RECENSIONI
Alessio Ponzio
La palestra del littorio
Franco Angeli, Pag. 273 Euro 32,00
Sottotitolo: L'Accademia della Farnesina: un esperimento di pedagogia totalitaria nell'Italia fascista. Tema affascinante che in qualche modo 'amplifica' la questione legata al controllo della gioventù da parte del regime. Non si spiegherebbe altrimenti lo scontro violento tra il partito fascista e l'Azione Cattolica per l'educazione delle giovani masse, scontro che ahinoi (paghiamo ancora lo scotto per i Patti Lateranensi del '29) non portò alla rottura tra regime e Vaticano (tranne le minacce di Mussolini di fare terra bruciata col potere ecclesiastico dopo le emanazioni delle leggi razziali).
Ponzio, in questo saggio brillante ed esaustivo, scrive: Nacque così l'idea del 'Foro' (...) un centro che doveva simboleggiare la rinascita fisica del popolo italiano, essere totalmente a disposizione dell'organizzazione giovanile, celebrare la giovinezza e attrarre l'ammirazione del mondo intero.
Celebrazione della giovinezza ("primavera di bellezza, nella vita nell'asprezza, il tuo canto squilla e va! Per Benito Mussolini E per la nostra Patria bella, eja eja alalà") che coinvolgeva oltre che i diretti interessati, anche coloro che necessariamente erano destinati alla loro educazione: dirigenti di provata capacità e di salda fede, accuratamente selezionati ed educati in ambiente saturo di fascista disciplina, uomini che potevano riempire con pieno affidamento i quadri direttivi, politici,militari e amministrativi dell'organizzazione balillistica e che disponevano di tutti gli elementi per essere degli educatori nel senso integrale della parola.
In realtà le cose non stavano così, perché il progetto che poi portò alla costruzione dell'Accademia della Farnesina e dell'intero Foro Mussolini, faceva gola a molti: basti pensare che dalla primiera organizzazione nata col nome di Ente nazionale di educazione fisica (Enef), si passò all'Opera nazionale Balilla (ONB) alla direttive del potentissimo Renato Ricci che invece successivamente cadde in disgrazia quando si decise di trasferire la gestione alla Gioventù Italiana Littoria (GIL).
Il cerchio si richiude quando dal 1937 tutto il comando dei comitati locali della GIL passarono ai segretari federali e comunali del Partito Fascista, come a dire che l'apparente 'decentramento' era rientrato in una dinamica totalitaria della gestione del potere.
Interessante ci sembra la parte del libro dedicata alle selezioni per poter accedere all'Accademia: i requisiti essenziali oltre ad una sana e robusta costituzione, ad una certa altezza (minimo 165 cm), ad un certo peso (minimo 60 kg) divenne anche quello di appartenere alla stirpe ariana italiana successivamente ai dettami della nuova legislazione in materia di razza del 1938 (e ci preme sottolineare che uno dei responsabili di quella che sin dall'inizio veniva chiamata 'medicina politica' fu il medico pugliese Nicola Pende. Che portò avanti il discorso sulla 'eugenica ambientale' e sulla 'bonifica costituzionale'. Considerando che si era a cavallo tra gli anni '20 e gli anni '30 è possibile che nelle tesi di Pende – tra l'altro tra i firmatari del famigerato Manifesto della razza - fossero già contenute anticipazioni delle future decisioni in materia di discriminazioni).
Altrettanto interessante ci pare la parte finale del saggio in cui, dopo la caduta della dittatura e nel tentativo di ricostituire quello che la guerra aveva bloccato e distrutto, si procede ad una sorta di epurazione dell'Accademia dei personaggi e dei dirigenti che più erano stato vicini all'ideologia fascista: il 27 aprile del 1945 venne nominata con decreto interministeriale una Commissione nazionale di epurazione che doveva stabilire una volta per tutte chi doveva continuare a lavorare nel settore ginnico-sportivo scolastico e chi, avendo operato a favore del regime, essere definitivamente allontanato.
