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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Pierluigi Porazzi

L'ombra del falco

Marsilio, Pag. 285 Euro 17,00
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Poracci (come Fantocci no?) deve aver visto un sacco di film, di quelli 'cattivi' e di quelli brutti (la terza di copertina ci informa che scrive recensioni cinematografiche per il settimanale di Trieste Vita Nuova). Deve aver mischiato un po' di informazioni, un po' di suggestioni, ha scopiazzato qua e ha e ha finalmente partorito il peggior noir dell'anno: in concorso per la supercazzola 2010.

Tanto per dirne una: un giovane procuratore, che ha sospetti sulle attività di un medico a cui hanno ammazzato la figlia, prende l'iniziativa di perlustrare di notte la clinica dove opera. Scavalcando il muro di recinzione e alzando gli occhi si ritrova una donna (probabilmente fuori di senno, anzi, senza il probabilmente) che si crede Giulietta e quindi recita la parte e si rivolge al suo Romeo. Il procuratore accetta la parte dell'innamorato, e accetta pure il lenzuolo che la donna gli getta per farlo salire. Lui sale e così entra nella clinica.

A leggere il passo non si sa se piegarsi in due per le risate o strapparsi i capelli (per quelli che ancora li hanno).

Ancora: si sospetta che il presidente di Regione sia coinvolto in loschi traffici. Alcuni agenti lo cercano per informarlo. In sede c'è solo il segretario personale del presidente che dopo che gli agenti si sono allontanati, informa al telefono il suo 'datore' di lavoro su quanto accaduto chiamandolo 'Titti' (oh mio dio, ma lo sa il Poracci che i gay non si chiamano mai a quel modo, e semmai lo fanno, traslano tutto dall'universo femminile... e per dio sfido qualsiasi a trovare una donna, o un gay, che chiami il proprio amante o il proprio uomo Titti?).

Potrei continuare, ma per decenza mi fermo qui.

L'ombra del falco è un noir-horror fotocopiato: c'è tutto quello che da vent'anni (almeno) a questa parte è stato scritto e visto (al cinema) nel mondo. E' dunque una sorta di bignami inutile del genere serial-killer. E sta al miglior romanzo poliziesco come una didascalia di Quattroruote sta alla letteratura.

Di più: il Poracci, alla fine del romanzo, come ormai fan tutti, ringrazia alcune persone per la preziosa collaborazione e per i suggerimenti. Vanno citati, nome e cognome, per evitarli nel caso in cui dovessimo incontrarli sul nostro cammino.

Gianluca Morozzi, che firma la 'quarta' e dice: Avrete gli incubi per un bel po', dopo aver letto questo romanzo. Fidatevi. E ci fidiamo, ma gli incubi saranno di sicuro di altro genere.

Stefania Buosi, Stefano Bulzicco e Vincenzo Sarcinelli (che l'autore precisa essere 'eccellenti insegnanti di scrittura creativa'. Che io licenzierei a priori, cioè anche senza giusta causa).

Daniele Brolli (che iniziò la sua carriera scrivendo 'noir', ma evidentemente per gli altri gli anni passano, per lui evidentemente no, visto che va dietro ancora a simili sciocchezzuole).

In verità il Poracci cita anche un famoso editor. Sul cui nome però sorvoliamo, innanzitutto perché è un amico e poi perché speriamo che il di lui passeggero 'obnubilamento' (perché di questo si tratta) non sia dipeso dagli straordinari successi del genere noir-nordico. Nel senso che i trionfi possono far perdere la bussola.

Noi tutti crediamo in un suo rinsavimento.

Si teme però, dopo aver letto l'epilogo del romanzo in questione, che il Poracci possa provarci con un seguito. Anzi, lo crediamo probabile.

Che dire di una spedizione punitiva in quel di Trieste? Pago la trasferta. Giuro!



di Alfredo Ronci


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