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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Serge Quadruppani

In fondo agli occhi del gatto

Marsilio, Pag. 189 Euro 13,00
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Noi terrorizziamo e sterminiamo quelli la cui attività, la cui sola esistenza a volte, rischia di inceppare i delicati ingranaggi della macchina che produce le immense ricchezze e gli enormi saccheggi sui quali è costruita la nostra civiltà planetaria, con i suoi parlamenti e i suoi giornali d'opinione, i suoi tribunali internazionali e i suoi diritti dell'uomo. (pag.131).

Di questo libro la terza di copertina parla "del fascino di una forza più che mai al centro della nostra storia: la crudeltà." Se fosse solo così non si distinguerebbe dal mare monstrum della produzione poliziesca. No, Il romanzo di Quadruppani (mi correggano gli esperti se sbaglio, ma credo che questo sia il terzo noir del francese ad essere tradotto in Italia, i primi due per gli Oscar Mondadori, più qualche raccontino sparso qua e la in varie antologie) è altra cosa. E' quella che ormai noi indichiamo come una delle vie possibili, se non l'unica, per far sì che la materia delittuosa non diventi soltanto merce-prodotto da supermercato: l'aggancio alla realtà e spesso la sua interpretazione.

A Michel, cinquantenne disoccupato e sognatore, ammazzano il miglior amico e la gatta a cui è legatissimo. E mentre degli sbirri tentano di farlo fuori, altri s'impegnano a salvargli la vita perché sanno che è stato trascinato in un ingranaggio pericoloso. Il destino lo porterà ad incontrare Emile, l'altra "faccia" del romanzo, reduce di guerre sporche e segrete ed intrallazzatore sanguinario.

Perché si diceva altra cosa rispetto agli standard internazionali del noir? Perchè qui s'indaga nel torbido, in quel "corpo" politico che spesso e volentieri mostra il lato peggiore.

Quadruppani, per motivi che ignoriamo, sa molte cose sull'Italia (oltre ad essere traduttore in Francia di scrittori italiani, spesso risiede nella terra che bella e uguale non ce n'è) e le riversa in questo libro con le ambiguità e la duplice facciata che è tratto distinguibile della nostra storia ultima. Ci introduce alla "tecnica siciliana", sorta di paravento usato dal potere per contrapporre ad un'indagine scomoda una di copertura meno invadente tale da offuscare la prima (è quello che solitamente fa la stampa di regime quando per coprire le magagne della politica e del potere economico s'inventa il cigno colpito dall'aviaria nell'isola di Tonga) e a riguardo cita il processo di un famoso primo ministro italiano (leggi: Andreotti, ma nome curiosamente "censurato" dal Quadruppani) che di fronte alla possibilità di connivenza con la mafia gli si contesta un bacio ad un picciotto. O la stessa struttura cospiratrice alla quale appartiene l'Emile e che a noi italiani fa venire in mente organismi non proprio costituzionali.

Insomma, il noir di Quadruppani è politico, lo era Romanzo Criminale di De Cataldo, assurto ormai a punto di riferimento di un'intera genìa di scrittori in erba, lo è Confine di Stato di Simone Sarasso (peraltro anch'esso Marsilio e da noi ampiamente trattato) e lo era, pur se "confuso" con le istanze autobiografiche dell'autore, il romanzo d'esordio di Carlotto Il fuggiasco (ma se vogliamo tutta la produzione carlottiana merita attenzione per la sintesi intelligente tra finzione e realtà).

Per dire che il noir tende sempre più ad assomigliare al vecchio giornalismo di cronaca: è un caso che Lucarelli ora faccia l'intrattenitore di programmi sui misteri d'Italia? (a me hanno sempre annoiato i suoi romanzi e in tv non è che mi tenga molto sveglio... ma queste son cose strettamente personali). E che se vuole sopravvivere ad una mercificazione ossessiva, a tratti anche bizzarra del prodotto (l'ultima è del Giallo Mondadori: ha lanciato una nuova collana dove è impossibile trovare traccia dell'autore se non nel nome e cognome della copertina) deve contare su una robusta, specifica, conoscenza della materia, non più solo dei meccanismi. Altrimenti ritorniamo ad Agatha Christie e ai suoi epigoni, che sono tanti, anche brillanti ... ma... buona notte al secchio.



di Eleonora del Poggio


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