RECENSIONI
Michele Cocchi
La casa dei bambini
Fandango Libri, Pag. 261 Euro 15,00
Qualcuno può restare disorientato, o storcere il naso, accorgendosi che al posto dello sfondo storico reale c’è un sofisticato teatro di posa. Sapientissimo, a dire il vero, e di una verosimiglianza che incanta e convince il lettore garantendo nello stesso tempo la perfetta libertà dello scrittore. Il fatto è che la cornice di questa storia ha le caratteristiche del bagaglio storico italiano, con il Fascismo e la Resistenza, e appare radicato negli stessi tempi e luoghi quanto a stile e costumi. Ma sarebbe illusione attendere che si riveli lasciando trapelare un nome o una data che consentano di contestualizzare storicamente. E bene ha fatto, Cocchi, a volerlo così. Visto che non aveva, data l’età, testimonianze dirette da offrire. E nemmeno poteva improvvisarsi storico per raccontare vicende che in realtà riguardano ciò è dentro l’uomo piuttosto che fuori. La casa stessa (la Casa!) è innanzitutto un luogo della psiche, e ciò che si svolge dentro e fuori di essa riguarda temi universali che l’umanità continua a esprimere da sempre nei fatti e nelle relazioni.
La Casa è quella che contiene, protegge, detta regole e stabilisce confini. Funzioni preziose per i bambini che sono accolti nella struttura qui descritta, orfani o abbandonati. Se possono immaginare un fuori è proprio perché i muri di cinta consentono di stabilire una differenza fra il dentro e il fuori, e solo così i ragazzi possono coltivare un salutare sogno di fuga, che è poi voglia di conoscere e di crescere. Dunque, da un certo punto di vista, un romanzo di formazione dove il processo evolutivo si sviluppa dal dentro al fuori, anche se in modo assai poco fisiologico, come uno strappo che catapulta nell’altrove. Da un altro punto di vista, a questo interconnesso, oggetto del romanzo sono le relazioni, nella loro complessità, e nella particolare forma delle relazioni di gruppo. La vita collettiva in un microcosmo isolato dal resto del mondo fa sì che il gruppo si strutturi come una realtà alternativa e un punto di riferimento destinato a rimanere presente alla mente per il resto della vita. È quello che accade ai personaggi, descritti bambini all’interno della Casa, e poi raccontati adulti quando percorrono il mondo conservando la Casa dentro di sé.
Con grande sensibilità l’Autore adatta il lessico e lo stile dei dialoghi all’età dei bimbi e ai successivi cambiamenti. E con freschezza ne riproduce le emozioni. Trepidanti e intrise di mistero le esperienze infantili, elettrizzanti e dure le prove imposte successivamente a una gioventù che si cimenta nella guerra.
Nel microcosmo della Casa c’è una costellazione gerarchica ben consolidata: il direttore e le “mamme” che si prendono cura dei piccoli ospiti sono i numi tutelari e i dispensatori di punizioni e premi in base a regole note. Tutt’altro che onnipotenti o perfetti, sembrano fare del loro meglio per arginare una realtà drammatica che preme dall’esterno. C’è solo un punto in cui il confine mostra uno spiraglio: è il momento della “scelta” che mette a confronto gli orfani con gli aspiranti genitori in visita alla Casa. Paradossalmente questo è sentito come un crinale drammatico in cui l’apice della speranza coincide con il massimo rischio. Essere scelti significa poter rientrare nel mondo, ma anche essere esclusi per sempre dal limbo della Casa dove il futuro offre le infinite potenzialità dell’indeterminato.
Le mamme erano nervose e lo erano anche i bambini più piccoli. I grandi, per lo più, erano tristi, o pensierosi. Aspettavano la scelta per settimane e, quando finalmente ne arrivava una, volevano che finisse il prima possibile. Forse perché stare seduti ad aspettare era squallido. Squallido era una strana parola. Quando Giuliano l’aveva utilizzata per la prima volta, lui aveva pensato a un gelato che si scioglie al sole. (…) Forse si sentivano tristi all’idea che un amico sarebbe partito. O forse, essere scelti, in verità li preoccupava.
