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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Roberta Bergamaschi

Istruzioni per il disegnatore

Mobydick, Pag. 78 Euro 9,00
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Certamente questo romanzo ha il pregio dell'originalità, con il suo taglio particolare. Anziché plasmare fatti e personaggi in un ambito tridimensionale, utilizza piani bidimensionali sovrapposti, che slittando continuamente l'uno sull'altro cercano di dare infine l'intero spessore delle immagini. Avete presente le sculture di Ceroli? Be', qualcosa del genere. Dico che cercano di dare spessore, perché mi pare che l'operazione non sia completamente riuscita.

L'ambiente è quello di una redazione in cui si producono libri didattici, ma è anche quello di una memoria tramandata dal tempo di guerra, e infine, e questo è il bello, è l'ambiente dei personaggi disegnati nel libro di francese. La narrazione al presente facilita l'intercambiarsi dei piani di lettura.

Protagonisti assoluti Margherite e Moustache. Lui è il direttore della casa editrice: Baffi grigi, incarnato pallido, occhi ingabbiati da una sottile montatura metallica. Lei è la redattrice dei testi di francese per la scuola: Alta, biondissima, all'apparenza sicura di sé, ha il piglio di un'amazzone. Tutto il resto, tutti gli altri, sono figure di carta, immagini, specchi di specchi. Nonostante le apparenze di tranquilla routine, i due protagonisti sono esseri tormentati, braccati da un amore possibile ma altamente improbabile, ognuno chiuso in una corazza che anziché difendere imprigiona.

Moustache è in guerra col mondo. (...) E per lenire il dolore che lo consuma si risolve a vagare in cerca di qualcuno tanto ingenuo da credere alla sua guerra, un avversario pronto a farsi coinvolgere in un combattimento corpo a corpo. Un essere umano che entri a pieno titolo nella sua scenografia e dia voce al silenzio, alla nostalgia del presente.

Non da meno è il tormento di Marguerite: Marguerite si sente lacerata e sola: affiorano alla coscienza ricordi di ricordi, la storia di sua madre scorre con la fluidità di un racconto. Marguerite vuole affidare alle parole il compito di proteggerla, vuole salvarsi aggrappandosi alla memoria...

Che cosa può venir fuori dall'incontro di due anime così lacerate? Il destino è legato a un delicato equilibrio. Parole e silenzi si alternano in un'atmosfera rarefatta, i personaggi reali si sovrappongono ai personaggi disegnati nei libri svelando sfumature nascoste, gli unici ricordi possibili sono mediati dai ricordi altrui, i sentimenti sfuggono fra le dita e fra le pagine fitte di ingannevoli parole. Insomma, alla fine perfino il lettore è un po' disorientato, e rischia di rimanere incagliato tra fondali di carta mentre insegue i personaggi per tastarne la consistenza e sentire se sono veri o finti. E' tutto troppo diafano per coinvolgere davvero. Senza contare l'aire troppo retorico, o volutamente "letterario" di certe tirate.

... nel silenzio dei diritti negati, affogata nel mare dei ricordi e delle impossibili pretese, pare aver fine una storia d'amore lunga una vita e che pure non ha avuto inizio. Nel silenzio di chi non dà e di chi non chiede, nel dolore profondo di chi ha sentito parole note da sempre e da sempre incomprensibili e di chi, in nome di se stesso, non sapeva cos'altro dire.

Peccato perché se l'Autrice avesse provveduto a rimpolpare lo spessore dei personaggi ancorandoli almeno con il filo degli aquiloni, anziché farli svolazzare come le figurine di Chagall nel turbine delle parole, se li avesse dotati di una più umana lentezza anziché farceli sfogliare in un nevrotico frullar di pagine, allora forse, dico forse, questo romanzo avrebbe potuto diventare un piccolo gioiello.

di Giovanna Repetto


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