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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Claudio Morici

La terra vista dalla luna

Bompiani, Pag. 224 Euro 17,00
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Simon è un ragazzo psicotico (recidivo) e noioso, pieno di nevrosi e di fobie. La più grande è quella del viaggio. Campa tranquillo in camera sua, ospita solo psichiatra e parenti, studia e impara le lingue in cuffia. Da bambino aveva il culto del bagno – sognava fosse un'astronave, restava chiuso per ore – crescendo s'è evoluto. Un giorno si ritrova a dover superare la prova più difficile: andare oltre i propri limiti, partire da Roma per il Messico, ritrovare Antonella. Antonella, che aveva conosciuto durante un ricovero in clinica. Lei era una volontaria piena di umanità e dolcezza. Erano diventati amici, forse. Lui s'era affezionato molto, in ogni caso. Adesso, è sparita.

Aeroplano. Panico. Simon ha paura che esploda. E non si capacita d'essere diventato come gli altri occidentali borghesi che vanno da una parte all'altra del mondo per fare esperienze. E se non muoio, Antonella, se non muoio mi devi un altro favore, scrivilo nella lista: ho rischiato la vita per te. E sorvolando la giungla, mistico, vedrà la terra dalla luna.

Antonella è una freak fedele al cosmopolitismo e al commercio equo e solidale. Un anno prima, scriveva email dal Messico. Domandando soldi ai suoi amici per vestire povera gente incontrata cammin facendo. Chiedendo sostegno per un amico messicano ingiustamente arrestato nello Yucatan, invitando tutti a scrivere alle autorità locali (Simon non era d'accordo: le autorità locali simpatizzeranno). Raccontando di un tizio che menava colpi di kung fu vicino al mercato. E di un altro che aveva inventato un prototipo per disabili.

Simon vuole ritrovarla. Non ne poteva più di parlare di lei con sua madre. Sua madre era logorroica e finta alternativa, e aveva tutta una serie di storiacce alle spalle. Una anche col conducente del 93 barrato. Una, mancata o quasi, proprio con Simon.

Lo sai cosa mi fa incazzare, Antonella? È che tu in questo momento te ne stai a fumare oppio insieme a un vecchietto sdentato, baracca di legno in montagna, nebbia mattutina, silenzio. O, più probabile, te ne stai in albergo con il tuo Rodrigo a meditare su Buddha e la Vacuità, pregandolo di non dire a nessuno che sei lì, di fare il "vacuo" con i tuoi genitori, una canna nella mano sinistra, il cazzo di Rodrigo nell'altra... E io qui a perdere la vita per il classico disastro aereo. Non vedo l'ora di incontrarlo il tuo Rodrigo, Antonella, se sopravvivo voglio proprio vedere che cosa si inventa. Se non muoio tra le lamiere vengo a tirarti fuori dalla tua di cameretta, questa volta lo faccio io.

L'esperienza di Simon tra i 'backpackers' è sconcertante. Tutte quelle culture che ha sempre evitato come la morte – statunitense e anglosassone in primis – sono al suo fianco. Lentamente e con ovvie difficoltà, riesce a stabilire una sorta di armonia, al loro fianco. Rimane perplesso:

Antonella, un ostello a Katmandu è identico a un ostello in Guatemala: stessa gente, stessi divani, stessi libri in prestito, stessi discorsi. Questo non ti insospettisce?

E intanto la ricerca della perduta amica continua. Inframezzata da flashback (primi incontri a Roma; sequenza di e-mail prima della sua sparizione; viaggio sino all'aeroporto con la madre; memorie d'infanzia) e da tutta una serie di divertenti sketch (dall'improbabile incontro con la gente di Marcos in avanti), sino al romantico e drammatico epilogo (sarà davvero la fine del viaggio?), la narrazione di Morici è un nuovo, piccolo diamante satirico di uno dei fenomeni del nostro tempo, quello del viaggio alternativo radical chic, e del popolo di questi campeggiatori planetari, e al contempo una intelligente e corrosiva meditazione sulle paure e sulle fobie di ognuno di noi. In questo senso, ragionando in termini di opera omnia moriciana, potremmo dire che in comune con Matti slegati c'è la sensibilità nei confronti degli psicotici e dei soggetti problematici, espressione diretta dell'esperienza professionale ed esistenziale dell'artista romano; con Teoria e tecnica dell'artista di merda e Una giornata nera c'è la denuncia, nient'affatto velleitaria ma diversamente approfondita, delle condizioni dei lavoratori dell'Italia contemporanea, ulivista e forzista, costretti da stipendi esecrabili e orari abnormi a vivere una vita subumana. Infine, come nel caso di Actarus, si racconta di una frattura, di una deviazione rispetto alla normalità, alla consuetudine, agli schemi. Se Actarus era un malinconico e stupendo divertissement sulla cultura e sulle condizioni della nuova generazione, La terra vista dalla luna apparentemente ha un respiro più disimpegnato. E tuttavia, raccontando dello zapatismo, del Messico vissuto dall'interno, dei contrasti tra occidentali "sensibili" e occidentali "turistici", sferza e comunica molto. Molto in profondità.

I blocchi interiori del giovane Simon, la sua incapacità d'essere libero in un posto diverso dalla sua camera e il suo desiderio d'essere altro, coraggioso e viaggiatore, per amore d'un'idea – Antonella sembra l'espediente per superare una complessa linea d'ombra – mi convincono che questo sia una sorta di romanzo di formazione stravagante e pop. Si legge – come sempre – con furibonda facilità e immediatezza; rimane impresso. Subito, e a fuoco.

Tra le chicche sparse e disseminate nel libro, segnalo almeno l'indirizzo e-mail di Simon, nella_cameretta_sono@libero.it, il suo antiamericanismo (E questo sterminatore di Apache, di Tarahumara, di Huichol e di abitanti di Hiroshima mi dice di non averla vista, no, non stava in camerata da lui), la mail spedita dal governo messicano, a freddo (Le nostre spiagge, i nostri straordinari siti archeologici e la simpatia della nostra gente sono sempre qui che l'aspettano). L'antico primo lettore saluta e approva con entusiasmo.



di Gianfranco Franchi


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