RECENSIONI
Georges Perec
La scomparsa
Guida Editore, Pag. 325 Euro 14,00
Anch'io, come altri che credo professino un interesse "superiore" per la letteratura, mi sono chiesto da dove derivi l'ossessione di Perec per lo spazio e per la mania di classificazione. Pare derivi, stando a quanto ci riferisce la postfazione accurata e precisa di Piero Falchetta, da un regalo che lo scrittore francese ricevette in dono nel 1945 e che conservò accuratamente fino alla sua morte prematura: una carta nautica composta nel 1665 da Francesco Oliva a Marsiglia.
Ora la rivelazione potrebbe sembrare anche un dettaglio, ma considerando con chi abbiamo a che fare, potrebbe invece essere la "pietra filosofale" dell'arte di Perec.
La scomparsa, romanzo composto nel 1969, è un ulteriore tassello per tentare di decrittare il magma incandescente del "parolaio" di Parigi: un intero libro scritto senza utilizzare la vocale "e".
Impresa titanica (ma il nostro pensiero, sin dal primo momento, è andato al povero traduttore che, oltre all'ostacolo della "scomparsa" della vocale, ha dovuto confrontarsi con due lingue, simili per alcuni versi, assai diverse per altri. Ma non è forse vero, come diceva Eco, che tradurre è come tradire? A propos, andatevi a rileggere la traduzione che il nostro illustre semiologo fece degli Esercizi di stile di Queneau per comprendere fino in fondo la sua affermazione. E ancora à propos, non è un caso che la prima volta che uscì il romanzo in italiano curato sempre da Piero Falchetta, nel 1996, ottenne il premio Monselice come migliore traduzione?) a cui non bastano le stesse dichiarazioni di Perec perché si possa tentare una comprensione definitiva: in un post-scriptum al libro affermò di aver cominciato a scrivere per gioco e che poi il gioco si tramutò in una vera sfida nel tentativo di portare aria fresca all'interno della narrativa francese.
Una cosa è certa: La scomparsa, come titolo, ma anche come semplice parola, e al di là dello sperimentalismo linguistico dell'autore, a lui tanto caro (ricordiamo che Perec è anche autore di 9691 racconto palindromo, cioè che lo si può leggere allo stesso modo partendo sia da destra che da sinistra, di circa cinquemila lettere e che rimane tutt'ora il più lungo testo letterario palindromo mai scritto), propone un'idea salvifica del mondo e della letturatura.
Siamo chiari: come l'uomo può sopravvivere alla mancanza di affetti – Perec perse il padre in guerra e la madre, ebrea, in un campo di concentramento – ricostruendosi interamente, così la parola, o meglio ancora, la possibilità di comunicazione non vengono meno se a mancare sono alcune basi o, in questo caso, il semplice "strumento" della vocale "e".
Vi è dippiù anche l'altra certezza, che La scomparsa, come romanzo in sé, possa essere aperto a mille interpretazioni : la trama è strutturata come in un gioco di scatole cinesi dove la risoluzione sembra essere eternamente sospesa .
In ambo i casi la caratura dell' "oggetto" ne determina il valore: insomma siamo di fronte ad una lettura complessa ed affascinante, a cui basta un nonnulla però perché poi possa apparire mero esercizio stilistico o fredda operazione. Al di là delle buonissime intenzioni dell'autore di esternare le proprie mancanze e quelle altrui.
di Alfredo Ronci
Ora la rivelazione potrebbe sembrare anche un dettaglio, ma considerando con chi abbiamo a che fare, potrebbe invece essere la "pietra filosofale" dell'arte di Perec.
La scomparsa, romanzo composto nel 1969, è un ulteriore tassello per tentare di decrittare il magma incandescente del "parolaio" di Parigi: un intero libro scritto senza utilizzare la vocale "e".
Impresa titanica (ma il nostro pensiero, sin dal primo momento, è andato al povero traduttore che, oltre all'ostacolo della "scomparsa" della vocale, ha dovuto confrontarsi con due lingue, simili per alcuni versi, assai diverse per altri. Ma non è forse vero, come diceva Eco, che tradurre è come tradire? A propos, andatevi a rileggere la traduzione che il nostro illustre semiologo fece degli Esercizi di stile di Queneau per comprendere fino in fondo la sua affermazione. E ancora à propos, non è un caso che la prima volta che uscì il romanzo in italiano curato sempre da Piero Falchetta, nel 1996, ottenne il premio Monselice come migliore traduzione?) a cui non bastano le stesse dichiarazioni di Perec perché si possa tentare una comprensione definitiva: in un post-scriptum al libro affermò di aver cominciato a scrivere per gioco e che poi il gioco si tramutò in una vera sfida nel tentativo di portare aria fresca all'interno della narrativa francese.
Una cosa è certa: La scomparsa, come titolo, ma anche come semplice parola, e al di là dello sperimentalismo linguistico dell'autore, a lui tanto caro (ricordiamo che Perec è anche autore di 9691 racconto palindromo, cioè che lo si può leggere allo stesso modo partendo sia da destra che da sinistra, di circa cinquemila lettere e che rimane tutt'ora il più lungo testo letterario palindromo mai scritto), propone un'idea salvifica del mondo e della letturatura.
Siamo chiari: come l'uomo può sopravvivere alla mancanza di affetti – Perec perse il padre in guerra e la madre, ebrea, in un campo di concentramento – ricostruendosi interamente, così la parola, o meglio ancora, la possibilità di comunicazione non vengono meno se a mancare sono alcune basi o, in questo caso, il semplice "strumento" della vocale "e".
Vi è dippiù anche l'altra certezza, che La scomparsa, come romanzo in sé, possa essere aperto a mille interpretazioni : la trama è strutturata come in un gioco di scatole cinesi dove la risoluzione sembra essere eternamente sospesa .
In ambo i casi la caratura dell' "oggetto" ne determina il valore: insomma siamo di fronte ad una lettura complessa ed affascinante, a cui basta un nonnulla però perché poi possa apparire mero esercizio stilistico o fredda operazione. Al di là delle buonissime intenzioni dell'autore di esternare le proprie mancanze e quelle altrui.
di Alfredo Ronci
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