CLASSICI
Alfredo Ronci
Iniziò come romanziere: “Costazzurra” di Mario Gromo.
Scrissi tempo fa su Mario Gromo, sempre sul Paradiso: Scrittore per certi versi inusuale, Mario Gromo, non tanto per le sue idee, quanto per la sua capacità di tentare la strada della letteratura attraverso azioni non comuni: avete mai sentito di un narratore che pur capace di raccontare preferisce il racconto degli altri e quindi da possibile romanziere di successo diventa editore di altri?
Questo era un passo riferito ad un altro romanzo di Gromo, esattamente I bugiardi, ma le cose, nel discorso generale, non cambiano, nemmeno quando si parla di Costazzurra, suo esordio letterario che, a detta di molti, rappresenta la sua storia più convincente e riuscita.
Uscito nel 1926 fu il tentativo d tracciare nuovi percorsi nella nostra letteratura, piagata, se mi si può passare il termine, da un dannunzianesimo sempre più presente e nello stesso tempo da diramazioni altre dei futuristi.
Nello stesso tempo uscirono anche altri romanzi d’esordio, come per esempio Amedeo e altri racconti, di Giacomo Debenedetti, a testimonianza di una ricerca di nuovi elementi di novità e di trasparenza (il primo tentativo italiano di una introspezione che raggiunga un’alta sostenutezza lirica contemporanea con un’aderente verità psicologica... si diceva ai suoi tempi).
Costazzura non è, come invece si è cercato d’intendere da più parti, un romanzo generazionale. A me sembra che ci sia poco di generazionale in un contesto che, tenuto conto anche della nostra contemporaneità, vede la storia di un uomo che, in preda anche a visioni del passato, se ne va in vacanza e si trova all’improvviso a fare i conti con la propria umanità e con i propri desideri perché incontra una sua vecchia fiamma. Più che generazionale mi sembra una vicenda alquanto scontata e persa nel tempo.
Quello che non è scontato sono le reazioni della donna (molto al di là di certe pretese conservatrici) e soprattutto lo stile ricercato, ma lontano da scuole imposte, dello stesso Gromo. Che però lascia intravedere qualche rimasuglio futurista.
Dolce idioma contratto, placido nella sua placida cadenza, mai rinuncia a parlarti il subalpino: allora pare d’un tratto che non ci si sia mossi da una dritta via mediocre che sarebbe senza patria senza la dolcezza dei colli o il coro delle Alpi- e Porta Nuova aggrotta il suo arco sul giardinetto simmetrico.
Al pomeriggio ho ancora nell’orecchio quell “Arvedse cit” fingendo, a un crocicchio, di leggere qualcosa dell’Enclaireur, finché Liana appare e la risento ben mia quando, chinandosi per entrare nel taxi, è per un attimo come imprigionata dal mio sguardo di desiderio e dall’arco del mio braccio che trattiene lo sportello.
La fuga in Costa Azzurra al centro del romanzo è nel segno della ricerca di due passioni che costituiranno le esperienze centrali della vita dell’autore: la vocazione alla scrittura e il legame col cinema, a cominciare dalla bella amica Liana “biondina torinese”, interprete di film e promessa del cinema muto che in quella stagione sta lasciando il posto al sonoro.
E proprio l’avvento del sonoro costituirà anche una specie di lascito, in tutti i sensi, della donna nei confronti dell’uomo.
Come abbiamo detto, Costazzurra uscirà nel 1926. Ma naturalmente la sua formazione si formerà negli anni precedenti, soprattutto dal 1924 in poi. In questo periodo Gromo fece la conoscenza con alcune grosse personalità del periodo, da Piero Gobetti a Sergio Solmi e al già citato Giacomo Debenedetti. E proprio a Piero Gobetti che Gromo dedicò l’intera sua prima opera narrativa. Come segno di rispetto e di fiducia reciproca.
Negli anni passati si è parlato molto dei rapporti che Gromo aveva col regime fascista. Lo stesso, per esempio, ottenne il premio Fiera Letteraria, ma i continui e sistematici scontri, anche di carattere politico con i fratelli Buratti, lo indussero a sciogliere la casa editrice.
