RECENSIONI
Petros Markaris
La lunga estate calda del commissario Charitos
Superpocket, Pag. 375 Euro 5,90
Dicevamo del commissario Charitos già tempo fa: Sono altre le asperità dell'uomo: una continua schizofrenia di fondo che ha pochi eguali nel noir contemporaneo.
Ri-chiariamoci: le storie di Markaris hanno quasi sempre lo stesso motivo, la corruzione del mondo politico, le malversazioni del potere, ma poi lungo la strada della narrazione ci si accorge che le dinamiche che alimentano la struttura non passano per la specificità del degrado sociale e morale, ma addirittura della psichiatria.
Nel senso: si vuol cercare il delitto negli ambienti di palazzo, ma il sangue spesso scorre nelle problematicità di tutti i giorni, nel quotidiano quasi casalingo.
In questo romanzo ci si mette pure la figlia: durante una crociera viene presa in ostaggio, insieme agli altri passeggeri, da un gruppo non identificato di terroristi, ma subito dopo rilasciata entra in crisi perché il suo 'sentire' è lontano da quello del padre in quanto poliziotto (aggiungerei: il commissario Charitos era un torturatore durante il regime dei colonnelli e ha l'onesta nettezza di considerarsi 'diverso' anche rispetto agli schieramenti più progressisti della società greca).
Matassa oserei dire incandescente: il romanzo però non è gran cosa e mi conferma che Markaris non è certamente il Simenon greco (ma a chi cavolo è venuta in mente un'idea così cretina?), ma non può nemmeno stare alla pari del nostro Camilleri o di Jean-Claude Izzo (nonostante lo stesso Camilleri la 'spari' nella prima di copertina).
Diciamo che le storie di Markaris si lasciano leggere per quel senso di inesausta fragilità del personaggio e delle sue convinzioni politiche, perché a ben riflettere, è ispettore curioso e a tratti fuori dalla contemporaneità (Non so cosa siano né il rap né la piňa colada, quindi decido che prima o poi mi guarderò lo spot in cerca di illuminazione – pag. 166). E opera in un ambiente (e c'ha ragione la figlia!) di coattoni reazionari (E poi, in Centrale abbiamo molte poliziotte che potrebbero travestirsi da prostitute, ma non abbiamo un solo poliziotto che potrebbe spacciarsi per gay. E se anche l'avessimo preferirebbe rinunciare alla pensione piuttosto che fare la parte del gay – pag. 163 – ma io non ne sarei così sicura, vista la crisi della società greca, secondo me sarebbero disposti pure a 'battere'!).
Insomma se ancora non si fosse capito, i romanzi di Markaris 'tengono' più dal lato delle considerazioni politico-ideologiche che da quelle squisitamente noir. Perché La lunga estate..., pur mostrando accadimenti tosti, come il già citato sequestro di una nave che ricorda (e pure menzionato) quello dell'Achille Lauro, e nello stesso tempo una serie di omicidi seriali, non decolla nemmeno nella fase in cui ce lo si aspetterebbe: cioè dove si sbroglia la matassa.
Lasciamo dunque il povero Charitos alle prese con un'idea sempre più partecipe della democrazia (e meno male!) e coi fantasmi di un passato scomodo e imbarazzante. Per avventure più coinvolgenti e che ci convincano che tutto sommato il noir non è solo facezie da lettini psicanalitici, rivolgiamoci ad altri autori (nonostante, come si diceva prima, lo strillo in copertina del buon Camilleri: ma c'era tutto 'sto bisogno che scrivesse un libro con Lucarelli?).
di Eleonora del Poggio
Ri-chiariamoci: le storie di Markaris hanno quasi sempre lo stesso motivo, la corruzione del mondo politico, le malversazioni del potere, ma poi lungo la strada della narrazione ci si accorge che le dinamiche che alimentano la struttura non passano per la specificità del degrado sociale e morale, ma addirittura della psichiatria.
Nel senso: si vuol cercare il delitto negli ambienti di palazzo, ma il sangue spesso scorre nelle problematicità di tutti i giorni, nel quotidiano quasi casalingo.
In questo romanzo ci si mette pure la figlia: durante una crociera viene presa in ostaggio, insieme agli altri passeggeri, da un gruppo non identificato di terroristi, ma subito dopo rilasciata entra in crisi perché il suo 'sentire' è lontano da quello del padre in quanto poliziotto (aggiungerei: il commissario Charitos era un torturatore durante il regime dei colonnelli e ha l'onesta nettezza di considerarsi 'diverso' anche rispetto agli schieramenti più progressisti della società greca).
Matassa oserei dire incandescente: il romanzo però non è gran cosa e mi conferma che Markaris non è certamente il Simenon greco (ma a chi cavolo è venuta in mente un'idea così cretina?), ma non può nemmeno stare alla pari del nostro Camilleri o di Jean-Claude Izzo (nonostante lo stesso Camilleri la 'spari' nella prima di copertina).
Diciamo che le storie di Markaris si lasciano leggere per quel senso di inesausta fragilità del personaggio e delle sue convinzioni politiche, perché a ben riflettere, è ispettore curioso e a tratti fuori dalla contemporaneità (Non so cosa siano né il rap né la piňa colada, quindi decido che prima o poi mi guarderò lo spot in cerca di illuminazione – pag. 166). E opera in un ambiente (e c'ha ragione la figlia!) di coattoni reazionari (E poi, in Centrale abbiamo molte poliziotte che potrebbero travestirsi da prostitute, ma non abbiamo un solo poliziotto che potrebbe spacciarsi per gay. E se anche l'avessimo preferirebbe rinunciare alla pensione piuttosto che fare la parte del gay – pag. 163 – ma io non ne sarei così sicura, vista la crisi della società greca, secondo me sarebbero disposti pure a 'battere'!).
Insomma se ancora non si fosse capito, i romanzi di Markaris 'tengono' più dal lato delle considerazioni politico-ideologiche che da quelle squisitamente noir. Perché La lunga estate..., pur mostrando accadimenti tosti, come il già citato sequestro di una nave che ricorda (e pure menzionato) quello dell'Achille Lauro, e nello stesso tempo una serie di omicidi seriali, non decolla nemmeno nella fase in cui ce lo si aspetterebbe: cioè dove si sbroglia la matassa.
Lasciamo dunque il povero Charitos alle prese con un'idea sempre più partecipe della democrazia (e meno male!) e coi fantasmi di un passato scomodo e imbarazzante. Per avventure più coinvolgenti e che ci convincano che tutto sommato il noir non è solo facezie da lettini psicanalitici, rivolgiamoci ad altri autori (nonostante, come si diceva prima, lo strillo in copertina del buon Camilleri: ma c'era tutto 'sto bisogno che scrivesse un libro con Lucarelli?).
di Eleonora del Poggio
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Tascabili Bompiani, Pag.422 Euro 9,00Ormai so con certezza chi è il lettore esperto. Non è quello che legge velocemente, né quello che legge con attenzione. E' colui che sa cosa leggere e cosa lasciare.
Questa di pag.308 del romanzo in questione potrebbe essere un avvertenza. Del tipo: attenzione, sembra che la cosa fili lisci in una dimensione tutto sommato classica da poliziesco estivo, però se scavate sotto, trovate una proporzione differente, addirittura anomala.
Bisogna chiarirsi: Markaris non è, come sbandierano gli editori di grido, il nuovo Simenon(...)
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