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RECENSIONI

Orhan Pamuk

La valigia di mio padre

Einaudi, Pag. 71 Euro 8,00
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Se non vi fosse nel testo qualche riferimento esplicito, non verrebbe in mente che possa trattarsi del discorso tenuto a Stoccolma il 7 dicembre 2006 in occasione del conferimento del Premio Nobel per la letteratura. Mi riferisco al primo dei tre brani, quello che dà il titolo al libro, a cui si aggiungono Autore implicito e Discorso di Francoforte. Inizia da vero narratore, introducendo l'ascoltatore/lettore in una dimensione intima, autobiografica. In poche parole tratteggia il rapporto con il padre, l'amore di entrambi per i libri, l'eco dei viaggi giovanili del padre nel misterioso Occidente che suscita negli intellettuali turchi sentimenti contrastanti di odio, amore, invidia e senso di inferiorità. Dalla complicità, venata di pudore, che lega padre e figlio, prendono forma le confessioni di Pamuk sul suo rapporto con la scrittura. Lo scrivere è per lui un'esperienza intima, un viaggio nel profondo, è una persona che si chiude in una stanza, si siede a un tavolo e si ripiega in se stessa e tra le proprie ombre costruisce un mondo nuovo con le parole.

Prima ancora della scrittura però viene la lettura.

La vera letteratura parte da un uomo che si chiude in una stanza con i suoi libri.

C'è un rapporto intenso, secondo Pamuk, fra lo scrittore e quelli che lo hanno preceduto, e solo attraverso questo contatto si può apprendere la prima regola: l'abilità di raccontare la propria storia come se fosse la storia di un altro e la storia di un altro come se fosse la propria.

Pamuk parla sinceramente dei suoi punti deboli, delle sue paure: la sensazione di essere provinciale e il timore di mancare di autenticità.

Ma il rimedio, anche per questi mali, è la scrittura, perché

essere scrittori significa prendere coscienza delle ferite segrete che portiamo dentro di noi, ... esplorarle pazientemente, studiarle, illuminarle e fare di queste ferite e di questi dolori una parte della nostra scrittura e della nostra identità.

Parlare delle proprie ferite è poi un modo per avvicinarsi a sentimenti che sono comuni a tutta l'umanità: Tutta la vera letteratura nasce da questa certezza fiduciosa e infantile che tutti gli individui si somiglino.

Tutt'e tre i discorsi raccolti in questo minuscolo ma succoso libriccino ruotano intorno al tema della scrittura, a cui si accostano in modo tutt'altro che formale, proponendo teorie originali come quella dell'autore implicito, derivata da un concetto del critico Wolfang Iser. Una lettura piacevole, anche perché dietro alle parole l'Autore è sempre presente con la sua affettività e con una divertente auto ironia, che qua e là si affaccia con malizia:

Preferisco gli scrittori già morti. In modo che l'ombra della minima gelosia non mi privi del gusto sincero dell'ammirazione nei loro confronti.



di Giovanna Repetto


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