RECENSIONI
Jaume Cabré
L'ombra dell'eunuco
LaNuovafrontiera, Pag. 441 Pag. 441 Euro 19,00
Dice il protagonista: avevo scoperto che l'arte è un fenomeno in cui puoi entrare senza chiedere permesso e dove puoi rimanere senza dove giustificare i tuoi movimenti.
Consiglio dunque di entrare nel mondo di Jaume Cabré e restarci: senz'ombra di dubbio, e mi assumo la responsabilità della 'sparata', il più grande scrittore vivente (chissà se Busi me lo consente) e francamente aprirei pure le pratiche per assegnarli il Nobel della letteratura.
Chi mi segue sa che avevo definito quello che tutt'ora rimane il suo ultimo libro (ma potete smentirmi), Le voci del fiume, come il romanzo più importante del nuovo decennio.
L'ombra dell'eunuco, pur se precedente (addirittura di 11 anni, ma tradotto solo ora grazie alla solerte attività di Lorenzo Ribaldi e di tutto l'entourage de laNuovafrontiera) gli può stare accanto tranquillamente: stessa intensità, stessa capacità di legare storicamente gli avvenimenti, ma nello stesso tempo shakerarli, stesse soluzioni linguistiche che spesso sono vertiginosi cambi di prospettiva, stessa emozione.
Cabré sembra trovarsi perfettamente a suo agio nelle ricostruzioni familiari: qui deus ex machina della vicenda sono i Gensana, che lo scrittore segue fin quasi dagli 'esordi', ne illustra l'ascesa nella Barcellona che conta e non solo, fino al declino inevitabile e alla vendita della casa che è una sorta di totem dell'intero romanzo.
In questa stessa casa, divenuta ormai un ristorante fighetto, il protagonista, a cena con una sua collega di lavoro, racconta la sua storia personale: la giovinezza, la militanza politica negli anni settanta nelle formazioni anti-franchiste, l'omicidio di un traditore, e l'abbandono della 'piazza' per un percorso esistenziale che diventa anche artistico.
Su tutti i personaggi (tanti, soprattutto quelli del ramo genealogico dei Gensana, ma anche semplici comprimari e fantasmi e donne del protagonista) lo zio Maurici e la sua storia dolorosa e straziante (e incompiuta) con l'amore della sua vita: Miquel (ed il protagonista si chiama anche lui Miquel, questa sì un'onomastica convergenza e forse qualcosa di più del semplice legame di sangue). Una personalità straordinariamente sfaccettata (per i più la pecora nera della famiglia, se non addirittura il pazzo da rinchiudere) che alimenta la sua voglia di sopravvivere agli altri (nonostante tutto, perché perde Miquel ancora giovane) con atti di vero e proprio sabotaggio esistenziale: è un filosofo (Disse proprio questo, Miquel: che io lo mettevo inculo ai camionisti. Era vero che cercavo qualche sfogo, ma sempre con grande discrezione e mai con i camionisti, che hanno già il culo distrutto dal loro lavoro. Pardon), un bugiardo patentato ed una creatura di sensibilità quasi insopportabile.
Banale dire che la lettura di questo romanzo induce alla commozione, al divertimento, ad una condivisibile sensazione di distacco terreno e di solitudine: e si ride pure.
Ed induce anche ad una riflessione che fa nascere subito un quesito: può un libro stilisticamente arduo 'contenere' un lettore anche medio? Mi viene facile da dire che può (se sbaglio non è perché non conosca il lettore medio, ma perché mi rifiuto di sottovalutare la medietà): in quei vertiginosi cambi di prospettiva, di cui si parlava prima, non c'è nulla né di rivoluzionario né tanto meno di avanguardistico. C'è una capacità espressiva dello scrittore a volte prodigiosa che non distrae il lettore, semmai lo avvinghia.
Dice lo zio Maurici: Perché io sono di quelli che credono che ci siano dei metodi efficaci per rendere possibile le dur désir de durer.
Come a dire: c'è un modo per sopravvivere a tutto? Sì: anche, tra le altre cose, leggere e amare spassionatamente Jaume Cabré.
di Alfredo Ronci
Consiglio dunque di entrare nel mondo di Jaume Cabré e restarci: senz'ombra di dubbio, e mi assumo la responsabilità della 'sparata', il più grande scrittore vivente (chissà se Busi me lo consente) e francamente aprirei pure le pratiche per assegnarli il Nobel della letteratura.