Tutto sommato il progetto dell'Accademia Farnesina rimane un esperimento interessante, anche se contraddittorio: perché se da un lato si voleva 'nazionalizzare' la scienza della cultura fisica – sacrosanta intenzione in un ambito strettamente educativo e di formazione – dall'altro era chiaro che tutta la struttura era finalizzata a preparare la nazione ad una eventuale guerra futura, evitando che degli italiani potessero trovarsi nuovamente a dovere affrontare le difficoltà cui erano andati incontro nel corso della Grande guerra.
Della serie: risorse umane a disposizione della macelleria militare.
di Alfredo Ronci
Ponzio, in questo saggio brillante ed esaustivo, scrive: Nacque così l'idea del 'Foro' (...) un centro che doveva simboleggiare la rinascita fisica del popolo italiano, essere totalmente a disposizione dell'organizzazione giovanile, celebrare la giovinezza e attrarre l'ammirazione del mondo intero.
Celebrazione della giovinezza ("primavera di bellezza, nella vita nell'asprezza, il tuo canto squilla e va! Per Benito Mussolini E per la nostra Patria bella, eja eja alalà") che coinvolgeva oltre che i diretti interessati, anche coloro che necessariamente erano destinati alla loro educazione: dirigenti di provata capacità e di salda fede, accuratamente selezionati ed educati in ambiente saturo di fascista disciplina, uomini che potevano riempire con pieno affidamento i quadri direttivi, politici,militari e amministrativi dell'organizzazione balillistica e che disponevano di tutti gli elementi per essere degli educatori nel senso integrale della parola.
In realtà le cose non stavano così, perché il progetto che poi portò alla costruzione dell'Accademia della Farnesina e dell'intero Foro Mussolini, faceva gola a molti: basti pensare che dalla primiera organizzazione nata col nome di Ente nazionale di educazione fisica (Enef), si passò all'Opera nazionale Balilla (ONB) alla direttive del potentissimo Renato Ricci che invece successivamente cadde in disgrazia quando si decise di trasferire la gestione alla Gioventù Italiana Littoria (GIL).
Il cerchio si richiude quando dal 1937 tutto il comando dei comitati locali della GIL passarono ai segretari federali e comunali del Partito Fascista, come a dire che l'apparente 'decentramento' era rientrato in una dinamica totalitaria della gestione del potere.
Interessante ci sembra la parte del libro dedicata alle selezioni per poter accedere all'Accademia: i requisiti essenziali oltre ad una sana e robusta costituzione, ad una certa altezza (minimo 165 cm), ad un certo peso (minimo 60 kg) divenne anche quello di appartenere alla stirpe ariana italiana successivamente ai dettami della nuova legislazione in materia di razza del 1938 (e ci preme sottolineare che uno dei responsabili di quella che sin dall'inizio veniva chiamata 'medicina politica' fu il medico pugliese Nicola Pende. Che portò avanti il discorso sulla 'eugenica ambientale' e sulla 'bonifica costituzionale'. Considerando che si era a cavallo tra gli anni '20 e gli anni '30 è possibile che nelle tesi di Pende – tra l'altro tra i firmatari del famigerato Manifesto della razza - fossero già contenute anticipazioni delle future decisioni in materia di discriminazioni).
Altrettanto interessante ci pare la parte finale del saggio in cui, dopo la caduta della dittatura e nel tentativo di ricostituire quello che la guerra aveva bloccato e distrutto, si procede ad una sorta di epurazione dell'Accademia dei personaggi e dei dirigenti che più erano stato vicini all'ideologia fascista: il 27 aprile del 1945 venne nominata con decreto interministeriale una Commissione nazionale di epurazione che doveva stabilire una volta per tutte chi doveva continuare a lavorare nel settore ginnico-sportivo scolastico e chi, avendo operato a favore del regime, essere definitivamente allontanato.
Tutto sommato il progetto dell'Accademia Farnesina rimane un esperimento interessante, anche se contraddittorio: perché se da un lato si voleva 'nazionalizzare' la scienza della cultura fisica – sacrosanta intenzione in un ambito strettamente educativo e di formazione – dall'altro era chiaro che tutta la struttura era finalizzata a preparare la nazione ad una eventuale guerra futura, evitando che degli italiani potessero trovarsi nuovamente a dovere affrontare le difficoltà cui erano andati incontro nel corso della Grande guerra.
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