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CLASSICI

Alfredo Ronci

La “vittoria” del romanzo. “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino.

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Sembrerà incredibile ma questo è il primo libro di Calvino che appare nella nostra rubrica dei classici italiani. Qualcuno si chiederà: ma c’è un motivo ben preciso per questa scelta così azzardata? Sicuramente no, anche perché, se facciamo un elenco delle scelte fatte nel corso degli anni, non c’è nemmeno Gadda (ohinoi), non c’è Bianciardi e se vogliamo andare più indietro non c’è nemmeno Verga. Cominciamo a correggere il tiro e iniziamo a parlare di Calvino.
Di lui avremmo potuto parlare del Sentiero dei nidi di ragno, che nel corso del tempo ha ottenuto sempre di più il plauso della critica, e non solo, ma che alla sua uscita non conquistò nemmeno un posto nei maggiori premi letterari. Avremmo potuto parlare, per esempio, de Il barone rampante, che uscì nel 1957, stesso anno della pubblicazione de La speculazione edilizia.
Oppure parlare della svolta calviniana comico-fiabesca e del suo libro Marcovaldo ovvero le stagioni in città, che lo stesso autore affermò che era più adatto a un pubblico più giovane e che era arricchito da 23 illustrazioni di Sergio Tofano. O (e qui chiudiamo, per carità) del romanzo Le città invisibili premiato, Calvino che rimaneva ancora uno scrittore poco gratificato, con il prestigioso premio Feltrinelli.
No. Noi ci interessiamo di Calvino esaminando il più corposo romanzo dello scrittore, e anche il più complesso indubbiamente. Scrive lo stesso autore: Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore… Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. E appena più avanti… nuovo libro di Italo Calvino, che non ne pubblicava da vari anni. Sei passato in libreria e hai comprato il volume. Hai fatto bene.
In qualche modo l’autore vuole suggerire al lettore il modo, forse migliore, su come confrontarsi col volume e anche rendersi conto che sta affrontando l’ultima opera di un autore che non è per niente facile e comprensibile.
Ho usato il termine comprensibile perché al di là dei suggerimenti dell’autore e al di là di quello che lo stesso volume ci suggerisce, è una lettura non per niente facile, a volte carica di personaggi che “lavorano” per la realizzazione e per la lezione di un romanzo.
Siamo nel 1979 (meglio dire: il volume uscirà nel 1979). In una situazione di crisi culturale oltre che politica ed ideologica, lungi da noi soffermarci sulle cause, Calvino rilancia il valore culturale del romanzo. E il contenuto del romanzo e propriamente l’immaginario totale della narrativa, quell’immaginario che inizia con la stampa di un libro in una determinata casa editrice, alla distribuzione nelle librerie, al battage pubblicitario (e si sa che è soprattutto quest’ultimo, a volte, a sopravvivere all’impresa, e poi alla vendita e al successo o a fiasco totale tra il pubblico dei lettori. Calvino insomma ci spiega che cos’è il romanzo della sua totalità. Ma lo fa a suo modo, arricchendo e ingarbugliando fino alle estreme conseguenze la matassa.
Diceva Calvino (non in questo romanzo): La fantasia è come il burro: bisogna spalmarla sul pane per renderla nutriente. Credo, per volontà tutta sua, che il pane forse non fosse il cibo più adatto per certe iniziative. La fantasia di Calvino non conosceva tempo e luogo.
In questo romanzo c’è di tutto: l’inizio, come vorrebbe l’autore (in realtà è una finzione) è di un viaggiatore appunto che si muove in una notte buia e tempestosa. Ma poi arriva l’altro (o le altre cose): il seguito del romanzo che non è però il seguito del romanzo che il lettore vorrebbe leggere, altri romanzi che in qualche modo sembrano riprendere il precedente. Personaggi che sono lì per essere sia autori “adorati”, sia scrittori copiati. Ed altri che vorrebbero passare per lettori e che ogni tanto si soffermano sul perché del romanzo: Il romanzo che più vorrei leggere in questo momento – spiega Ludmilla, - dovrebbe essere come forza motrice solo la voglia di raccontare, d’accumulare storie su storie, senza pretendere d’importi una visione del mondo, ma solo di farti assistere alla propria crescita, come una pianta, un aggrovigliarsi come di rami e di foglie…
Oppure (sempre riferendosi a Ludmilla)… Non è forse da lei il sostenere che al romanzo ormai si può chiedere soltanto di risvegliare un fondo d’angoscia sepolta, come ultima condizione di verità che lo riscatti dal destino prodotto di serie cui non può più sottrarsi.
E’ un rimuginare continuo di pesi e contrappesi, compreso la possibilità che il romanzo, proprio per come alla fine è stato costruito, possa dissolversi nel nulla, tra falsi di esso.
Se una notte d’inverno un viaggiatore pretende (e questo Calvino lo dice prima di ogni altra cosa) una lettura attenta ed intelligente. Fu un grande successo, ma mi chiedo quanti di tutti coloro che hanno decretato il successo dell’opera abbiano capito l’essenza della stessa.




L’edizione da noi considerata è:

Italo Calvino
Se una notte d’inverno un viaggiatore
Einaudi




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