RECENSIONI
Alessandro Golinelli
L'amore semplicemente
Frassinelli, Pag. 215 Euro 14,50
Posso dire che la copertina è orrenda? E che forse, ma dico forse, perché poi non vorrei essere frainteso, è anticipatrice di qualche cosa che non va?
Vediamo: L'amore semplicemente, del ritrovato Golinelli (ritrovato nel senso che era un po' che non se ne avevano notizie, almeno per chi non bazzica salotti, studi televisivi o radiofonici) è alla fin fine una sorta di fiaba, con risvolti tragici.
Non sembri questo un'azzardo ma credo che ogni fiaba (poi chiederò conferma alla nostra orchessa Giovanna, esperta in tal senso) debba fare i conti, al di là del lieto fine, con una visione tragica e malefica della realtà.
Questo romanzo è appunto una fiaba, ma manca la conclusione gioiosa e appagante, perché parlando di guerra – della seconda poi, con tutto il dramma che si porta dietro – è molto facile che ci si debba scontrare con un destino avverso e con l'impossibilità di trovare una sistemazione 'logica' alle cose (ma è davvero così per tutti i conflitti, vecchi e nuovi).
Anna, una ragazza spensierata e che abita a poca distanza da un campo di prigionia, incontra per caso lo sguardo di un soldato russo, Il'ja, prigioniero dei nazisti e subito s'infatua.
Pur sapendo dei rischi che corre e che fa correre al ragazzo, che solo per ricambiare un'attenzione potrebbe essere immediatamente fucilato, fa di tutto per ritrovarlo nel tentativo di trasmettergli la passione che l'ha coinvolta.
Ci riuscirà, sarà addirittura ricambiata nella mimica facciale e in un rapidissimo scambio di mani, ma sarà costretta a subire le conseguenze di una guerra insensata e di una politica, quella nazista, ormai votata all'autodistruzione: Il'ja ovviamente morirà.
Tutto qua il romanzo: non c'è altro.
Ma quando dico che non c'è altro vorrei che mi si capisse. Non c'è altro perché manca, nella pur banalità dell'intreccio, tensione narrativa e introspezione psicologica. Sembra questo, di Golinelli, un tentativo quasi personale di fare i conti col senso civico delle cose e del mondo. Ma se fosse così sarebbe bastato parlar delle impossibilità contemporanee di dialogare, anch'esse tragiche, senza scomodare il nazismo, la sua follia e un amore impossibile. Senza scomodare la guerra o i conflitti in genere. C'è una tale conflittualità oggidì che pescar nel torbido è talmente facile come trovar mignotte nella politica.
Il senso ultimo del mio discorso è che non riesco a comprendere operazioni di siffatto genere e non riesco a confrontarmi con materia talmente sviscerata in precedenza e pure attraverso esperienze personali di altri, che una storia di pura finzione di un autore lontano da luoghi e tempi che racconta mi sembra francamente una piccolezza. Piccolezza non etica, ma davvero narrativa. E non so darmene una ragione.
di Alfredo Ronci
Vediamo: L'amore semplicemente, del ritrovato Golinelli (ritrovato nel senso che era un po' che non se ne avevano notizie, almeno per chi non bazzica salotti, studi televisivi o radiofonici) è alla fin fine una sorta di fiaba, con risvolti tragici.
Non sembri questo un'azzardo ma credo che ogni fiaba (poi chiederò conferma alla nostra orchessa Giovanna, esperta in tal senso) debba fare i conti, al di là del lieto fine, con una visione tragica e malefica della realtà.
Questo romanzo è appunto una fiaba, ma manca la conclusione gioiosa e appagante, perché parlando di guerra – della seconda poi, con tutto il dramma che si porta dietro – è molto facile che ci si debba scontrare con un destino avverso e con l'impossibilità di trovare una sistemazione 'logica' alle cose (ma è davvero così per tutti i conflitti, vecchi e nuovi).
Anna, una ragazza spensierata e che abita a poca distanza da un campo di prigionia, incontra per caso lo sguardo di un soldato russo, Il'ja, prigioniero dei nazisti e subito s'infatua.
Pur sapendo dei rischi che corre e che fa correre al ragazzo, che solo per ricambiare un'attenzione potrebbe essere immediatamente fucilato, fa di tutto per ritrovarlo nel tentativo di trasmettergli la passione che l'ha coinvolta.
Ci riuscirà, sarà addirittura ricambiata nella mimica facciale e in un rapidissimo scambio di mani, ma sarà costretta a subire le conseguenze di una guerra insensata e di una politica, quella nazista, ormai votata all'autodistruzione: Il'ja ovviamente morirà.
Tutto qua il romanzo: non c'è altro.
Ma quando dico che non c'è altro vorrei che mi si capisse. Non c'è altro perché manca, nella pur banalità dell'intreccio, tensione narrativa e introspezione psicologica. Sembra questo, di Golinelli, un tentativo quasi personale di fare i conti col senso civico delle cose e del mondo. Ma se fosse così sarebbe bastato parlar delle impossibilità contemporanee di dialogare, anch'esse tragiche, senza scomodare il nazismo, la sua follia e un amore impossibile. Senza scomodare la guerra o i conflitti in genere. C'è una tale conflittualità oggidì che pescar nel torbido è talmente facile come trovar mignotte nella politica.
Il senso ultimo del mio discorso è che non riesco a comprendere operazioni di siffatto genere e non riesco a confrontarmi con materia talmente sviscerata in precedenza e pure attraverso esperienze personali di altri, che una storia di pura finzione di un autore lontano da luoghi e tempi che racconta mi sembra francamente una piccolezza. Piccolezza non etica, ma davvero narrativa. E non so darmene una ragione.
di Alfredo Ronci
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