RECENSIONI
Fabio Pirola
Il sesso degli angeli
Il Ponte Vecchio, Pag. 47 Euro 7,00
E' giovane, l'Autore, poco più che ventenne, e questo conforta, visto che ha ancora tanta strada da fare per rendere convincente la sua scrittura. I cinque racconti di questa raccolta promettono ma non mantengono. E' come leggere l'indice di un libro, anzi come leggere il menu di un ristorante. Viene l'acquolina in bocca, ma il piatto non arriva. Ogni racconto lascia capire qual è il tipo di suggestione che vorrebbe dare, ma il coinvolgimento non scatta. C'è tutto, potenzialmente: emozione, sentimento, riflessione, umorismo. Solo sta tutto quanto dietro un vetro, non viene trasmesso alla pelle del lettore.
Prendiamo 'Limbo'. E' evidente che l'Autore vuole rendere l'idea del senso di straniamento, di immobilità claustrofobica, di estraneità che viene suscitato da quel mondo a sé che è un grande aeroporto. E nello stesso tempo farne una metafora di una situazione esistenziale.
La stessa sensazione di dilatazione spaziale che aveva provato all'inizio ora la ritrovava applicata ai suoi sensi, come se quel posto fosse imbevuto di una forma di stregoneria moderna.
Ci sono tutti gli elementi, ma il racconto non riesce a trasmettere emozione. Riesce solo a far capire di che emozione si tratta. Che cosa gli manca per essere efficace? Forse, più che mancare, c'è troppo. Spesso i giovani commettono l'errore di usare troppe parole, di ragionare troppo, di essere troppo espliciti, di usare per un solo concetto tutti i sinonimi che conoscono (per fortuna in genere ne conoscono pochi). Serve un lungo apprendistato per arrivare a rafforzare l'efficacia lavorando per sottrazione.
La qualità dei racconti è discontinua, con qualche calo vertiginoso.
La disperazione era chiara, nel vedersi sfuggire quel treno tra le mani; e quelle stesse mani che dietro un assurdo dettato dell'inconscio, osavano tentare un approccio erano subito fermate dalla ragione, il buon senso dell'uomo tecnologico che nemmeno il più devastante dei singulti di dolore poteva scalfire o menomare.(...) Un punto che non si poteva abbracciare con gli occhi e nemmeno con le mani corpulente della signora, che lei agitava in aria come se davvero sperasse di essere udita dall'insensibile mostro di ferro e carbone che ingoiava i binari.
Questo brano, citato dal racconto 'Erasmus', è in assoluto il momento peggiore dell'intero libro: un coacervo di retorica, cerebralismo di bassa lega, vieti luoghi comuni (il mostro di ferro e carbone è anche un po' datato, visto che ormai si usano treni elettrici!) improprietà di linguaggio, e via dicendo. Per fortuna non è tutto così, e per esempio 'Il sesso degli angeli' recupera un po' di credibilità per merito di un (modico) senso dell'umorismo.
Come dicevo, per fortuna il ragazzo è giovane, e può fare ancora tanta strada.
di Giovanna Repetto
Prendiamo 'Limbo'. E' evidente che l'Autore vuole rendere l'idea del senso di straniamento, di immobilità claustrofobica, di estraneità che viene suscitato da quel mondo a sé che è un grande aeroporto. E nello stesso tempo farne una metafora di una situazione esistenziale.
La stessa sensazione di dilatazione spaziale che aveva provato all'inizio ora la ritrovava applicata ai suoi sensi, come se quel posto fosse imbevuto di una forma di stregoneria moderna.
Ci sono tutti gli elementi, ma il racconto non riesce a trasmettere emozione. Riesce solo a far capire di che emozione si tratta. Che cosa gli manca per essere efficace? Forse, più che mancare, c'è troppo. Spesso i giovani commettono l'errore di usare troppe parole, di ragionare troppo, di essere troppo espliciti, di usare per un solo concetto tutti i sinonimi che conoscono (per fortuna in genere ne conoscono pochi). Serve un lungo apprendistato per arrivare a rafforzare l'efficacia lavorando per sottrazione.
La qualità dei racconti è discontinua, con qualche calo vertiginoso.
La disperazione era chiara, nel vedersi sfuggire quel treno tra le mani; e quelle stesse mani che dietro un assurdo dettato dell'inconscio, osavano tentare un approccio erano subito fermate dalla ragione, il buon senso dell'uomo tecnologico che nemmeno il più devastante dei singulti di dolore poteva scalfire o menomare.(...) Un punto che non si poteva abbracciare con gli occhi e nemmeno con le mani corpulente della signora, che lei agitava in aria come se davvero sperasse di essere udita dall'insensibile mostro di ferro e carbone che ingoiava i binari.
Questo brano, citato dal racconto 'Erasmus', è in assoluto il momento peggiore dell'intero libro: un coacervo di retorica, cerebralismo di bassa lega, vieti luoghi comuni (il mostro di ferro e carbone è anche un po' datato, visto che ormai si usano treni elettrici!) improprietà di linguaggio, e via dicendo. Per fortuna non è tutto così, e per esempio 'Il sesso degli angeli' recupera un po' di credibilità per merito di un (modico) senso dell'umorismo.
Come dicevo, per fortuna il ragazzo è giovane, e può fare ancora tanta strada.
di Giovanna Repetto
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