I protagonisti sono più di uno, e l’Autore sposta lo sguardo dall’uno all’altro seguendo gli sviluppi delle loro storie. Qualcosa si può già intuire dai caratteri iniziali, molto altro scaturirà dalle situazioni drammatiche liberamente ispirate a storie di partigiani. E se, come dicevo, nulla è qui riprodotto dal vero, tutto è tonificato da una vivace impronta di verosimiglianza, tale che il lettore vi aderisce partecipe e convinto. Il rischio, il coraggio, il tradimento, l’imminenza della morte: il ritmo del cuore in tumulto è la colonna sonora della seconda parte del romanzo. La terza parte offre il disincanto e le pene dell’età matura, che sa prendere atto dei costi e dei bilanci a cui la vita costringe. Ma c’è anche, in questa fase, una capacità di distacco che prelude alla libertà. Quando tutto sembra compiuto, e ognuno ha trovato la sua strada per soccombere o fuggire, c’è anche chi riesce a sottrarsi alle leggi della necessità scegliendo la gratuità di un gesto non scontato.
Romanzo molto ben scritto e profondamente umano.
di Giovanna Repetto
La Casa è quella che contiene, protegge, detta regole e stabilisce confini. Funzioni preziose per i bambini che sono accolti nella struttura qui descritta, orfani o abbandonati. Se possono immaginare un fuori è proprio perché i muri di cinta consentono di stabilire una differenza fra il dentro e il fuori, e solo così i ragazzi possono coltivare un salutare sogno di fuga, che è poi voglia di conoscere e di crescere. Dunque, da un certo punto di vista, un romanzo di formazione dove il processo evolutivo si sviluppa dal dentro al fuori, anche se in modo assai poco fisiologico, come uno strappo che catapulta nell’altrove. Da un altro punto di vista, a questo interconnesso, oggetto del romanzo sono le relazioni, nella loro complessità, e nella particolare forma delle relazioni di gruppo. La vita collettiva in un microcosmo isolato dal resto del mondo fa sì che il gruppo si strutturi come una realtà alternativa e un punto di riferimento destinato a rimanere presente alla mente per il resto della vita. È quello che accade ai personaggi, descritti bambini all’interno della Casa, e poi raccontati adulti quando percorrono il mondo conservando la Casa dentro di sé.
Con grande sensibilità l’Autore adatta il lessico e lo stile dei dialoghi all’età dei bimbi e ai successivi cambiamenti. E con freschezza ne riproduce le emozioni. Trepidanti e intrise di mistero le esperienze infantili, elettrizzanti e dure le prove imposte successivamente a una gioventù che si cimenta nella guerra.
Nel microcosmo della Casa c’è una costellazione gerarchica ben consolidata: il direttore e le “mamme” che si prendono cura dei piccoli ospiti sono i numi tutelari e i dispensatori di punizioni e premi in base a regole note. Tutt’altro che onnipotenti o perfetti, sembrano fare del loro meglio per arginare una realtà drammatica che preme dall’esterno. C’è solo un punto in cui il confine mostra uno spiraglio: è il momento della “scelta” che mette a confronto gli orfani con gli aspiranti genitori in visita alla Casa. Paradossalmente questo è sentito come un crinale drammatico in cui l’apice della speranza coincide con il massimo rischio. Essere scelti significa poter rientrare nel mondo, ma anche essere esclusi per sempre dal limbo della Casa dove il futuro offre le infinite potenzialità dell’indeterminato.
Le mamme erano nervose e lo erano anche i bambini più piccoli. I grandi, per lo più, erano tristi, o pensierosi. Aspettavano la scelta per settimane e, quando finalmente ne arrivava una, volevano che finisse il prima possibile. Forse perché stare seduti ad aspettare era squallido. Squallido era una strana parola. Quando Giuliano l’aveva utilizzata per la prima volta, lui aveva pensato a un gelato che si scioglie al sole. (…) Forse si sentivano tristi all’idea che un amico sarebbe partito. O forse, essere scelti, in verità li preoccupava.
I protagonisti sono più di uno, e l’Autore sposta lo sguardo dall’uno all’altro seguendo gli sviluppi delle loro storie. Qualcosa si può già intuire dai caratteri iniziali, molto altro scaturirà dalle situazioni drammatiche liberamente ispirate a storie di partigiani. E se, come dicevo, nulla è qui riprodotto dal vero, tutto è tonificato da una vivace impronta di verosimiglianza, tale che il lettore vi aderisce partecipe e convinto. Il rischio, il coraggio, il tradimento, l’imminenza della morte: il ritmo del cuore in tumulto è la colonna sonora della seconda parte del romanzo. La terza parte offre il disincanto e le pene dell’età matura, che sa prendere atto dei costi e dei bilanci a cui la vita costringe. Ma c’è anche, in questa fase, una capacità di distacco che prelude alla libertà. Quando tutto sembra compiuto, e ognuno ha trovato la sua strada per soccombere o fuggire, c’è anche chi riesce a sottrarsi alle leggi della necessità scegliendo la gratuità di un gesto non scontato.
Romanzo molto ben scritto e profondamente umano.
di Giovanna Repetto
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