RECENSIONI
Flavia Perina
Le Lupe
Baldini&Castoldi, Pag. 149 Euro 15,00
Questo è un libro sulla vendetta e un libro sulla giustizia, due concetti che molto spesso la gente confonde. Le lupe, prova d’esordio di Flavia Perina, è un bel romanzo, pieno di sfaccettature, una storia che fa i conti con la follia del quotidiano, dove ti può capitare che una sera esci per comprare le sigarette e non torni più a casa perché qualcuno decide di ammazzarti. Ma se quel qualcuno è colui destinato a proteggerti, magari un poliziotto, che ti ammazza il figlio, allora capisci che c’è veramente qualcosa che non va. Ci fermiamo qui, niente di più di quanto reciti la quarta di copertina, quanto basta però per interrogarci se sia meglio vendicarsi o chiedere giustizia.
Leggendo il romanzo - scritto con uno stile particolare, con un narratore che entra ed esce dalla storia - non si riesce a schierarsi in modo netto e deciso sulla seconda posizione. Qui però aiuta la penna della Perina che forse poteva andarci un po’ più leggera e delineare i “Bad Cops” con dei tratti più rotondi, meno macchiette e idioti, ma credo che non fosse quello il punto centrale della narrazione. Quello su cui la scrittrice si interroga è che fine abbia fatto la Rivoluzione, o parole come lealtà e onore.
Protagonista della storia è Flaminia, passato turbolento da un punto di vista politico, che s’è ormai imborghesita e vive una vita assolutamente normale. Lavoro, matrimonio, separazione, due figli. Questa “normalità” viene però sconvolta quando suo figlio Carlo viene ucciso durante gli scontri tra polizia e ultras che erano allo stadio. Solo che Carlo non c’entra nulla perché lui allo stadio non c’è neanche andato e ama il rugby. Da qui in poi sembra di vivere uno dei tanti fatti di cronaca (Aldrovandi, Cucchi, Uva, Sandri e tanti altri) che hanno riempito le pagine dei giornali, con tutto quello che ne consegue. E così la chiusura delle istituzioni, l’impossibilità di capire come sia andata veramente, si fondono alla rabbia e al dolore ed è normale che Flaminia pensi a una strada diversa. Quella della vendetta. Questo è il vero cuore del romanzo, il momento in cui Flaminia, cinquantenne integrata ormai nella società borghese — mantenendo però una sua personalità che la rende altra dalle coetanee tutte palestra, parrucchiere e facebook — ricontatta Paola, sua vecchia amicizia e “camerata”, per affrontare un dolore e vendicarsi.
di Marco Minicangeli
Leggendo il romanzo - scritto con uno stile particolare, con un narratore che entra ed esce dalla storia - non si riesce a schierarsi in modo netto e deciso sulla seconda posizione. Qui però aiuta la penna della Perina che forse poteva andarci un po’ più leggera e delineare i “Bad Cops” con dei tratti più rotondi, meno macchiette e idioti, ma credo che non fosse quello il punto centrale della narrazione. Quello su cui la scrittrice si interroga è che fine abbia fatto la Rivoluzione, o parole come lealtà e onore.
Protagonista della storia è Flaminia, passato turbolento da un punto di vista politico, che s’è ormai imborghesita e vive una vita assolutamente normale. Lavoro, matrimonio, separazione, due figli. Questa “normalità” viene però sconvolta quando suo figlio Carlo viene ucciso durante gli scontri tra polizia e ultras che erano allo stadio. Solo che Carlo non c’entra nulla perché lui allo stadio non c’è neanche andato e ama il rugby. Da qui in poi sembra di vivere uno dei tanti fatti di cronaca (Aldrovandi, Cucchi, Uva, Sandri e tanti altri) che hanno riempito le pagine dei giornali, con tutto quello che ne consegue. E così la chiusura delle istituzioni, l’impossibilità di capire come sia andata veramente, si fondono alla rabbia e al dolore ed è normale che Flaminia pensi a una strada diversa. Quella della vendetta. Questo è il vero cuore del romanzo, il momento in cui Flaminia, cinquantenne integrata ormai nella società borghese — mantenendo però una sua personalità che la rende altra dalle coetanee tutte palestra, parrucchiere e facebook — ricontatta Paola, sua vecchia amicizia e “camerata”, per affrontare un dolore e vendicarsi.
di Marco Minicangeli
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