RECENSIONI
John Burnside
L’estate degli annegamenti.
Neri Pozza, Traduzione di Massimo Ortelio , Pag. 286 Euro 18,00
Iniziamo così: L’estate degli annegamenti è libro controverso, che ha sollecitato discussioni all’interno di molti gruppi di lettura. Non è poco, no?
Prime cinquanta pagine maestrali. Liv vive sull’isola Kvaloya, il luogo dentro il circolo polare artico che la madre, pittrice di un certo successo, ha scelto come rifugio per poter dipingere in pace. Ci torneremo. La loro casa dà su sul fiordo di Malagen dove non c’è nulla se non la natura e l’unico suo amico è il vecchio Kyrre, quello che lei chiama il “custode delle storie”. Quali storie? Soprattutto quelle attinte dalle tradizioni popolari del luogo che ha come figura centrale la huldra, figura di donna bellissima che sbuca da sotto terra vestita di rosso e che è fatale per gli sventurati che la incontrano. Insomma fin dall’apertura ci rendiamo conto che L’estate degli annegamenti, ultimo libro dello scrittore scozzese John Burnside, è una storia che fonde la realtà e l’immaginario trasformando i due estremi in uno spazio alternativo dove il lettore quasi si perde.
È in questa ambientazione nordica (i fiordi, il sole di mezzanotte) che a poca distanza l’uno dall’altro i due fratelli Sigfridson annegano. La cosa strana è che entrambi sono stati visti poco prima della loro morte con Maia, una strana ragazza cupa che incute molta soggezione. Dopo poco tocca a un’altro ragazzo. È in questa atmosfera cupa ma tutto sommato distaccata, che Liv vive in un modo quasi assente i suoi diciotto anni, con poche amicizie e parlando solo con Kyrre. Proprio l’assenza, la rinuncia, sembra essere il nodo centrale del libro. La rinuncia, o meglio il “dono della rinuncia” dice Liv riferendosi a sua madre Angelika, con la quale ha un rapporto freddo. Diventare una nullità, togliersi di mezzo: forse è questa la forma d’arte suprema che la madre di Liv va cercando. La sua scelta di vivere in quel posto dimenticato (e immaginiamo bellissimo) ne è un chiaro esempio.
Ve l’avevamo detto, no? Romanzo controverso. Qualcuno ha affermato che il soggetto del libro non è tanto il mistero che avvolge le strane morti iniziali, ma Liv stessa, la protagonista narrante. Effettivamente, senza anticiparvi nulla, ci rendiamo conto che la ragazza è una “lente” distorta, attraverso la quale riusciamo a vedere una storia affascinante e terribile al tempo stesso.
Da leggere, ma non entusiasmante.
di Marco Minicangeli
Prime cinquanta pagine maestrali. Liv vive sull’isola Kvaloya, il luogo dentro il circolo polare artico che la madre, pittrice di un certo successo, ha scelto come rifugio per poter dipingere in pace. Ci torneremo. La loro casa dà su sul fiordo di Malagen dove non c’è nulla se non la natura e l’unico suo amico è il vecchio Kyrre, quello che lei chiama il “custode delle storie”. Quali storie? Soprattutto quelle attinte dalle tradizioni popolari del luogo che ha come figura centrale la huldra, figura di donna bellissima che sbuca da sotto terra vestita di rosso e che è fatale per gli sventurati che la incontrano. Insomma fin dall’apertura ci rendiamo conto che L’estate degli annegamenti, ultimo libro dello scrittore scozzese John Burnside, è una storia che fonde la realtà e l’immaginario trasformando i due estremi in uno spazio alternativo dove il lettore quasi si perde.
È in questa ambientazione nordica (i fiordi, il sole di mezzanotte) che a poca distanza l’uno dall’altro i due fratelli Sigfridson annegano. La cosa strana è che entrambi sono stati visti poco prima della loro morte con Maia, una strana ragazza cupa che incute molta soggezione. Dopo poco tocca a un’altro ragazzo. È in questa atmosfera cupa ma tutto sommato distaccata, che Liv vive in un modo quasi assente i suoi diciotto anni, con poche amicizie e parlando solo con Kyrre. Proprio l’assenza, la rinuncia, sembra essere il nodo centrale del libro. La rinuncia, o meglio il “dono della rinuncia” dice Liv riferendosi a sua madre Angelika, con la quale ha un rapporto freddo. Diventare una nullità, togliersi di mezzo: forse è questa la forma d’arte suprema che la madre di Liv va cercando. La sua scelta di vivere in quel posto dimenticato (e immaginiamo bellissimo) ne è un chiaro esempio.
Ve l’avevamo detto, no? Romanzo controverso. Qualcuno ha affermato che il soggetto del libro non è tanto il mistero che avvolge le strane morti iniziali, ma Liv stessa, la protagonista narrante. Effettivamente, senza anticiparvi nulla, ci rendiamo conto che la ragazza è una “lente” distorta, attraverso la quale riusciamo a vedere una storia affascinante e terribile al tempo stesso.
Da leggere, ma non entusiasmante.
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