RECENSIONI
Emmanuel Bove
La coalizione seguito da Un Raskolnikov
Lavieri, Pag. 222 Euro 14,59
Fa benissimo Gianfranco Pecchinenda, il curatore della post-fazione, a parlare dei 'boviens' che letterariamente sarebbero gli estimatori di Bove oppure, aggiungo, far parte del 'bovismo' il movimento che s'incarica (e io mi ci metto tra i primi) d'illuminare il pubblico dei lettori su uno degli scrittori europei più necessari del novecento.
Si dice: nemo profeta in patria. Vero, Bove di questo ne fu vittima, se pensiamo che solo alla fine degli anni novanta la Francia ha reso omaggio a questa sua straordinaria creatura pubblicando in un sol volume l'opera omnia. E quindi non possiamo non salutare come evento – per l'Italia - la decisione delle edizioni Lavieri di pubblicare inediti dello scrittore francese.
Bove viveva di ossessioni, qualcuno, sempre Pecchinenda, ha voluto dire che egli cercasse di superare, attraverso la scrittura, senza mai riuscire a esorcizzarlo del tutto, un blocco affettivo prodottosi nella sua infanzia.
Potremmo noi definirlo sindrome dell'abbandono?
Forse sì, perché La coalizione (prima parte del libro formato da due sole storie, in realtà la prima vero e proprio romanzo, mentre la seconda, sempre inedita per l'Italia, la possiamo tranquillamente definire racconto lungo) non fa che riprendere il discorso del suo capolavoro I miei amici, pubblicato nel 1924 (mentre questo è del '27). Capolavoro dell'inazione: Victor, il protagonista, invalido di una mano, sembra anelare una dimensione sociale chiedendo aiuto ai suoi conoscenti, ma i suoi sono tentativi per sottrarsi alla solitudine, sono solo aborti di un processo inarrestabile verso l'emarginazione. I medesimi 'esperimenti' vengono provati da Nicolas Aftalion e sua madre ne La coalizione, nella ricerca disperata di sottrarsi alla miseria e alla morte per fame. Ridotti al lastrico da una serie di iniziative sbagliate, per poter sopravvivere i due chiedono aiuto e soldi a tutte le persone più care e ai parenti sperimentando l'assoluto cinismo ed il degrado morale dell'umanità intera. Nicolas finirà i suoi giorni lasciandosi andare nel fiume.
Hanno fatto bene due studiosi francesi di Bove, esattamente Raymond Cousse e Jean-Luc Bitton a titolare la biografia a lui dedicata 'La vita come un'ombra'. Cioè un passaggio sulla terra che non sembra lasciar traccia (quando fu sganciata la bomba su Hiroshima, di molti abitanti sui muri crollati non rimase che un debole spettro).
Ma si gioca col paradosso: la de-esistenza, ci verrebbe da dire, dei personaggi di Bove decreta l'immortalità del suo creatore che, a tuttotondo, non ha solo raccontato di disgrazie personali, ma di ingranaggi sociali inarrestabili e terribili che costringono l'individuo a confrontarsi non solo con la propria solitudine, ma con la violenza della Storia.
Anche Un Raskolnikov, la seconda parte del libro, riprende un 'vecchio' discorso affrontato dallo scrittore francese con La trappola (anzi, ad essere precisi quest'ultimo romanzo fu scritto dopo la fine del secondo conflitto mondiale ed affronta la questione della sordida realtà francese sotto il governo Vichy, mentre Un Raskolnikov è del 1933): quello degli implacabili ingranaggi sociali per i quali spesso la fuga non può rappresentare nemmeno l'ultima via alla 'evasione'.
Chiudo con un consiglio. Il libro non è di facile reperibilità, ma a questo punto, qualsiasi cosa di Bove vi arrivi tra le mani, afferratelo e non lasciatevelo sfuggire. Lettore avvisato, mezzo salvato.
di Alfredo Ronci
Si dice: nemo profeta in patria. Vero, Bove di questo ne fu vittima, se pensiamo che solo alla fine degli anni novanta la Francia ha reso omaggio a questa sua straordinaria creatura pubblicando in un sol volume l'opera omnia. E quindi non possiamo non salutare come evento – per l'Italia - la decisione delle edizioni Lavieri di pubblicare inediti dello scrittore francese.
Bove viveva di ossessioni, qualcuno, sempre Pecchinenda, ha voluto dire che egli cercasse di superare, attraverso la scrittura, senza mai riuscire a esorcizzarlo del tutto, un blocco affettivo prodottosi nella sua infanzia.
Potremmo noi definirlo sindrome dell'abbandono?
Forse sì, perché La coalizione (prima parte del libro formato da due sole storie, in realtà la prima vero e proprio romanzo, mentre la seconda, sempre inedita per l'Italia, la possiamo tranquillamente definire racconto lungo) non fa che riprendere il discorso del suo capolavoro I miei amici, pubblicato nel 1924 (mentre questo è del '27). Capolavoro dell'inazione: Victor, il protagonista, invalido di una mano, sembra anelare una dimensione sociale chiedendo aiuto ai suoi conoscenti, ma i suoi sono tentativi per sottrarsi alla solitudine, sono solo aborti di un processo inarrestabile verso l'emarginazione. I medesimi 'esperimenti' vengono provati da Nicolas Aftalion e sua madre ne La coalizione, nella ricerca disperata di sottrarsi alla miseria e alla morte per fame. Ridotti al lastrico da una serie di iniziative sbagliate, per poter sopravvivere i due chiedono aiuto e soldi a tutte le persone più care e ai parenti sperimentando l'assoluto cinismo ed il degrado morale dell'umanità intera. Nicolas finirà i suoi giorni lasciandosi andare nel fiume.
Hanno fatto bene due studiosi francesi di Bove, esattamente Raymond Cousse e Jean-Luc Bitton a titolare la biografia a lui dedicata 'La vita come un'ombra'. Cioè un passaggio sulla terra che non sembra lasciar traccia (quando fu sganciata la bomba su Hiroshima, di molti abitanti sui muri crollati non rimase che un debole spettro).
Ma si gioca col paradosso: la de-esistenza, ci verrebbe da dire, dei personaggi di Bove decreta l'immortalità del suo creatore che, a tuttotondo, non ha solo raccontato di disgrazie personali, ma di ingranaggi sociali inarrestabili e terribili che costringono l'individuo a confrontarsi non solo con la propria solitudine, ma con la violenza della Storia.
Anche Un Raskolnikov, la seconda parte del libro, riprende un 'vecchio' discorso affrontato dallo scrittore francese con La trappola (anzi, ad essere precisi quest'ultimo romanzo fu scritto dopo la fine del secondo conflitto mondiale ed affronta la questione della sordida realtà francese sotto il governo Vichy, mentre Un Raskolnikov è del 1933): quello degli implacabili ingranaggi sociali per i quali spesso la fuga non può rappresentare nemmeno l'ultima via alla 'evasione'.
Chiudo con un consiglio. Il libro non è di facile reperibilità, ma a questo punto, qualsiasi cosa di Bove vi arrivi tra le mani, afferratelo e non lasciatevelo sfuggire. Lettore avvisato, mezzo salvato.
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