RECENSIONI
Alessandro Pera
In tempo di guerra
Luigi Lorusso editore, Pag.186 Euro 11,00
Davanti a una raccolta di racconti non posso fare a meno di cominciare con i complimenti al coraggio dell’Editore: oggi in Italia è difficile e meritorio sostenere questa forma letteraria così poco considerata, benché sia importante e insostituibile.
Eterogenei per argomento, i nove racconti presentano comuni caratteristiche nell’approccio stilistico. Un apparente iperrealismo, che sembra focalizzato sui dettagli più semplici e quotidiani, costruisce sotto traccia una finissima trama di variazioni emotive, di dettagli relazionali, di percorsi riflessivi che costituiscono alla fine il vero oggetto delle storie.
Esemplare, in questo senso, è ‘Notte Rock’ che presenta la realtà di un concerto da un’insolita angolazione. Protagonisti sono i ragazzi addetti alle pulizie chiamati a rimettere ordine nel prato dopo l’evento. Tutto lo scenario si rianima in quel momento irreale che precede l’alba, nel movimento di diverse squadre in azione, fra operai che smontano e spazzini che ramazzano. Quasi un secondo concerto, di fantasmi, da Notte sul Monte Calvo!
Quando finalmente si sono schierati, brandendo gli strumenti, le scope, gli aspirapolvere, le palette e il resto, si accorgono che anche gli altri sono pronti: i più efficienti sono gli inglesi, gli addetti al palco (…) Sugli spalti invece le ragazze della Rapidissima esitano ancora un po’, ma si sono già dislocate sull’anello più alto (…) Anche i manovali della ditta di facchinaggio, tutti polacchi, hanno fatto le loro incomprensibili valutazioni e organizzato il primo viaggio. Il gruppo del campo è il più ristretto (…) Marco percepisce l’improba fatica che li attende…
L’elemento corale, che nei racconti di Pera è sempre presente e inquadrato nell’ottica di un’attenta osservazione sociologica, coesiste con l’infinitamente piccolo.
Quando il soffio di quelle strane macchine, che sembrano aspirapolvere al contrario, solleva gli accumuli naturali e conferisce questa leggera vacuità a tutta la materia, in quell’istante, in quel breve volo, in cui ogni pezzetto sembra scoprire nell’aria una sua vita individuale, la suprema casualità e opacità della spazzatura appare a Marco un’epifania privata e miracolosa.
Non tutti i racconti sono altrettanto convincenti. ‘L’uomo che guardava la televisione’ è per esempio piuttosto scontato, perché di scritti riguardanti l’alienazione indotta dai media sono piene le biblioteche, e questo non mi sembra aggiungere nulla. Interessante invece è il racconto, piuttosto lungo, che dà il titolo alla raccolta. Situato in un luogo di fantasia ma molto familiare, ambientato in una guerra civile non specificata ma molto realistica, riesce a mantenere per tutto il tempo alta la tensione del lettore allertandolo sul doppio interrogativo: se il protagonista sia destinato ad arrivare sano e salvo nella parte proibita della città, protetta con le armi, e che cosa possa scoprire, nel caso ci arrivasse, sul conto della sua Bella da cui ha ricevuto segnali contrastanti.
Sul filo del grottesco si articola il ‘Racconto di Natale’, che per fortuna sovverte tutti i canoni del buonismo natalizio, strappando al lettore un amaro sorriso. Mentre ‘L’ultima cosa’ è un capolavoro di delicatezza nel trattare la fase finale della vita di un uomo. Senza patetismi, ma con straziante verità, mette a nudo l’impotenza con cui è destinato a scontrarsi il desiderio di coronare la vita con qualcosa di importante e di speciale che le dia, almeno all’ultimo, un senso.