Chi mi segue sa che avevo definito quello che tutt'ora rimane il suo ultimo libro (ma potete smentirmi), Le voci del fiume, come il romanzo più importante del nuovo decennio.
L'ombra dell'eunuco, pur se precedente (addirittura di 11 anni, ma tradotto solo ora grazie alla solerte attività di Lorenzo Ribaldi e di tutto l'entourage de laNuovafrontiera) gli può stare accanto tranquillamente: stessa intensità, stessa capacità di legare storicamente gli avvenimenti, ma nello stesso tempo shakerarli, stesse soluzioni linguistiche che spesso sono vertiginosi cambi di prospettiva, stessa emozione.
Cabré sembra trovarsi perfettamente a suo agio nelle ricostruzioni familiari: qui deus ex machina della vicenda sono i Gensana, che lo scrittore segue fin quasi dagli 'esordi', ne illustra l'ascesa nella Barcellona che conta e non solo, fino al declino inevitabile e alla vendita della casa che è una sorta di totem dell'intero romanzo.
In questa stessa casa, divenuta ormai un ristorante fighetto, il protagonista, a cena con una sua collega di lavoro, racconta la sua storia personale: la giovinezza, la militanza politica negli anni settanta nelle formazioni anti-franchiste, l'omicidio di un traditore, e l'abbandono della 'piazza' per un percorso esistenziale che diventa anche artistico.
Su tutti i personaggi (tanti, soprattutto quelli del ramo genealogico dei Gensana, ma anche semplici comprimari e fantasmi e donne del protagonista) lo zio Maurici e la sua storia dolorosa e straziante (e incompiuta) con l'amore della sua vita: Miquel (ed il protagonista si chiama anche lui Miquel, questa sì un'onomastica convergenza e forse qualcosa di più del semplice legame di sangue). Una personalità straordinariamente sfaccettata (per i più la pecora nera della famiglia, se non addirittura il pazzo da rinchiudere) che alimenta la sua voglia di sopravvivere agli altri (nonostante tutto, perché perde Miquel ancora giovane) con atti di vero e proprio sabotaggio esistenziale: è un filosofo (Disse proprio questo, Miquel: che io lo mettevo inculo ai camionisti. Era vero che cercavo qualche sfogo, ma sempre con grande discrezione e mai con i camionisti, che hanno già il culo distrutto dal loro lavoro. Pardon), un bugiardo patentato ed una creatura di sensibilità quasi insopportabile.
Banale dire che la lettura di questo romanzo induce alla commozione, al divertimento, ad una condivisibile sensazione di distacco terreno e di solitudine: e si ride pure.
Ed induce anche ad una riflessione che fa nascere subito un quesito: può un libro stilisticamente arduo 'contenere' un lettore anche medio? Mi viene facile da dire che può (se sbaglio non è perché non conosca il lettore medio, ma perché mi rifiuto di sottovalutare la medietà): in quei vertiginosi cambi di prospettiva, di cui si parlava prima, non c'è nulla né di rivoluzionario né tanto meno di avanguardistico. C'è una capacità espressiva dello scrittore a volte prodigiosa che non distrae il lettore, semmai lo avvinghia.
Dice lo zio Maurici: Perché io sono di quelli che credono che ci siano dei metodi efficaci per rendere possibile le dur désir de durer.
Come a dire: c'è un modo per sopravvivere a tutto? Sì: anche, tra le altre cose, leggere e amare spassionatamente Jaume Cabré.
di Alfredo Ronci
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Jaume Cabré
Signoria
laNuovafrontiera, Pag. 347 Euro 17.50Come dico sempre: bisogna stare attenti alle date. Come in questo caso.
Voi che leggete il Paradiso sapete la stima e la venerazione che ho per Cabré, l'autore spagnolo di Le voci del fiume, romanzo che mi sono sgolato a definire uno dei più importanti di questo primo decennio del nuovo millennio.
LaNuovafrontiera insiste sull'uomo e ci propone Signoria.
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