Nel corso del tempo Gromo è diventato un punto di riferimento nel panorama della critica cinematografica, ma per i più appassionati e i più audaci lettori di romanzi, rimane l’autore di due storie fondamentali, Costazzurra appunto e I bugiardi del 1930.
L’edizione da noi considerata è:
Mario Gromo
Costazzurra
Edizioni di Storia e letteratura
Questo era un passo riferito ad un altro romanzo di Gromo, esattamente I bugiardi, ma le cose, nel discorso generale, non cambiano, nemmeno quando si parla di Costazzurra, suo esordio letterario che, a detta di molti, rappresenta la sua storia più convincente e riuscita.
Uscito nel 1926 fu il tentativo d tracciare nuovi percorsi nella nostra letteratura, piagata, se mi si può passare il termine, da un dannunzianesimo sempre più presente e nello stesso tempo da diramazioni altre dei futuristi.
Nello stesso tempo uscirono anche altri romanzi d’esordio, come per esempio Amedeo e altri racconti, di Giacomo Debenedetti, a testimonianza di una ricerca di nuovi elementi di novità e di trasparenza (il primo tentativo italiano di una introspezione che raggiunga un’alta sostenutezza lirica contemporanea con un’aderente verità psicologica... si diceva ai suoi tempi).
Costazzura non è, come invece si è cercato d’intendere da più parti, un romanzo generazionale. A me sembra che ci sia poco di generazionale in un contesto che, tenuto conto anche della nostra contemporaneità, vede la storia di un uomo che, in preda anche a visioni del passato, se ne va in vacanza e si trova all’improvviso a fare i conti con la propria umanità e con i propri desideri perché incontra una sua vecchia fiamma. Più che generazionale mi sembra una vicenda alquanto scontata e persa nel tempo.
Quello che non è scontato sono le reazioni della donna (molto al di là di certe pretese conservatrici) e soprattutto lo stile ricercato, ma lontano da scuole imposte, dello stesso Gromo. Che però lascia intravedere qualche rimasuglio futurista.
Dolce idioma contratto, placido nella sua placida cadenza, mai rinuncia a parlarti il subalpino: allora pare d’un tratto che non ci si sia mossi da una dritta via mediocre che sarebbe senza patria senza la dolcezza dei colli o il coro delle Alpi- e Porta Nuova aggrotta il suo arco sul giardinetto simmetrico.
Al pomeriggio ho ancora nell’orecchio quell “Arvedse cit” fingendo, a un crocicchio, di leggere qualcosa dell’Enclaireur, finché Liana appare e la risento ben mia quando, chinandosi per entrare nel taxi, è per un attimo come imprigionata dal mio sguardo di desiderio e dall’arco del mio braccio che trattiene lo sportello.
La fuga in Costa Azzurra al centro del romanzo è nel segno della ricerca di due passioni che costituiranno le esperienze centrali della vita dell’autore: la vocazione alla scrittura e il legame col cinema, a cominciare dalla bella amica Liana “biondina torinese”, interprete di film e promessa del cinema muto che in quella stagione sta lasciando il posto al sonoro.
E proprio l’avvento del sonoro costituirà anche una specie di lascito, in tutti i sensi, della donna nei confronti dell’uomo.
Come abbiamo detto, Costazzurra uscirà nel 1926. Ma naturalmente la sua formazione si formerà negli anni precedenti, soprattutto dal 1924 in poi. In questo periodo Gromo fece la conoscenza con alcune grosse personalità del periodo, da Piero Gobetti a Sergio Solmi e al già citato Giacomo Debenedetti. E proprio a Piero Gobetti che Gromo dedicò l’intera sua prima opera narrativa. Come segno di rispetto e di fiducia reciproca.
Negli anni passati si è parlato molto dei rapporti che Gromo aveva col regime fascista. Lo stesso, per esempio, ottenne il premio Fiera Letteraria, ma i continui e sistematici scontri, anche di carattere politico con i fratelli Buratti, lo indussero a sciogliere la casa editrice.
Nel corso del tempo Gromo è diventato un punto di riferimento nel panorama della critica cinematografica, ma per i più appassionati e i più audaci lettori di romanzi, rimane l’autore di due storie fondamentali, Costazzurra appunto e I bugiardi del 1930.
L’edizione da noi considerata è:
Mario Gromo
Costazzurra
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