RECENSIONI
Jean Cocteau
La spaccata
Castelvecchi, Pag. 141 Euro 16,50
Vorrei chiedere a Francesco Bergamasco, il traduttore della presente edizione del libro di Cocteau, per la prima volta apparsa in Italia, se è direttamente lui il responsabile del titolo italiano, perché, a conti fatti, La spaccata con l'originale Le grand écart non c'entra veramente un tubo.
Perché se traduciamo l'intestazione con, chessò, 'il grande distacco' o, tralasciando l'aggettivazione, 'la rottura' diamo comunque un senso alla storia dello scrittore francese che tratta appunto di una storia d'amore e della successiva 'frattura' tra i protagonisti.
Ma 'la spaccata' che c'azzecca? Ma forse sono io che non capisco e vado avanti.
Non è facile parlare di un autore come Cocteau, perché, per la sua figura di 'agitatore culturale' e originale uomo di lettere ed arti in generale, si rischia di essere alla fine banali.
Lasciamoci guidare dallo stesso nel presentare l'opera in questione: 'La spaccata' è, fra tutti i miei libri, quello datato,e volutamente datato. Intendo dire quello in cui l'epoca si trova colta e fissata al sughero crudele come la farfalla all'entomologo. Inoltre, avevo voglia di sostituire le tesi e gli studi fiume con aneddoti veloci, rivelatori, attraversati dal filo rosso del cuore – da un'azione capace di rischiarare la terribile solitudine della gioventù – ma di una gioventù appassionata di incontri. Tutta la mia opera ruota attorno al dramma della solitudine e dei tentativi intrapresi dall'uomo per sconfiggerla. Qui la solitudine si palesa senza artifici (tranne quelli rappresentati dagli accessori della mia giovinezza) e, per così dire, completamente nuda.
Dunque una storia di solitudine di un personaggio, Jacques Forestier, che viene così descritto ad inizio racconto: ...ammirava i bei corpi e i bei visi, a qualsiasi sesso appartenessero. A causa di questa stravaganza gli venivano addebitati cattivi costumi, perché i cattivi costumi sono l'unica cosa di cui le persone fanno credito senza esitare.
Prodromo, forse, di quell'esistenza che vedrà Cocteau amoreggiare prima con la principessa Nathalie Paley e negli ultimi anni invece con il bell'attore Jean Marais che dirigerà nel film La bella e la bestia.
Ma al di là del pettegolezzo riguardoso, La spaccata (ahinoi!), considerando l'anno di uscita (1923) risente di tutta una stagione letteraria e della grande lezione narrativa di Proust (e viene subito alla mente il confronto tra la passione di Jacques Forestier per Germaine, attrice di rivista mantenuta da un ricco banchiere e l'amore di Swann per Odette). E qua e là si colgono appunti puntuali e profondi che contribuiscono a fare del romanzo non soltanto un esempio di dolorosa educazione sentimentale, ma un vero e proprio diario dell'anima. Come l'aforisma a pag. 40: Il desiderio della bellezza ci uccide, quando è vago. Il lampo descrittivo, quasi cinematografico a pag. 87: Da quando non lavorava più, si era lasciata crescere le unghie e, non sapendo dove mettere le mani, non abbandonava mai il ventaglio. L'altro aforisma a pag. 94: Le leggi morali sono le regole dio un gioco in cui tutti imbrogliano, da che mondo è mondo. O l'intuizione straordinaria durante l'esecuzione di un can-can a pag. 96: altre volte le donne si afferravano un piede con il palmo della mano e lo facevano schizzare in alto come un tappo di champagne, per essere poi inondate dal mare di pizzi della loro biancheria. La nascita di Venere provoca meno schiuma.
E qui, detto tra noi, potrebbe anche scattare l'applauso.
Completa il romanzo una serie di disegni inediti dello stesso Cocteau che qualifica ancor di più la sua completezza di artista: un tratto di matita sottile, quasi cartoon, che ricorda gli schizzi successivi di Fellini.
di Alfredo Ronci
Perché se traduciamo l'intestazione con, chessò, 'il grande distacco' o, tralasciando l'aggettivazione, 'la rottura' diamo comunque un senso alla storia dello scrittore francese che tratta appunto di una storia d'amore e della successiva 'frattura' tra i protagonisti.
Ma 'la spaccata' che c'azzecca? Ma forse sono io che non capisco e vado avanti.
Non è facile parlare di un autore come Cocteau, perché, per la sua figura di 'agitatore culturale' e originale uomo di lettere ed arti in generale, si rischia di essere alla fine banali.
Lasciamoci guidare dallo stesso nel presentare l'opera in questione: 'La spaccata' è, fra tutti i miei libri, quello datato,e volutamente datato. Intendo dire quello in cui l'epoca si trova colta e fissata al sughero crudele come la farfalla all'entomologo. Inoltre, avevo voglia di sostituire le tesi e gli studi fiume con aneddoti veloci, rivelatori, attraversati dal filo rosso del cuore – da un'azione capace di rischiarare la terribile solitudine della gioventù – ma di una gioventù appassionata di incontri. Tutta la mia opera ruota attorno al dramma della solitudine e dei tentativi intrapresi dall'uomo per sconfiggerla. Qui la solitudine si palesa senza artifici (tranne quelli rappresentati dagli accessori della mia giovinezza) e, per così dire, completamente nuda.
Dunque una storia di solitudine di un personaggio, Jacques Forestier, che viene così descritto ad inizio racconto: ...ammirava i bei corpi e i bei visi, a qualsiasi sesso appartenessero. A causa di questa stravaganza gli venivano addebitati cattivi costumi, perché i cattivi costumi sono l'unica cosa di cui le persone fanno credito senza esitare.
Prodromo, forse, di quell'esistenza che vedrà Cocteau amoreggiare prima con la principessa Nathalie Paley e negli ultimi anni invece con il bell'attore Jean Marais che dirigerà nel film La bella e la bestia.
Ma al di là del pettegolezzo riguardoso, La spaccata (ahinoi!), considerando l'anno di uscita (1923) risente di tutta una stagione letteraria e della grande lezione narrativa di Proust (e viene subito alla mente il confronto tra la passione di Jacques Forestier per Germaine, attrice di rivista mantenuta da un ricco banchiere e l'amore di Swann per Odette). E qua e là si colgono appunti puntuali e profondi che contribuiscono a fare del romanzo non soltanto un esempio di dolorosa educazione sentimentale, ma un vero e proprio diario dell'anima. Come l'aforisma a pag. 40: Il desiderio della bellezza ci uccide, quando è vago. Il lampo descrittivo, quasi cinematografico a pag. 87: Da quando non lavorava più, si era lasciata crescere le unghie e, non sapendo dove mettere le mani, non abbandonava mai il ventaglio. L'altro aforisma a pag. 94: Le leggi morali sono le regole dio un gioco in cui tutti imbrogliano, da che mondo è mondo. O l'intuizione straordinaria durante l'esecuzione di un can-can a pag. 96: altre volte le donne si afferravano un piede con il palmo della mano e lo facevano schizzare in alto come un tappo di champagne, per essere poi inondate dal mare di pizzi della loro biancheria. La nascita di Venere provoca meno schiuma.
E qui, detto tra noi, potrebbe anche scattare l'applauso.
Completa il romanzo una serie di disegni inediti dello stesso Cocteau che qualifica ancor di più la sua completezza di artista: un tratto di matita sottile, quasi cartoon, che ricorda gli schizzi successivi di Fellini.
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