Un’ultima cosa, decisa, voluta, sensata, voleva ancora farla. Non per riscattare il passato, le incertezze, il tempo perduto, gli errori; solo per l’oggi, finalmente, per riempire questi pochi giorni…
La forza dell’Autore non sta tanto nella capacità di centrare i punti nevralgici - non è difficile, in fondo – quanto nel suo approccio discreto, senza enfasi ma proprio per questo efficace. Al punto che, quando senti il dolore, la ferita ti è già stata inferta, di soppiatto, aggirando le difese.
di Giovanna Repetto
Eterogenei per argomento, i nove racconti presentano comuni caratteristiche nell’approccio stilistico. Un apparente iperrealismo, che sembra focalizzato sui dettagli più semplici e quotidiani, costruisce sotto traccia una finissima trama di variazioni emotive, di dettagli relazionali, di percorsi riflessivi che costituiscono alla fine il vero oggetto delle storie.
Esemplare, in questo senso, è ‘Notte Rock’ che presenta la realtà di un concerto da un’insolita angolazione. Protagonisti sono i ragazzi addetti alle pulizie chiamati a rimettere ordine nel prato dopo l’evento. Tutto lo scenario si rianima in quel momento irreale che precede l’alba, nel movimento di diverse squadre in azione, fra operai che smontano e spazzini che ramazzano. Quasi un secondo concerto, di fantasmi, da Notte sul Monte Calvo!
Quando finalmente si sono schierati, brandendo gli strumenti, le scope, gli aspirapolvere, le palette e il resto, si accorgono che anche gli altri sono pronti: i più efficienti sono gli inglesi, gli addetti al palco (…) Sugli spalti invece le ragazze della Rapidissima esitano ancora un po’, ma si sono già dislocate sull’anello più alto (…) Anche i manovali della ditta di facchinaggio, tutti polacchi, hanno fatto le loro incomprensibili valutazioni e organizzato il primo viaggio. Il gruppo del campo è il più ristretto (…) Marco percepisce l’improba fatica che li attende…
L’elemento corale, che nei racconti di Pera è sempre presente e inquadrato nell’ottica di un’attenta osservazione sociologica, coesiste con l’infinitamente piccolo.
Quando il soffio di quelle strane macchine, che sembrano aspirapolvere al contrario, solleva gli accumuli naturali e conferisce questa leggera vacuità a tutta la materia, in quell’istante, in quel breve volo, in cui ogni pezzetto sembra scoprire nell’aria una sua vita individuale, la suprema casualità e opacità della spazzatura appare a Marco un’epifania privata e miracolosa.
Non tutti i racconti sono altrettanto convincenti. ‘L’uomo che guardava la televisione’ è per esempio piuttosto scontato, perché di scritti riguardanti l’alienazione indotta dai media sono piene le biblioteche, e questo non mi sembra aggiungere nulla. Interessante invece è il racconto, piuttosto lungo, che dà il titolo alla raccolta. Situato in un luogo di fantasia ma molto familiare, ambientato in una guerra civile non specificata ma molto realistica, riesce a mantenere per tutto il tempo alta la tensione del lettore allertandolo sul doppio interrogativo: se il protagonista sia destinato ad arrivare sano e salvo nella parte proibita della città, protetta con le armi, e che cosa possa scoprire, nel caso ci arrivasse, sul conto della sua Bella da cui ha ricevuto segnali contrastanti.
Sul filo del grottesco si articola il ‘Racconto di Natale’, che per fortuna sovverte tutti i canoni del buonismo natalizio, strappando al lettore un amaro sorriso. Mentre ‘L’ultima cosa’ è un capolavoro di delicatezza nel trattare la fase finale della vita di un uomo. Senza patetismi, ma con straziante verità, mette a nudo l’impotenza con cui è destinato a scontrarsi il desiderio di coronare la vita con qualcosa di importante e di speciale che le dia, almeno all’ultimo, un senso.
Un’ultima cosa, decisa, voluta, sensata, voleva ancora farla. Non per riscattare il passato, le incertezze, il tempo perduto, gli errori; solo per l’oggi, finalmente, per riempire questi pochi giorni…
La forza dell’Autore non sta tanto nella capacità di centrare i punti nevralgici - non è difficile, in fondo – quanto nel suo approccio discreto, senza enfasi ma proprio per questo efficace. Al punto che, quando senti il dolore, la ferita ti è già stata inferta, di soppiatto, aggirando le difese.
di Giovanna Repetto
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