RECENSIONI
Arne Dahl
La linea del male
Marsilio, Pag.350 Euro 17,00
Che cosa stava succedendo alla Svezia? Quel piccolo paese di contadini su vicino al circolo polare, il cui movimento popolare un tempo aveva concepito la prima democrazia che si era veramente radicata nella gente, ma che non l'aveva mai partorita... allora non solo era finita la favola del più alto livello di vita del mondo, ma anche quella della coscienza mondiale (pag.167).
Indubbiamente l'omicido Palme ha segnato l'anima degli svedesi ma se ogni giallista che si rispetti, a cominciare da Henning Mankell (e la sua creatura, l'ispettore Wallander), insiste sui cambiamenti epocali della società scandinava vuol dire che, al di là del trauma per quell'omicidio chiaramente politico, la frattura determinata scava nel substrato sociale e razziale della popolazione.
Non si spiega altrimenti questa ossessiva deriva conformista che limita poi gli spazi del confronto.
Arne Dahl è nuovo in Italia, anche se in patria ha già il suo seguito di fans, ed è diventato famoso per aver introdotto nelle storie un "gruppo" di lavoro, un ensemble dedito all'analisi del delitto e alla risoluzione dei casi criminali più scottanti..
La linea del male è del 1998: la data va considerata, eccome! In otto anni il noir internazionale ha subito dei cambiamenti rilevanti. Per esempio è sparita la figura del serial killer mentre si riaffacciano condizioni più legate a strutture psicologiche consolidate. Qui siamo invece proprio in "terra seriale" e sulla cui struttura politica uno dei personaggi principale della "squadra" offre una considerazione originale:
- Quasi tutti i serial killer sono maschi bianchi – intervenne Kerstin Holm. – Un fenomeno che ha fatto molto discutere. Forse è qualche sorta di compensazione ereditaria per una supremazia plurisecolare che sta per andare perduta.
- Fascismo casuale – scappò detto a Hjelm.
Il gruppo A rifletté sul contenuto di questa espressione per qualche secondo.
Interessante riflessione (consiglierei a Dahl di valutare anche l'ipotesi dello stupratore maschio, che non è tale solo per una superiorità fisica o per differenziazione anatomica) che delinea tutto sommato un impianto "socialdemocratico" (mi si passi l'osservazione) delle ispirazioni.
Non ci sono spunti originalissimi nella storia anche se la dinamica delle vicende, indagini divise quasi equamente tra Svezia e Stati Uniti, offre un confronto a volte suggestivo (è spesso la meteorologia a farla da padrone con una Scandinavia autunnale, ma tiepida, ed un'America ancora alle prese con gli ultimi sbuffi di un'estate infinita) e per nulla datato.
Arne Dahl ricorre ai trucchi del mestiere (una falsa morte... un po' come nell'ultimo film di Tornatore, La sconosciuta, dove le persone credute finite in realtà riappaiono vive e vegete e ancor più pericolose) senza però falsare i piani di un confronto diretto col lettore. Lettore che pare approvi dal momento che la serie del gruppo A (lo ripetiamo, questa è la prima avventura pubblicata in Italia, ma Marsilio ci assicura che ne seguiranno altre) ha già al suo attivo vari episodi.
Quella svedese non è certo l'unica narrativa poliziesca, come strilla la terza di copertina, ad afferrare i rapidi cambiamenti che agitano l'Europa all'inizio del nuovo millennio, ma è tra quelle più sentitamente coinvolta. Tutto sta a vedere se questo coinvolgimento emotivo, di cui si parlava anche all'inizio della recensione, sia un fatto strutturale, o non dipenda invece dall'emergere di urgenze dettate da un bigotto nazionalismo o da un isolazionismo di bandiera.
di Eleonora del Poggio
Indubbiamente l'omicido Palme ha segnato l'anima degli svedesi ma se ogni giallista che si rispetti, a cominciare da Henning Mankell (e la sua creatura, l'ispettore Wallander), insiste sui cambiamenti epocali della società scandinava vuol dire che, al di là del trauma per quell'omicidio chiaramente politico, la frattura determinata scava nel substrato sociale e razziale della popolazione.
Non si spiega altrimenti questa ossessiva deriva conformista che limita poi gli spazi del confronto.
Arne Dahl è nuovo in Italia, anche se in patria ha già il suo seguito di fans, ed è diventato famoso per aver introdotto nelle storie un "gruppo" di lavoro, un ensemble dedito all'analisi del delitto e alla risoluzione dei casi criminali più scottanti..
La linea del male è del 1998: la data va considerata, eccome! In otto anni il noir internazionale ha subito dei cambiamenti rilevanti. Per esempio è sparita la figura del serial killer mentre si riaffacciano condizioni più legate a strutture psicologiche consolidate. Qui siamo invece proprio in "terra seriale" e sulla cui struttura politica uno dei personaggi principale della "squadra" offre una considerazione originale:
- Quasi tutti i serial killer sono maschi bianchi – intervenne Kerstin Holm. – Un fenomeno che ha fatto molto discutere. Forse è qualche sorta di compensazione ereditaria per una supremazia plurisecolare che sta per andare perduta.
- Fascismo casuale – scappò detto a Hjelm.
Il gruppo A rifletté sul contenuto di questa espressione per qualche secondo.
Interessante riflessione (consiglierei a Dahl di valutare anche l'ipotesi dello stupratore maschio, che non è tale solo per una superiorità fisica o per differenziazione anatomica) che delinea tutto sommato un impianto "socialdemocratico" (mi si passi l'osservazione) delle ispirazioni.
Non ci sono spunti originalissimi nella storia anche se la dinamica delle vicende, indagini divise quasi equamente tra Svezia e Stati Uniti, offre un confronto a volte suggestivo (è spesso la meteorologia a farla da padrone con una Scandinavia autunnale, ma tiepida, ed un'America ancora alle prese con gli ultimi sbuffi di un'estate infinita) e per nulla datato.
Arne Dahl ricorre ai trucchi del mestiere (una falsa morte... un po' come nell'ultimo film di Tornatore, La sconosciuta, dove le persone credute finite in realtà riappaiono vive e vegete e ancor più pericolose) senza però falsare i piani di un confronto diretto col lettore. Lettore che pare approvi dal momento che la serie del gruppo A (lo ripetiamo, questa è la prima avventura pubblicata in Italia, ma Marsilio ci assicura che ne seguiranno altre) ha già al suo attivo vari episodi.
Quella svedese non è certo l'unica narrativa poliziesca, come strilla la terza di copertina, ad afferrare i rapidi cambiamenti che agitano l'Europa all'inizio del nuovo millennio, ma è tra quelle più sentitamente coinvolta. Tutto sta a vedere se questo coinvolgimento emotivo, di cui si parlava anche all'inizio della recensione, sia un fatto strutturale, o non dipenda invece dall'emergere di urgenze dettate da un bigotto nazionalismo o da un isolazionismo di bandiera.
di Eleonora del Poggio
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