RECENSIONI
Simone Pagiotti
La melodia dei perdenti
Edizioni Il Foglio, Pag. 208 Euro 12,00
Preferisco questa…
A farmi paura è la ciclicità della provincia, è uscire dal Bingo e camminare verso la Ford tra le strade della stazione, è vedere gli stessi marocchini a gli stessi angoli, è la pattuglia dei soliti sbirri incapaci e corrotti, è la puzza di piscio e le bottiglie di Ceres lasciate da i soliti parassiti, sono le strade deserte alle una di notte, è il MacDonald con le porte blindate, è la solita curva a tre corsie, sono le puttane nere del percorso verde, sono i trans della zona industriale, è il parcheggio selvaggio sotto il mio appartamento, è la toppa del portone di casa, sono tutti i fantasmi che mi aspettano in casa.
… a questa
Odio Maurizio Costanzo. Pippo Baudo. I dinosauri del rock come Vasco Rossi e Ligabue e tutte le persone che li osannano pietosamente. Odio J-Ax e la sua musica plasticosa e perennemente adolescienziale. Odio i Coldplay banalmente rassicuranti. Odio le giornate senza fine. Odio il Sig. Monni. Elena. Carlo. Miriam. Rosa, a volte odio anche Rosa. Odio tutti quelli e tutte quelle che dicono che lasciare fa soffrire come essere lasciati. Odio gli ottimisti a tutti i costi. Odio mio padre. Odio la mia casa troppo silenziosa…
Qualcuno dirà: ma dove sta la differenza? C’è, sottile ma c’è (e aggiungiamoci pure qualche errore di stampa che non fa bene alla reputazione della piccola casa editrice).
Ma il problema semmai è un altro. Cosa dobbiamo fare noi di tutti questi trentenni e quarantenni che si sbriciolano le loro cose e non sanno più dove mettere le mani? (Il protagonista di questo romanzo perde la fidanzata, perde il lavoro e ci manca poco che perde completamente se stesso).
Francamente non lo so, ma non è giusto nemmeno sforzarsi a creare un quid letterario che è destinato a rimanere tale (se c’è).
Per carità, a parte gli errori di stampa e anche qualche incertezza tra gli e le (attenzione, attenzione, sono cose di poco conto che però lasciano il segno), Pagiotti scrive bene, ha una sua sofisticata attitudine a segnare il discorso, ma è tutto troppo incerto, troppo sfruttato, troppo senza senso.
La letteratura vuole qualcos’altro. Non la riproducibilità del vissuto, ma il suo superamento (qualunque esso sia). La letteratura vuole l’analisi del se, non del ma.
Mangiabile perché nonostante tutto scritto bene, ma non mi si chieda altro.
No, non mi si chieda altro.
di Alfredo Ronci
A farmi paura è la ciclicità della provincia, è uscire dal Bingo e camminare verso la Ford tra le strade della stazione, è vedere gli stessi marocchini a gli stessi angoli, è la pattuglia dei soliti sbirri incapaci e corrotti, è la puzza di piscio e le bottiglie di Ceres lasciate da i soliti parassiti, sono le strade deserte alle una di notte, è il MacDonald con le porte blindate, è la solita curva a tre corsie, sono le puttane nere del percorso verde, sono i trans della zona industriale, è il parcheggio selvaggio sotto il mio appartamento, è la toppa del portone di casa, sono tutti i fantasmi che mi aspettano in casa.
… a questa
Odio Maurizio Costanzo. Pippo Baudo. I dinosauri del rock come Vasco Rossi e Ligabue e tutte le persone che li osannano pietosamente. Odio J-Ax e la sua musica plasticosa e perennemente adolescienziale. Odio i Coldplay banalmente rassicuranti. Odio le giornate senza fine. Odio il Sig. Monni. Elena. Carlo. Miriam. Rosa, a volte odio anche Rosa. Odio tutti quelli e tutte quelle che dicono che lasciare fa soffrire come essere lasciati. Odio gli ottimisti a tutti i costi. Odio mio padre. Odio la mia casa troppo silenziosa…
Qualcuno dirà: ma dove sta la differenza? C’è, sottile ma c’è (e aggiungiamoci pure qualche errore di stampa che non fa bene alla reputazione della piccola casa editrice).
Ma il problema semmai è un altro. Cosa dobbiamo fare noi di tutti questi trentenni e quarantenni che si sbriciolano le loro cose e non sanno più dove mettere le mani? (Il protagonista di questo romanzo perde la fidanzata, perde il lavoro e ci manca poco che perde completamente se stesso).
Francamente non lo so, ma non è giusto nemmeno sforzarsi a creare un quid letterario che è destinato a rimanere tale (se c’è).
Per carità, a parte gli errori di stampa e anche qualche incertezza tra gli e le (attenzione, attenzione, sono cose di poco conto che però lasciano il segno), Pagiotti scrive bene, ha una sua sofisticata attitudine a segnare il discorso, ma è tutto troppo incerto, troppo sfruttato, troppo senza senso.
La letteratura vuole qualcos’altro. Non la riproducibilità del vissuto, ma il suo superamento (qualunque esso sia). La letteratura vuole l’analisi del se, non del ma.
Mangiabile perché nonostante tutto scritto bene, ma non mi si chieda altro.
No, non mi si chieda altro.
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