RECENSIONI
Patrice Salsa
Il risarcimento
Libri piccoli Voland, Pag. 119 Euro 10,00
Di tutti i ragazzini che hanno popolato il mondo di Sandro Penna ne ricordo uno in particolare, che non è in una poesia, ma in un minuscolo racconto Un giorno in campagna (lo si trova nel volumetto Garzanti Un po' di febbre – 1977 – ed onestamente non so se è ancora reperibile): Quintilio.
Ed io mi figurai Quintilio un'interessante figura, ma cattivo, aspro, ribelle, troppo sicuro di sé, brutto forse, già uomo precoce. In realtà il ragazzo è una delle figure più tenere ed indipendenti della nostra letteratura, ribelle e scavezzacollo alla stessa strega di un animale che soffra la cattività.
Lo cito innanzi tutto perché quasi dimenticato (sì è un'apparizione breve, ma lacerante nella sua essenza) – a questo si preferisce l'Agostino di Moravia e quanti altri – poi perché impronta indelebile di un mai assopito interesse (e meno male) per le tematiche infantili. Tematiche che hanno portato lo scrittore francese Patrice Salsa a raccontare una storia di pulsioni incontrollabili e di spinte emotive esacerbate.
Il risarcimento restituisce all'adolescenza la sua violenta animalità – noi che stanchi siamo delle nenie noiose e prive di qualsiasi appiglio pedagogico sull'infanzia violata – fatta di ferocia e sessualità istintiva. Dove i sentimenti buoni, e dio solo lo sa perché non dovrebbe essere così, cozzano fragorosamente con impulsi contrari, ma complementari.
Protagonista della storia è un dodicenne/quattordicenne (non ha un nome: viene chiamato bambino, ragazzo, ragazzino, figlio. E gli adulti che ha vicino sono allora "la madre del ragazzo", "la maestra del bambino", "il padre del ragazzo"), dotato intellettualmente, ben oltre la media dei suoi coetanei (ricorda in questo il pargolo di Little man tate – Il mio piccolo genio, film intenso, ma poco fortunato di Jodie Foster, regista, allora, per l'occasione), che anno dopo anno elabora una vita parallela, popolata di fantasmi, e schiacciata dall'ossessione di non avere un padre perché la madre si è separata subito dopo averlo messo al mondo.
L'assenza di una figura paterna – controbilanciata da un attaccamento viscerale alla madre – (come il desiderio di seguirla ovunque, anche in fondo al mare che Moravia segnalava a proposito di Agostino) lo "costringe" ad un rapporto con gli uomini dapprima sfuggente – ignora il maschio che si masturba in piscina e lo vuole avvicinare – ma poi risolutivo nella combinazione vittima/carnefice con l'istruttore di arti marziali che si lascia sopraffare da necessità sadomaso.
E se la riconciliazione tra madre, padre e figlio sembra esserci nel finale, con una scena adeguatamente hichcockiana che lascia presagire un delitto sotto la doccia – che mai avverrà – il risarcimento interiore può essere quantificato solo attraverso la gragnuola di colpi che il ragazzo infligge al capro espiatorio.
In qualche modo Salsa gioca sporco: vorrebbe che propendessimo per una soluzione crassa del riscatto, invece gioca di fino e ci regala una figura adolescenziale fuori dagli schemi granduignol della letteratura minore e del cinema d'effetto. E ci restituisce, in qualche modo, il mal tolto: l'adolescenza, come dicevamo prima, non viziata da pruriginose affettazioni moraliste, ma limpida nella sua impopolare veridicità.
Il risarcimento è un gioiellino: nella sua scarna essenzialità dipinge un mondo che sembra davvero crollato sotto le spinte autoritarie e censorie di una pubblica opinione sempre più lisciata dal perbenismo e dal conformismo. Tanto di cappello a questa figura di quattordicenne che vive la sua sessualità con frenetica predisposizione, pur se "intaccata" da uno spirito di rivalsa.
Lo fa come compensazione e rappresaglia, ma almeno lo fa. E Salsa ce lo racconta.
di Alfredo Ronci
Ed io mi figurai Quintilio un'interessante figura, ma cattivo, aspro, ribelle, troppo sicuro di sé, brutto forse, già uomo precoce. In realtà il ragazzo è una delle figure più tenere ed indipendenti della nostra letteratura, ribelle e scavezzacollo alla stessa strega di un animale che soffra la cattività.
Lo cito innanzi tutto perché quasi dimenticato (sì è un'apparizione breve, ma lacerante nella sua essenza) – a questo si preferisce l'Agostino di Moravia e quanti altri – poi perché impronta indelebile di un mai assopito interesse (e meno male) per le tematiche infantili. Tematiche che hanno portato lo scrittore francese Patrice Salsa a raccontare una storia di pulsioni incontrollabili e di spinte emotive esacerbate.
Il risarcimento restituisce all'adolescenza la sua violenta animalità – noi che stanchi siamo delle nenie noiose e prive di qualsiasi appiglio pedagogico sull'infanzia violata – fatta di ferocia e sessualità istintiva. Dove i sentimenti buoni, e dio solo lo sa perché non dovrebbe essere così, cozzano fragorosamente con impulsi contrari, ma complementari.
Protagonista della storia è un dodicenne/quattordicenne (non ha un nome: viene chiamato bambino, ragazzo, ragazzino, figlio. E gli adulti che ha vicino sono allora "la madre del ragazzo", "la maestra del bambino", "il padre del ragazzo"), dotato intellettualmente, ben oltre la media dei suoi coetanei (ricorda in questo il pargolo di Little man tate – Il mio piccolo genio, film intenso, ma poco fortunato di Jodie Foster, regista, allora, per l'occasione), che anno dopo anno elabora una vita parallela, popolata di fantasmi, e schiacciata dall'ossessione di non avere un padre perché la madre si è separata subito dopo averlo messo al mondo.
L'assenza di una figura paterna – controbilanciata da un attaccamento viscerale alla madre – (come il desiderio di seguirla ovunque, anche in fondo al mare che Moravia segnalava a proposito di Agostino) lo "costringe" ad un rapporto con gli uomini dapprima sfuggente – ignora il maschio che si masturba in piscina e lo vuole avvicinare – ma poi risolutivo nella combinazione vittima/carnefice con l'istruttore di arti marziali che si lascia sopraffare da necessità sadomaso.
E se la riconciliazione tra madre, padre e figlio sembra esserci nel finale, con una scena adeguatamente hichcockiana che lascia presagire un delitto sotto la doccia – che mai avverrà – il risarcimento interiore può essere quantificato solo attraverso la gragnuola di colpi che il ragazzo infligge al capro espiatorio.
In qualche modo Salsa gioca sporco: vorrebbe che propendessimo per una soluzione crassa del riscatto, invece gioca di fino e ci regala una figura adolescenziale fuori dagli schemi granduignol della letteratura minore e del cinema d'effetto. E ci restituisce, in qualche modo, il mal tolto: l'adolescenza, come dicevamo prima, non viziata da pruriginose affettazioni moraliste, ma limpida nella sua impopolare veridicità.
Il risarcimento è un gioiellino: nella sua scarna essenzialità dipinge un mondo che sembra davvero crollato sotto le spinte autoritarie e censorie di una pubblica opinione sempre più lisciata dal perbenismo e dal conformismo. Tanto di cappello a questa figura di quattordicenne che vive la sua sessualità con frenetica predisposizione, pur se "intaccata" da uno spirito di rivalsa.
Lo fa come compensazione e rappresaglia, ma almeno lo fa. E Salsa ce lo racconta.
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