RECENSIONI
Luca D’Andrea
La sostanza del male
Einaudi, Pag. 464 Euro 18,50
Si sarebbe potuto intitolare “La Bestia” per la frequenza con cui questa entità viene evocata.
È sempre così. Nel ghiaccio prima si sente la voce della Bestia e poi si muore.
Questo è l’incipit. La Bestia è la forza bruta di una natura violata. La Bestia è la montagna selvaggia. È la valanga che la montagna impugna come arma mortale. La Bestia è la natura feroce nascosta nel cuore dell’uomo. La Bestia è un mostro preistorico che si annida ancora nascosto da qualche parte.
D’Andrea si impegna a fondo nell’evocare atmosfere che riportino a una minaccia ancestrale, mescolando le oscure forze telluriche a una sorta di maledizione preistorica che arriva a sfiorare quasi (quasi, per fortuna, altrimenti andrebbe parecchio fuori tema) la fantascienza. Ovviamente alla fine questa “sostanza del male” dovrà trovarla in qualche essere umano, visto che il romanzo ruota intorno a una serie di omicidi.
Fin dall’inizio non mi era chiara una questione relativa a certe impostazioni. La domanda che mi ponevo era la seguente. Se D’Andrea è altoatesino, e la vicenda si svolge per l’appunto in un paese di montagna in provincia di Bolzano, perché ha scelto di raccontare tutto in prima persona sì, ma nei panni di un americano? Il protagonista infatti è un soggettista di documentari statunitense che si trova in visita nel paese d’origine della moglie italiana, dove poi si svolge tutto il resto della storia. Ci sta anche bene nei panni dell’americano. Per il senso che ha della famiglia, per come vezzeggia la figlioletta, per come si sente continuamente in colpa nei confronti della moglie, anche nei momenti in cui forse qualche colpa ce l’avrebbe lei, insomma per questo e altro si comporta proprio come i protagonisti di certi film americani.
Lasciamo per un momento il quesito in sospeso e torniamo alla storia. I personaggi sono scolpiti con l’evidenza di certe figure di legno che fanno parte dell’artigianato locale, e sono infatti montanari rudi ma, come si dice, col cervello fino. Ben centrato nell’ambiente il suocero del protagonista, solido ceppo d’altri tempi. L’atmosfera di paese è quella che l’Autore ben conosce. Ci sono anche i Krampus, una sorta di diavoli evocati durante la festa di san Nicola, che vengono interpretati da paesani rivestiti di maschere orribili e minacciose. Un’altra trovata furbesca per aggiungere carne sul fuoco. Ma l’atmosfera cupa e grandiosa che dovrebbe suggestionare il lettore appare con l’evidenza di un obiettivo perseguito a tutti i costi e mai pienamente raggiunto. Diciamo che, come succede a certi ballerini di seconda fila, si nota lo sforzo.
… La fenditura vagamente circolare era davvero una pupilla di tenebra.
Era come se esistessero varie sfumature di nero e quel pozzo avesse deciso di mostrarmene l’ultima gradazione possibile. Mi spaventai, sì. Non per questo arretrai. Volevo vedere, volevo sapere. Solo allora avrei capito come comportarmi.
Non si può negare che lo svolgimento della storia sia ben architettato, con numerosi colpi di scena più o meno inaspettati. L’attenzione del lettore è tenuta desta, non c’è che dire. Anche se c’è il rischio che, per la voglia di sorprendere, qualche sviluppo della situazione sia un po’ tirato per i capelli.
Ora torniamo al quesito: perché l’Autore fa l’americano? Le informazioni dell’ufficio stampa dicono che il romanzo, prima ancora dell’uscita, è stato venduto per diverse traduzioni all’estero. Ecco. Forse è stato venduto prima del tempo.
di Giovanna Repetto
È sempre così. Nel ghiaccio prima si sente la voce della Bestia e poi si muore.
Questo è l’incipit. La Bestia è la forza bruta di una natura violata. La Bestia è la montagna selvaggia. È la valanga che la montagna impugna come arma mortale. La Bestia è la natura feroce nascosta nel cuore dell’uomo. La Bestia è un mostro preistorico che si annida ancora nascosto da qualche parte.
D’Andrea si impegna a fondo nell’evocare atmosfere che riportino a una minaccia ancestrale, mescolando le oscure forze telluriche a una sorta di maledizione preistorica che arriva a sfiorare quasi (quasi, per fortuna, altrimenti andrebbe parecchio fuori tema) la fantascienza. Ovviamente alla fine questa “sostanza del male” dovrà trovarla in qualche essere umano, visto che il romanzo ruota intorno a una serie di omicidi.
Fin dall’inizio non mi era chiara una questione relativa a certe impostazioni. La domanda che mi ponevo era la seguente. Se D’Andrea è altoatesino, e la vicenda si svolge per l’appunto in un paese di montagna in provincia di Bolzano, perché ha scelto di raccontare tutto in prima persona sì, ma nei panni di un americano? Il protagonista infatti è un soggettista di documentari statunitense che si trova in visita nel paese d’origine della moglie italiana, dove poi si svolge tutto il resto della storia. Ci sta anche bene nei panni dell’americano. Per il senso che ha della famiglia, per come vezzeggia la figlioletta, per come si sente continuamente in colpa nei confronti della moglie, anche nei momenti in cui forse qualche colpa ce l’avrebbe lei, insomma per questo e altro si comporta proprio come i protagonisti di certi film americani.
Lasciamo per un momento il quesito in sospeso e torniamo alla storia. I personaggi sono scolpiti con l’evidenza di certe figure di legno che fanno parte dell’artigianato locale, e sono infatti montanari rudi ma, come si dice, col cervello fino. Ben centrato nell’ambiente il suocero del protagonista, solido ceppo d’altri tempi. L’atmosfera di paese è quella che l’Autore ben conosce. Ci sono anche i Krampus, una sorta di diavoli evocati durante la festa di san Nicola, che vengono interpretati da paesani rivestiti di maschere orribili e minacciose. Un’altra trovata furbesca per aggiungere carne sul fuoco. Ma l’atmosfera cupa e grandiosa che dovrebbe suggestionare il lettore appare con l’evidenza di un obiettivo perseguito a tutti i costi e mai pienamente raggiunto. Diciamo che, come succede a certi ballerini di seconda fila, si nota lo sforzo.
… La fenditura vagamente circolare era davvero una pupilla di tenebra.
Era come se esistessero varie sfumature di nero e quel pozzo avesse deciso di mostrarmene l’ultima gradazione possibile. Mi spaventai, sì. Non per questo arretrai. Volevo vedere, volevo sapere. Solo allora avrei capito come comportarmi.
Non si può negare che lo svolgimento della storia sia ben architettato, con numerosi colpi di scena più o meno inaspettati. L’attenzione del lettore è tenuta desta, non c’è che dire. Anche se c’è il rischio che, per la voglia di sorprendere, qualche sviluppo della situazione sia un po’ tirato per i capelli.
Ora torniamo al quesito: perché l’Autore fa l’americano? Le informazioni dell’ufficio stampa dicono che il romanzo, prima ancora dell’uscita, è stato venduto per diverse traduzioni all’estero. Ecco. Forse è stato venduto prima del tempo.
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