, non convince nemmeno nella sua teorizzazione di una nuova forma d'arte: la pensa ripetitiva come eterna ricapitolazione. Sarà pure così, ma quando una società come quella americana, oltre ad esprimere il peggio esprime anche venti di cambiamento come la probabile elezione di Obama alla presidenza degli Stati Uniti, anche l'arte deve, in quanto elemento inscindibile della realtà, adeguarsi al nuovo. E questo nuovo (speriamo poi che sia proprio così) non ci sembra accio-accio.
di Alfredo Ronci
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